Trieste – Sulla devastazione della Val Rosandra

riceviamo e diffondiamo:

Questo è un manifesto apparso sui muri di Trieste dopo l’intervento della Protezione Civile in Val Rosandra sul carso triestino.
Lo scorso 24 marzo i volontari della suddetta agli ordini dei dirigenti hanno compretamente raso al suolo gli alberi del torrente Rosandra senza nessun tipo di rispetto per la natura e gli animali.
La popolazione dei paesi attorno si è espressa in parte favorevole a questo scempio grazie al fatto di aver guadagnato del legname gratuito. In tanti invece, circa 1600 persone, sono andati la domenica successiva a manifestare il proprio disappunto nella stessa vallata che oltre tutto sarebbe “protetta”.
Resta il fatto che anche se vogliono costruire una nuova strada che da dall’Italia alla Slovenia e la paventata idea di un passaggio del Tav nessuno ha proposto un momento di ritrovo per discutere su come difendere veramente il Carso.
La protesta si sta muovendo tramite raccolte firme e ricorsi a procure e tribunali, in tanti si illudono ancora, e poi il danno è già stato fatto è ora di agire!

Anarchici Triestini

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Italia – Perquisizioni e misure cautelari per scontri 15 ottobre

In attesa di maggiori informazioni dai compagni, riportiamo quanto finora diffuso dai media di regime rispetto alle perquisizioni e alle misure cautelari eseguite questa mattina (20/4/2012) tra Roma, Teramo, Ancona, Civitanoza Marche, Macerata, Padova e Cosenza. Da parte nostra, la massima complicità a tutti i perquisiti e gli arrestati e il massimo disprezzo verso chi, inventandosi chissà quali teoremi e fantomatiche organizzazioni, vuole reprimere e distruggere quella che è stata una giornata di lotta diffusa senza capi nè autorità. Una giornata che tutt@ rivendichiamo e facciamo nostra.

Liber@ tutt@ – Fuoco alle galere!

fonte: media di regime

Blitz del Ros e della Digos, con arresti e perquisizioni, nell’ambito dell’inchiesta sugli scontri avvenuti durante la manifestazione di Roma del 15 ottobre scorso. Le misure cautelari – 7 arresti domiciliari e 6 obblighi di dimora, oltre a 14 perquisizioni – sono in corso a Roma, Teramo, Ancona, Civitanova Marche, Padova e Cosenza.

Le indagini – nei confronti di persone accusate dei gravi episodi di devastazione, saccheggio e resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale – sono state coordinate dal pool antiterrorismo della Procura di Roma e sono state condotte in stretta collaborazione dal Ros e dalla Digos di Roma, che negli ultimi mesi sono riusciti a identificare i soggetti che si erano resi responsabili di gravi violenze, devastando numerosi istituti bancari, esercizi commerciali, uffici del ministero della Difesa, oltre ad avere incendiato numerose vetture e un blindato dell’Arma dei carabinieri.

Le indagini sono state sviluppate nei confronti di soggetti inseriti all’interno dell’area antagonista e anarchica nazionale, nonché in direzione di alcune componenti provenienti dalle tifoserie ultras. Tra queste emergeva un gruppo proveniente dalla provincia di Teramo, all’interno del quale erano inseriti esponenti dell’area antagonista e di “azione antifascista Teramo”, responsabili di azioni criminose durante lo svolgimento del corteo e in particolare dell’assalto e dell’incendio al furgone blindato dei carabinieri.

L’operazione ha riguardato l’esecuzione di cinque misure cautelari a Roma (2 arresti domiciliari e 3 obblighi

di presentazione alla Pg); quattro misure degli arresti domiciliari a Teramo e provincia, nei confronti di esponenti di “azione antifascista Teramo” e delle locali frange violente delle tifoserie; una misura degli arresti domiciliari ad Ancona; tre misure dell’obbligo di presentazione alla Pg in Padova, Cosenza e Macerata, nonché‚ 14 decreti di perquisizione locale e personale nelle medesime località. All’esecuzione dei provvedimenti fuori provincia hanno partecipato le locali sezioni della Digos e del Ros.

”Non posso che apprezzare tutte le operazioni che portano alla chiarezza degli avvenimenti – ha commentato il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri – Tutto ciò servirà a far luce e tutto ciò che fa luce non può che essere apprezzato”.

Sono due ultras romanisti di 20 e 27 anni tra gli giovani arrestati da Ros e Digos che, nella capitale, hanno eseguito cinque misure cautelari: due arresti domiciliari e tre obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, mentre quattro domiciliari sono stati eseguiti in provincia di Teramo, ad Ancona ed altri tre provvedimenti di presentazione alla polizia giudiziariarispettivamente a Padova, Cosenza e Macerata. I due sono stati riconosciuti in piazza San Giovanni mentre attaccavano il blindato dei carabinieri, poi dato alle fiamme, il primo con una trave di legno e il secondo con un martello. Entrambi sono noti alla Digos e al Ros per la loro appartenenza al gruppo ultras ‘Offensiva Ultras’. Alle spalle hanno alcune denunce.

Non solo il coinvolgimento di due ultras della Roma ma perquisizioni anche a carico di un leader della curva nord dell’Olimpico. Digos e Ros di Roma hanno perquisito infatti anche l’abitazione di un 30enne, sospettato di aver partecipato attivamente agli scontri. Il giovane, tra i leader del gruppo ultras della curva nord, è già stato sottoposto più volte al provvedimento di divieto di accesso dove si svolgono competizioni sportive.

Per quanto riguarda gli altri destinatari dell’atto romani ci sono anche attivisti dei movimenti di lotta per la casa. Anarchici (uno si era reso protagonista di un fallito assalto alla sede di Finmeccanica a piazza Montegrappa) ma anche tifosi sono anche gli indagati di Teramo. Tra i tredici al centro del blitz di Ros e Digos ci sono anche soggetti che hanno partecipato agli scontri No Tav. In particolare un manifestate arrestato a Macerata ha un precedente per gli scontri in Val di Susa

Ci sarebbe anche Davide Rosci tra gli arrestati. E’ stato confermato dal legale Filippo Torretta. Rosci, militante di Azione antifascista Teramo, è stato anche il primo dei non eletti alle ultime elezioni comunali a Teramo nelle liste di Rifondazione Comunista. In provincia di Teramo sono altri tre ad essere stati posti ai domiciliari secondo quanto deciso dalla Procura di Roma. E’ dipendente di una cooperativa che lavora per il Comune di Cosenza, invece, l’uomo a cui la Digos di Cosenza e i carabinieri del Ros hanno notificato un provvedimento di obbligo di presentazione alla Pg emesso dalla Procura di Roma. Si tratta di Giuseppe Parise, di 52 anni, conosciuto come frequentatore di centri sociali e dell’area antagonista ma che non si era mai caratterizzato prima per episodi specifici. L’uomo è ritenuto responsabile di resistenza e devastazione. Nel suo appartamento, sottoposto a perquisizione, Digos e Ros non hanno trovato materiale particolare ma hanno recuperato le scarpe che indossava il giorno degli scontri.

La Procura di Roma aveva sollecitato al gip la custodia cautelare in carcere per tutte le 13 persone coinvolte negli scontri del 14 ottobre scorso. Il giudice delle indagini preliminari ha, invece, disposto misure cautelari più graduate. Alla luce di ciò il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, responsabile del pool dell’antiterrosimo, ha annunciato, nel corso di una conferenza stampa, il ricorso al tribunale del Riesame per ribadire una misura ”più stringente” nei confronti delle persone raggiunte oggi dai provvedimenti. ”Il lavoro svolto da Ros e Digos – ha affermato Capaldo – ha portato all’identificazione degli autori degli episodi più gravi degli scontri dell’ottobre scorso. In molti casi siè trattato di azioni volute e preordinate contro le forze dell’ordine”.

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In dettaglio:

– 5 misure cautelari a Roma (2 arresti domiciliari e 3 obblighi di presentazione alla PG);

– 4 misure degli arresti domiciliari a Teramo e provincia, nei confronti di esponenti di «azione antifascista Teramo» e delle locali tifoserie;

– 1 misura degli arresti domiciliari ad Ancona;

 – 3 misure dell’obbligo di presentazione alla PG in Padova, Cosenza e Macerata, nonché 14 decreti di perquisizione locale e personale nelle medesime località.

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[Roma] SAN LORENZO NO TAV – Appello ai/alle compagn@

PER LA PRIMA DECADE DI MAGGIO OSPITEREMO A ROMA DEI COMPAGNI DEL MOVIMENTO NO TAV VALSUSINO PER CONDIVIDERE INSIEME UNA GIORNATA DI SENSIBILIZZAZIONE SULLA LOTTA CONTRO L’ALTA VELOCITA’ E CONTRO LE NOCIVITA’ IN GENERALE.

PER QUESTO CHIEDIAMO A TUTTI I COMPAGNI E LE COMPAGNE, ALLE STRUTTURE ED AI SINGOLI DI COSTRUIRE INSIEME, ORIZZONTALMENTE E TRASVERSALMENTE, QUESTA INIZIATIVA.

L’EVENTO DOVREBBE TENERSI IN STRADA, A VIA DEI VOLSCI, MA E’ FONDAMENTALE CONDIVIDERE QUESTO MOMENTO CON TUTTI COLORO CHE FINO AD OGGI HANNO PORTATO AVANTI LA BATTAGLIA NO TAV A ROMA.

A BREVE CONVOCHEREMO UNA ASSEMBLEA PUBBLICA PER COSTRUIRE INSIEME L’INIZIATIVA, EVITANDO CHE NESSUNO POSSA MONOPOLIZZARE O STRUMENTALIZZARE LA GIORNATA.

PER QUESTO CI APPELLIAMO ALLE IDEE ED ALLA CREATIVITA’ DI OGNUNO…

PERCHE’ A ROMA, COME CHIOMONTE ED ATENE, SI PARTE E SI TORNA INSIEME!!!

LIBERTAR* SAN LORENZO

VELENA – INDIVIDUALITA’ ANARCHICHE

NO TAV SAN LORENZO

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Torino – Corteo per Hamid ucciso dallo Stato

da macerie

Da Ravenna a Torino

Questa mattina un piccolo corteo improvvisato ha percorso le strade di Porta Palazzo, tutto intorno al mercato. Una cinquantina di persone tra compagni e gente del quartiere conosciuta durante le lotte che piano piano si stanno costruendo in zona. Tutti ad urlare: «Carabinieri assassini!».

Al megafono si racconta la storia di Hamdi Ben Hassen, il ragazzo tunisino crivellato di colpi la notte di Pasqua colpevole di non essersi fermato ad un posto di blocco dei Carabinieri nei pressi di Ravenna. Un nome in più nella lista impressionante di morti che negli ultimi anni i tutori dell’ordine hanno scritto nelle strade, nelle carceri o nelle caserme di tutta Italia. Un nome che, per una volta, lega a sé pure un tentativo di riscossa, giacché per due volte in pochi giorni i parenti e gli amici di Hamdi hanno bloccato Ravenna per urlare la propria rabbia – e non solo il proprio dolore.

Un altro nome, pronunciato durante la mattinata a Porta Palazzo: quello di Hicham, senza-documenti che dal Cie di corso Brunelleschi è stato portato alle Vallette poco più di un mese fa, accusato di aver cercato di fuggire durante un trasferimento verso l’ospedale. È dal giorno del suo arresto, trentaquattro giorni fa, che è in sciopero della fame. Chi lo ha visto in sezione ci ha riferito che è allo stremo. Su di lui e sulla sua storia, prestissimo, vi daremo maggiori aggiornamenti.

Scarica le locandine (1, 2, 3, 4) affisse durante il corteo e leggi il volantino distribuito:

Contro la violenza della polizia

A Ravenna, la notte dell’8 aprile polizia e carabinieri hanno condotto una caccia all’uomo per le strade della città, inseguendo un auto che non si era fermata ad un posto di blocco.
La caccia si è conclusa quando un carabiniere ha sparato 14 colpi contro l’auto uccidendo l’autista, Hamid Ben Hassen un ragazzo tunisino di 27 anni, gli amici che erano con lui sono stati arrestati e si trovano tuttora in carcere.
Una storia come tante altre, purtroppo. Uno dei tanti omicidi compiuti negli ultimi tempi dalle forze dell’ordine, nei commissariati, nelle carceri, nei Cie e nelle strade. Una storia che in genere tutti dimenticano abbastanza in fretta, in qualche giorno, il tempo di sparire dalle pagine dei giornali. Questa volta però qualcuno ha reagito. Nei giorni successivi, più volte, dei ragazzi tunisini hanno manifestato nelle strade di Ravenna con al collo la foto di Hamid, urlando tutta la propria rabbia per il suo assassinio. Una rabbia che evidentemente ha preoccupato tanto le autorità cittadine quanto i rappresentanti della comunità tunisina che hanno annullato una manifestazione prevista per sabato 14 aprile.
In solidarietà ai carabinieri avrebbe invece voluto manifestare, il lunedì successivo, l’organizzazione fascista Forza Nuova. Nella serata di lunedì alcuni anarchici, decisi ad impedire la manifestazione fascista, sono stati circondati dalla polizia e portati in questura.
Il 25 aprile, a Bologna, si svolgerà una manifestazione contro gli omicidi e la violenza poliziesca.
Non possiamo restare in silenzio davanti a quello che è accaduto a Ravenna.
Non possiamo restare in silenzio di fronte alla violenza quotidianamente commessa dalla polizia. La loro presenza nei quartieri in cui viviamo è una minaccia. Dobbiamo smetterla di avere paura. Dobbiamo smetterla di sentirci impotenti. E’ ora di reagire ed organizzarsi per difendersi dalla polizia.

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Trieste – Donna muore nella camera di sicurezza del commissariato

riceviamo e diffondiamo:

Lunedì 16 aprile a Opicina, paese nel comune di Trieste, una giovane donna Ucraina  è morta nella cella di sicurezza del commissariato.
Un’altra storia di morte a Trieste dopo quella di Riccardo Rasman di qualche anno fa ucciso a sangue freddo in casa sua dalla polizia. Poliziotti che identificati sono stati condannati a sei mesi con la condizionale e mai sospesi dal lavoro.
A Trieste per strada e per i bar più volte si è sentito parlare di pestaggi e violenze perpretate dalla polizia e dai carabinieri nei riguardi di ragazzi ubriachi o persone indifese e isolate, alcuni ragazzi anche sistematicamente.
Questa storia, come tante fa acqua da tutte le parti, a noi non interessa ora raccontare il fatto in se perchè ci addollora tanto il silenzio inquietante che questa città per l’ennesima volta dimostra difronte alla violenza delle carceri e della polizia.

Pagheranno ogni violenza!
Morte allo Stato e tutti i suoi servi in divisa.

Anarchici Triestini


Articolo tratto dal quotidiano triestino Il Piccolo del 17 aprile

Una donna di 32 anni scarcerata sabato e in attesa di essere allontanata dall’Italia, è morta impiccata all’interno di una stanza del commissariato di Opicina. Alina Bonar Diachuk, cittadina ucraina ha tolto dalla sua felpa il cordino che regolava la tensione del cappuccio; lo ha annodato alla maniglia della finestra, ha passato il cappio attorno al collo e si è lasciata cadere a corpo morto sul pavimento.

Erano le 10.40 di ieri mattina. Un poliziotto dell’Immigrazione è entrato nella stanza, ha visto il corpo a terra e ha dato subito l’allarme. Era giunto lì per accompagnare la donna al Cie di Bologna. Fino a quel momento nessuno degli agenti presenti al commissariato aveva visto sul monitor del sistema di videosorveglianza il corpo della donna riverso sul pavimento. Alina Bonar Diachuk dava ancora qualche debole segno di vita. Gli uomini del “118” e alcuni agenti hanno tentato di rianimarla per 40 minuti. Ma non c’è stato nulla da fare. Subito dopo le stanze del commissariato si sono riempite di funzionari, investigatori e inquirenti. Tra i primi il pm Massimo De Bortoli, poi il medico legale Fulvio Costantinides e il vice capo della Mobile Leonardo Boido. Verso le 12 quest’ultimo ha informato l’avvocato Sergio Mameli, difensore della donna. Alina Bonar Diachuk era stata scarcerata sabato mattina, dopo 10 mesi di detenzione al Coroneo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il decreto era stato firmato dal giudice Laura Barresi subito dopo aver applicato la pena di quattro anni di carcere congiunti all’espulsione dall’Italia. Non esistevano più esigenze cautelari. Era stata arrestata nello scorso giugno a Gorizia con una ventina di altre persone al termine di una indagine coordinata dal pm Pietro Montrone. A metterla nei guai era stato un “bonifico” di 400 euro ricevuti, secondo l’accusa, per aiutare alcuni curdi irakeni a entrare in Italia. Al Coroneo aveva tentato di uccidersi, ma il suo stato di depressione non ha indotto nessuno ad adottare all’interno del commissariato adeguate misure di sorveglianza. Ora il pm Massimo De Bortoli sta cercando di capire se la giovane donna sia stata indotta a compiere quel gesto dopo aver saputo che di lì a poco sarebbe stata rispedita coattivamente in Ucraina, quando al contrario i suoi cari vivono in Italia, a Milano.

«Avevo parlato con Alina domenica alle 10» racconta disperato il marito della cugina che ieri si è messo in contatato con “Il Piccolo”. Aggiunge: «Lei era già al commissariato. Mi aveva detto che stava male e che non capiva perché l’avevano portata lì. Credeva di poter tornare a Milano, voleva andare in stazione e prendere un treno. Ho chiamato l’avvocato che nominerà un perito di parte per asssietre all’autopsia. Alina, prima dell’arresto, era spesso a casa nostra e stava con i miei bambini. In carcere si era depressa e aveva anche tentato il suicidio tagliandosi i polsi. Mi domando perché non sia stata sorvegliata in commissariato. Chiedo che venga individuato un responsabile. Bisogna fare chiarezza. Non è possibile morire in un posto di polizia».

«È un episodio doloroso sul quale indagherà il magistrato che ha delegato gli investigatori della Mobile a effettuare tutti gli accertamenti», afferma il questore Giuseppe Padulano. Continua: «Abbiamo posto a disposizione del magistrato le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza. Era una persona nei cui confronti era stato adottato un provvedimento di tipo amministrativo. Le è stata revocata l’applicazione della misura cautelare dopo il patteggiamento. Ora attendo i rapporti interni per capire esattamente come si sono svolti i fatti».

da: informa-azione

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[Roma] Presentazione del libro “Comuni,Comunità, Ecovillaggi”

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[No Inc] Comunicato Post Corteo 14 Aprile

Sabato 14 Aprile è stata una grande giornata di partecipazione, di  mobilitazione e di lotta. Le strade di Albano si sono riempite di cittadini,  comitati di quartiere,  rappresentanti dei Comuni dei castelli romani, collettivi studenteschi e reti sociali che si battono su tutto il territorio laziale contro un piano regionale dei rifiuti basato su discariche e inceneritori.È stata la risposta migliore a chi da giorni dava definitivamente persa una battaglia che nonostante la sentenza del Consiglio di Stato ha dimostrato tutta la sua vitalità e determinazione a continuare il percorso fin qui intrapreso. Per tutto il corteo molti sono stati gli interventi e le testimonianze di chi vive intorno a Roncigliano: lo scempio del settimo invaso, l’allargamento della discarica, l’inquinamento delle falde acquifere. La volontà popolare lo ha ribadito ancora una volta: basta con discariche e inceneritori, né qui né altrove, differenziata subito e netta contrarietà al  piano regionale dei rifiuti proprio in questi giorni al centro del dibattito  con l’intervento dello stesso ministro Clini. Lo stesso che aveva anticipato la sentenza del Consiglio di Stato che sbloccava l’inceneritore di Albano.

Purtroppo prima che l’assemblea conclusiva del corteo iniziasse, le migliaia  di persone che man mano arrivavano a Piazza Mazzini, hanno trovato un ingiustificabile schieramento di forze dell’ordine, come sin dalla prima mattinata per tutte le strade di Albano. In prossimità di Villa Doria, quando il corteo continuava il suo percorso, è partita una  carica delle forze dell’ordine, tra l’altro creando panico e paura. Una  signora, a cui va tutta la nostra totale solidarietà, ha avuto una frattura alla caviglia. Oltre a numerosi contusi.

Come se non bastasse, l’ingiustificato nervosismo delle forze dell’ordine si è  manifestato anche a conclusione del corteo. Mentre quattro studenti, di cui due  minorenni, stavano tornando a casa, sono stati fermati e aggrediti dalla Digos  di Roma, con la giustificazione di un normale controllo. In realtà la reale intenzione era mettere in stato d’arresto uno dei due studenti minorenni, a loro  dire responsabile di aver lanciato pietre contro le forze dell’ordine e responsabile del ferimento di un agente.

Il tutto si è consumato sotto gli occhi increduli di tanti cittadini di  Albano. Un presidio spontaneo sotto il commissariato di Albano per richiedere  l’immediato rilascio dello studente, dopo pochi minuti si è trasformato in una nuova caccia ai manifestanti. Quasi trenta membri del nostro coordinamento sono stati accerchiati da blindati di Polizia e Carabinieri per poi essere identificati. Anche alcuni giornalisti presenti, hanno ricevuto lo stesso trattamento e alla fine la Polizia ha confermato l’arresto per uno dei due ragazzi minorenni fermati, in attesa del processo che dovrebbe tenersi mercoledì.Inoltre è da sottolineare come la stampa, nella giornata di Domenica, abbia diffuso in modo uniforme le stesse notizie, prese direttamente dalle veline della Questura, riportando anche gli stessi errori.


Nessuno di noi ha mai pensato di fare una marcia di almeno 5 kilometri verso “la Nettunense”.
Solo chi non consoce il nostro territorio può scrivere queste cose! La risposta è chiara. Dopo la sentenza del Consiglio di Stato il segnale è  quello di creare intimidazione e paura. Si cerca così di criminalizzare chi si batte a difesa del proprio territorio, dipingendolo come chissà quale pericoloso sovversivo. Oggi l’unica colpa che abbiamo avuto è stata quella di aver manifestato ancora una volta con determinazione contro la devastazione  ambientale, a difesa della salute e dell’ambiente di tutti noi.

Continueremo a lavorare e ad informare la cittadinanza come sempre, attraverso ricorsi legali, assemblee, sit-in, per bloccare la folle costruzione dell’inceneritore di Albano.

LIBERI TUTTI!!
Coordinamento contro l’inceneritore di Albano

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Resoconto della giornata di lotta NOTAV dell’11 Aprile.

Resoconto della giornata dell’ 11 aprile

L’invito dalla Val Susa è chiaro: portare la valle in città. E la città non tarda a dare la sua risposta agli espropri. Già nella notte Piazzale degli Eroi in Prati si riempie di bandiere No Tav e due striscioni vengono appesi nella piazza. Resisteranno fino all’ora di pranzo, quando i solerti addetti al decoro urbano, sollecitati dal questore, ripuliranno tutto.

Nella mattinata tre blocchi del traffico rallentano la routine quotidiana degli ignari cittadini e qualcuno ieri è arrivato decisamente tardi a lavoro. Il primo blocco è vicino l’università, tre cassonetti vengono rovesciati e una bandiera No Tav comincia a sventolare. Il secondo sulla via Ostiense: un’azione rapida con fumogeni e uno striscione steso tra due guardrail bloccano la viabilità. Il terzo vicino alla stazione Tiburtina, di nuovo cassonetti e bandiere ricordano che ieri non è stato un giorno come gli altri.

Ma la giornata di lotta non finisce qui. L’appuntamento lanciato dai No Tav  romani è alle 17:00 a piazzale tiburtino. Si monta un gazebo sul marciapiede e la strada si riempie, passano i minuti e le presenze aumentano. Gli interventi si susseguono, e i collegamenti con radio black out trasmettono le ultime notizie della Valle. Nel frattempo la nuova occupazione di via Boccea viene minacciata di sgombero, sembra che alcune camionette si stiano avvicinando alla Fazenda occupata.  I momenti sono frenetici e alla fine si decide che un po’ di persone andranno a dare una mano mentre altri continueranno la mobilitazione No Tav.

Alle 18:30 si smonta il presidio e ci si muove in corteo per le strade di San Lorenzo. I numeri aumentano e scritte No Tav cominciano ad apparire sui muri: “ NO TAV ovunque”, “Libere/i tutte/i”, “Bloccare tutto”. Le bandiere sventolano illuminate da un mite sole romano e determinati ci si avvicina insieme al primo obbiettivo della giornata: il deposito logistico di trenitalia a scalo san lorenzo. Le serrature saltano, velocemente si entra e in pochi minuti il corteo è dentro.

Dopo l’iniziale sorpresa la risposta delle forze dell’ordine è massiccia. Dai megafoni si rivendica la scelta di rispondere agli espropri che stanno avvenendo in Valle, con l’occupazione di un luogo di proprietà  di trenitalia. Due freccia rossa sono in ostaggio, la tensione sale. Digos e funzionari di piazza, supportati e incoraggiati da un centinaio di soldatini carichi e tesi, intimano di sgomberare immediatamente il posto; si improvvisa un’assemblea di fronte alle porte dello stabile incuranti della massiccia presenza degli sbirri.

E’ un momento di riappropriazione e di orizzontalità. Nasce una discussione animata su come proseguire: se rimanere lì affrontando il divieto della questura o se andare via continuando la giornata in altri modi. Alla fine si sceglie di rimettersi in marcia valutando impraticabile la difesa dello spazio. C’è ancora tanto da fare.

Il corteo riprende le strade del quartiere dirigendosi in piazza dell’immacolata. Nel frattempo l’occupazione di boccea può respirare, la minaccia portata a un luogo così sensibile ha richiamato tutte le forze a loro disposizione. Una sottile soddisfazione serpeggia tra tutte e tutti facendo scandire con più voce cori e canti.

Si raggiunge la piazza. Si ricomincia a parlare; tra chi vuole mangiare e riposarsi e chi invece vorrebbe ripartire subito, tutta la piazza manifesta la volontà di riappropriarsi di un posto, per organizzarsi, vivere insieme e dare forza a queste giornate. Non si aspetta e si riparte insieme sorretti da una determinazione che non fa pesare stanchezza e fame.

Si apre un nuovo posto: l’ex cinema apollo, vicino alla stazione termini. Le sue condizioni non sono come ci si aspettava e non permettono di ospitare le due assemblee in programma nei giorni a venire. Nonostante la delusione di non avere uno spazio agibile si decide di ridare appuntamento per la mattina seguente per allestire un presidio in piazza. Le facce cominciano a segnare un po’ di stanchezza e questa prima giornata di lotta si chiude con una grande cena collettiva in strada. I tavoli e le panche occupano marciapiedi e rotaie del tram. In un’atmosfera surreale le fatiche e le asprezze della giornata si dileguano tra risate e buon cibo. Mangiare insieme significa di più che sopperire ad un bisogno, significa mettere un altro tassello a quella vita in comune che si costruisce solo nella lotta.

Ci si saluta dandosi un nuovo appuntamento per il giorno dopo; ore 10:00 del mattino a piazza dell’immacolata a San Lorenzo. Domani sarà una nuova giornata di lotta e tutte e tutti vanno a dormire pensando a proposte pratiche da condividere la mattina successiva.

Oggi 13 aprile: dalle 17 incontro con i comitati territoriali sulla cementificazione della città presso l’università La Sapienza di Roma – Facoltà di giurisprudenza aula 8.
Domani alle 10 partecipazione all’assemblea per lo sgombero della Fazenda occupata alle 10 a piazza Ormea (Casalotti). Ore 13 stazione termini per prendere insieme il treno per il corteo di Albano.

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[Roma] Rassegna “Caca ad arte che ConCinema” – Richiami primordiali

Caca ad arte che COnCIneMA
Rassegna settimanale del MARTEDI’ versione mattinata repliche eventuali
APRILE 2012
RICHIAMI PRIMORDIALI

Proiezioni prima del PRANZO VEGAN

dalle ore 11,00 Allo Spigolo della BIBLIOTECA L’IDEA

tra Via Braccio da Montone e Via Fanfulla da Lodi  al Pigneto

10/4 INTO THE WILD di Sean Penn Usa 2007 148’
17/4 DERSU UZALA di Akira Kurosawa Urss-Giappone 1975 140’
24 /4 INSTINCT di Jon Turtletaub Usa 1999 125’

Pomeriggio immersione in libri, tisane, pasticceria, eppoi cena
La Biblioteca anarchica L’Idea è aperta ogni martedì e venerdì dalle 17,00
in Via Braccio da Montone 71a

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[Roma] MERENDE rigenerANTI di PRIMAVERA

Il martedì dalle ore 17.00
allo Spigolo della Biblioteca L’Idea
tra Via Braccio da Montone e Via Fanfulla da Lodi al Pigneto

Percorsi di conoscenza verso il ritrovamento di una dimensione empatica nella natura.
Mescolanza degli elementi, rapporto con e tra le piante, uso senza sopruso.

NELLA LOTTA ALLO SFRUTTAMENTO SUGLI ESSERI VIVENTI
E ALLA DELEGA SPECIALISTICA IMPOSTI DAL DOMINIO
PER LIBERARE FORZE SINERGICHE NELLA PRATICA QUOTIDIANA

10 Aprile OLIO – Nutrimento, capacità protettiva, estrattiva e penetrabilità.
Preparati e composti – oleoliti e unguenti
17 Aprile POLVERI – Argilla proprietà assorbente, cicatrizzante, analgesica.
Combinazione con erbe, preparazione di dentifricio
24 Aprile PIANTE MEDITERRANEE – Presenze diffuse, ambientalmente vicine.
Particolarità benefiche nella sfera femminile
8 Maggio GERMOGLI – Facoltà rigenerante dei semi, modalità di germinazione e  propagazione di piante

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