Alcun* compagn* antiautoritari e anarchici di Roma, nei giorni scorsi, avevano occupato dei casolari abbandonati da più di 25 anni nei dintorni di Tolfa a Nord di Roma. Il repentino intervento della sbirraglia non ha permesso a questo nuovo fiore autogestionario di sbocciare. Sarà per la prossima. Mai un passo indietro!
(A)
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“L’IMPROBABILE” NON è IMPOSSIBILE
Qualche giorno fa abbiamo occupato tre casali in un terreno nella campagna romana, non troppo distanti e ben collegati con la città. Dopo quattro giornate di condivisione e autogestione la sbirraglia locale contenta ed incredula di poter entrare in azione, ha ristabilito la normalità.
Giustizia è fatta: uno spazio abbandonato da 25 anni torna a morire.
Un’occupazione in provincia perché anche qui gli attacchi dello stato sono sempre più evidenti, dalle discariche ai mega parchi di antenne radiofoniche, dalle imponenti aree industriali alle ecologiche distese di pannelli solari o pale eoliche. Tuttavia lontano dagli echi dei motori e delle sirene resistono atteggiamenti solidali e pullulano soluzioni autogestite, illegali o illegalmente autogestite. Pensiamo che tutto ciò rappresenti un terreno fertile per l’incontro tra individualità diverse e per la condivisione di strategie di lotta contro ciò che ci opprime quotidianamente.
Vivendo nel presente le relazioni che immaginiamo in un mondo liberato, vogliamo sperimentare forme di vita basate sull’autoproduzione e lo scambio, lontane il più possibile dai ritmi frenetici che tentano di imporci.
L’idea non è certo quella di creare il micro mondo che balli il più possibile al limite delle relazioni di sfruttamento, in quanto non c’è modo di soffocare le individuali rabbie che ciascuno di noi coltiva nei confronti di ogni forma di autorità.
Così come il capitalismo è riuscito a limitare le relazioni tra le persone, è riuscito anche ad alienarci da noi stessi, a partire dalle sempre più ridotte possibilità che riusciamo a immaginare. In un sistema in cui il sapere viene venduto nelle scuole e nelle università, tutto ciò che ne resta fuori non è necessario conoscerlo; in un sistema basato sull’irrefrenabile produzione, sul continuo sviluppo tecnologico e la devastazione della terra, tutto ciò che è differente non è utile; in un sistema in cui le relazioni sono mediate da diverse forme di polizia, tutto ciò che è autogestito e orizzontale è una forma di un conflitto.
Sappiamo bene che uno sgombero è una parte del percorso di ricerca di un simile spazio, è solo un buon momento per studiare le prossime mosse.
Probabilmente incontreremo nuove difficoltà, ma che queste ci scoraggino è altamente improbabile.
Che rinunciamo a questa corsa, è impossibile.
AGGIORNAMENTI:
Dopo più di un mese, l’Improbabile è vivo e lotta senza sosta sui monti Sibruini del Lazio.
I lavori per ristrutturare il primo casale procedono a gonfie vele. Dobbiamo ringraziare l’enorme solidarietà attiva dimostrataci dai compagni e dalle compagne di Roma. Senza l’aiuto prezioso di molti di voi, ora staremo molto più indietro nell’obiettivo di rendere vivibile il casale prima dell’inverno.
Sono ormai due settimane abbondanti che non si fa vedere nessun nemico, né civile né in divisa. Abbiamo la necessaria tranquillità per poter continuare a costruire quel luogo di sperimentazione, di autoproduzione e attacco diretto al capitale che vive nella nostra immaginazione, ma che ogni giorno prende sempre più concretezza.
L’attacco alla proprietà privata è palese nell’atto stesso di sottrarre ad un capitalista uno stabile abbandonato da decenni. L’autoproduzione e lo scambio di conoscenze vive nella fatica di ogni giorno. L’orizzontalità e la solidarietà fra gli occupanti è un altro dei pilastri fondamentali che regge l’Improbabile riuscita di questo progetto.
Rinnoviamo l’invito a venirci a trovare, per qualche giorno o solo per poche ore. Il contributo di tutti e tutte è fondamentale per noi, e penso sia una buona occasione per chi viene per immergersi nel verde, rinfrescarsi con i fiumi e i torrenti della montagna, sfogarsi con lavori manuali.
Finiamo dicendo che nonostante le montagne possano apparire lontane dalle contraddizioni della città, abbiamo seguito con apprensione e sincera solidarietà gli sviluppi dell’infame processo ai 10 compagn* per il G8 di Genova del 2001.
Le condanne emesse non ci stupiscono, sono la diretta conseguenza dell’esistenza dello Stato, che in quanto tale deve autoperpetrarsi.
E lo fa incarcerando chi tenta vie differenti, chi lo attacca frontalmente senza fronzoli o tatticismi sofisticati.
Ci sentiamo di dire che quello che l’improbabile sta tentando di fare, è proprio di continuare a battere quelle vie, perchè i sentieri si allargano a forza di camminarci.
So’ 42 anni che ce provano ad ammazzamme:je ha detto sempre male assai! Anarchia ed Insurrezione sempre:mejo morto che schiavo.