Ma gli anarchici non votano?

Ripubblichiamo uno scritto di Alfredo Maria Bonanno apparso su “Canenero” n. 29 del 2 giugno 1995

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Dirsi anarchico vuol dire molto, ma può anche voler dire nulla. In un mondo di identità flebili, quando tutto sembra sfumare nella nebbia dell’incertezza, considerarsi anarchico può essere un modo come un altro di seguire una bandiera, nulla di più. Ma l’anarchismo a volte risulta un’etichetta scomoda. Può insinuarti domande nella mente cui non è poi facile dare una risposta. Può farti notare le strane contraddizioni della tua vita: il lavoro, il ruolo che la società ti ha imposto, lo status a cui tu stesso hai partecipato, la carriera a cui non sai rinunciare, e la famiglia, gli amici, i figli, la fine del mese e lo stipendio, la macchina e la casa di proprietà. Ahimé, fissare una distanza tra questi corredi e le proprie idee di fondo, tra quello che siamo e il nostro essere anarchici, assomiglia molto a quella lotta tra l’essere e il dover essere che faceva sorridere Hegel: il dover essere finisce sempre per soccombere.

Così siamo anarchici perché leggiamo i giornali anarchici, perché consideriamo il pensiero e la storia dell’anarchismo il nostro pensiero e la nostra storia. Siamo anarchici perché ci ingrottiamo nel movimento al riparo delle intemperie della vita, perché lo consideriamo la nostra casa sicura, perché ci piace vedere le facce dei compagni, sentire le loro piccole storie casalinghe e raccontar loro le nostre storie casalinghe, il tutto da ripetersi all’infinito, e così sia.

Se qualcuno solleva problemi, non tanto con la propria lingua più o meno tagliente, ma con le cose che fa, ponendo a repentaglio questo essere presso di sé, al sicuro, questo sentirsi protetti come in casa propria, allora lo richiamiamo all’ordine, elencandogli al completo i principi dell’anarchismo, cui restiamo fedeli. E fra di questi c’è quello del non andare a votare. Gli anarchici non votano, altrimenti che anarchici sarebbero! Nessuna grinza. Eppure, specialmente negli ultimi tempi, sono state avanzate delle obiezioni, delle perplessità.

Che senso ha non andare a votare. Un senso ce l’ha, hanno detto molto anarchici, in particolare fra i più anziani. Ce l’ha perché il voto è una delega e gli anarchici sono per la lotta diretta. Bello, rispondo io, bellissimo. Ma quando questa lotta consiste solo nel testimoniare i propri principi (quindi anche il proprio astensionismo) e nulla più, anzi consiste nel ritrarsi imbarazzati quando qualche compagno decide di attaccare gli uomini e le realizzazioni del potere, oppure consiste nel restare in silenzio di fronte all’azione degli altri, quando è questa la lotta, allora sarebbe meglio anche andare a votare. Per chi considera il proprio anarchismo l’acquietante palestra delle proprie e delle altrui opinioni su come immaginarsi un mondo che non c’è – né mai ci sarà –, mentre i giorni si susseguono, per lui, uno dopo l’altro, nel grigiore monotono delle mattinate tutte uguali, dei gesti uguali, degli uguali lavori e affetti e passatempi e vacanze, per costui che senso ha il proprio astensionismo, se non quello di ribadire, con poca spesa e sufficiente nitidezza, il proprio sentirsi anarchico. Ma, ben considerando, se il suo anarchismo è solo quest’insegna polverosa e ridicola, in un terreno di certezze monotone e scontate, ben venga la sua decisione di andare a votare. La sua astensione non significava nulla. Potrà senza grosse ambasce votare alle politiche, e anche alle amministrative. Riflettendo bene potrà scegliere così di difendere uno straccio di democrazia che, in fondo in fondo, è sempre meglio di una dittatura che riempirebbe gli stadi e i campi di concentramento in attesa di redigere liste di proscrizione. I carri armati per le strade (mitico segno del potere dilagante e indiscriminato, quando vai al muro per una semplice parola, per un simbolo mal capito da ottusi esecutori di ordini in divisa), sono faccenda pericolosa, meglio le chiacchiere insulse, e in fondo opinabili, di un pagliaccio qualsiasi in abito democratico. Non scherziamo con queste cose, meglio correre a votare, specialmente in un momento in cui milioni di persone sembrano non capire il valore del voto. L’astensione a milioni non ha più senso anarchico, si rischia di essere confusi con la massa incolta che non sa neanche mettere una croce sulla carta o che si allieta a poco prezzo scarabocchiando frasi oscene sulla scheda. Poi ci sono i compagni che sostengono posizioni vicine al municipalismo libertario e al sindacalismo rivoluzionario di base. Questi, sempre secondo la mia opinione, non dovrebbero correre dietro alle fanfaluche dell’astensionismo. Il loro obiettivo dovrebbe essere, quanto meno, la partecipazione massiccia e significativa, alle elezioni amministrative, per fornire ai propri rappresentanti strumenti idonei a governare la cosa pubblica in periferia. Forse gli anarcosindacalisti (ma ce ne sono ancora?) potrebbero anche votare alle politiche, ma questa dovrebbe essere decisione ben ponderata, per quanto personalmente la considero scelta del tutto coerente con le idee di lotta sindacale.

Restano molti altri anarchici. Restano quelli per i quali il proprio anarchismo è scelta di vita e non una concezione da contrapporsi in un tragico e irrisolvibile ossimoro ai mille problemi di apparenza che la società codifica e impone. Per questi compagni l’astensione è solo una delle tante occasioni per dire di no. La loro azione anarchica si realizza nel corso di ben altri fatti e sono proprio questi fatti a dare luce e significato diverso a quel loro dire di no.

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[Roma] Bencivenga – Iniziativa informativa sulla ZAD

Vicino a Nantes, nel nord est della Francia, ci sono dei piani per costruire un aeroporto, una ferrovia per l’alta velocità ed una superstrada attraverso un’area di terreni coltivati, campi e foreste.
Da quarantanni è presente una resistenza, da parte della popolazione locale, per contrastare questo progetto.
Dal 2009 la gente ha cominciato ad usare le terre coltivandole, ad occupare le case che erano state espropriate, sono state costruite capanne al suolo e sugli alberi e si rafforza costantemente il tentativo di diventare autonomi dal governo.
Dall’ottobre 2012 la polizia si è presentata in forze e ha cominciato ad eseguire degli sfratti violenti distruggendo molte delle case, degli orti e delle capanne per sgomberare l’area e prepararla per lo sviluppo del progetto.
Ma, nonostante avessero mobilitato gran parte delle forze di polizia francesi, la zona non è stata sgomberata e il tentativo non ebbe alcun successo.
Anzi, da quel momento è cominciata ad arrivare altra gente, le capanne sono state ricostruite ovunque e la resistenza cresce sempre più forte.
A parlarci di tutto questo sarà chi ha vissuto in prima persona il periodo prima e durante gli sgomberi, attraverso foto e un video dello sgombero di una delle occupazioni.

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Operazione Ixodidae: tutti assolti!!!

Apprendiamo  che il processo agli 8 compagni accusati di associazione sovversiva si è concluso con otto assoluzioni! Dopo tre anni di indagini, migliaia di intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, e gli arresti di Massimo e Daniela, gli inquirenti non sono riusciti a dimostrare un bel nulla. In attesa di comunicazioni da parte dei compagn* interessati, riportiamo un articolo dalla stampa di regime.

Un abbraccio complice e solidale a tutt* da parte nostra!

Liber* tutt*!

Velen(A)

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fonte: TrentoToday

Processo operazione Ixodidae: assolti tutti gli anarchici

Tutti assolti per non aver commesso il fatto gli otto anarchici coinvolti nell’operazione Ixodidae (zecca). I militanti erano stati accusati di associazione sovversiva con finalità di eversione dell’ ordine democratico

Sono stati tutti assolti per non aver commesso il fatto gli anarchici coinvolti nell’operazione Ixodidae (letteralmente “zecca”, termine dispregiativo usato negli ambienti di destra per riferirisi a persone di sinistra). Gli otto militanti erano stati accusati di associazione sovversiva con finalità di eversione dell’ ordine democratico. Ixodidae, un’operazione durata quasi 3 anni (le indagini sono iniziate il 6 ottobre 2009 e hanno avuto termine il 21 agosto 2012) e che ha richiesto un’impiego di risorse notevoli durante le indagini per provare a dimostrare che la compagine roveretana fosse davvero un gruppo organizzato con lo scopo di sovvertire l’ordine democratico. Infatti sono state oltre 10mila le intercettazioni ambientali effettuate e passate al vaglio, 92mila le ore di riprese video analizzate,148.990 i contatti telefonici, 18.000 le comunicazioni telematiche intercettate, 80 gli eventi giudiziari presi in considerazione di cui 28 sono stati considerati nell’ ambito di questo procedimento. Il tutto conclusosi con 8 assoluzioni.

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[Antispecismo] Tutt* liber*…ma tutt* per davvero!!! – uno spunto di riflessione

Liberazione animale perché ancora non basta dire solo Liberazione.
Purtroppo la visione è ancora antropocentrica, anche in ambienti libertari e anarchici. L’auspicio è quella di chiamarla Liberazione, che sia umana, animale e della Terra, perché ovviamente unite e dipendenti l’una dalle altre. Finché ci saranno gabbie, ci saranno per tutt*. Che lo si chiami carcere o gabbia, centro di ricerca o laboratorio di vivisezione, fabbrica o allevamento, campo di sterminio o mattatoio, le dinamiche sono quelle.
Semplicemente non vogliamo nulla di tutto questo.

Il potere ha sempre giocato sulla “forma”, cambiandola di volta in volta, senza cambiarne il contenuto. A seconda delle evenienze del momento si chiamano prima CPT poi CIE, aspettando il prossimo sinonimo o acronimo di lager. Prima manicomio ora OPG (ospedale psichiatrico giudiziario), prima guerra ora operazione di pace. E si va avanti così, chiamando lo sfruttamento animale allevamento, pelletteria, sperimentazione, macelleria, zoo, acquario etc. etc. Considerarci separati nelle lotte o semplicemente nel quotidiano da ciò che ci circonda è un grosso errore e un grosso guadagno per il potere. Mangiare carne e derivati animali non è altro che portare avanti le logiche di dominio e sfruttamento che vogliamo distruggere, le stesse che vedono esseri umani al posto degli animali.
Se si vuole sradicare lo sfruttamento, la violenza, il dominio, si deve avere il coraggio e la voglia di farlo davvero, altrimenti si cerca solo di salire un gradino, non di superare l’ostacolo. Se si parla di abbattere il potere, è il potere il punto, non come e dove viene usato. Se si parla di eliminare lo sfruttamento, è lo sfruttamento il punto, non chi viene sfruttato. Liberazione animale perché è la schiavitù più silenziosa, perché è la schiavitù considerata normale e naturale, e non si piò accettare come tale nessun tipo di schiavitù. Gli animali, la natura selvaggia, non parlano la nostra lingua, non organizzano proteste o partecipano alle assemblee: subiscono in silenzio lo stesso sfruttamento per il quale si sentono le nostre urla. In maniera subdola e sottile, questa, come altre forme di discriminazione, si è insinuata negli individui, al punto tale da non essere più messa in discussione. Così sugli animali è permesso di tutto, nell’ottica specista che li considera meno importanti e quindi al nostro servizio.

Dai tempi dei tempi gli animali hanno servito l’uomo. Sono serviti all’uomo. Servono l’uomo. Servono. Servi.
Il sistema fa di tutto per allontanarci dalla Terra, dai suoi ritmi e dalle sue quotidiane lezioni. Ci porta a considerarci superiori, in grado di dirigere e sottomettere ogni cosa al nostro servizio. Esseri umani che degenerano in mostri. Che per la loro sete di potere distruggono ecosistemi, avvelenano l’acqua, l’aria, si credono padroni del circostante e agiscono allo stesso modo nei diversi ambiti: sottomettono, schiavizzano e uccidono umani, animali e la Terra.
Essere antiautoritari vuol dire esserlo a 360 gradi e quindi, oltre a tutti gli “anti” conosciuti (fascisti, sessisti, razzisti etc.), anche antispecisti.
Mangiare carne e derivati è portare avanti la logica del potere, della sopraffazione sul più debole. Significa sottomettere, sfruttare e uccidere. Questo atteggiamento non può andare d’accordo con l’essere anarchici, con quello spirito che gode della libertà di chi è liber* davvero e aspira a quella autentica, quella selvatica; quello spirito che soffre della sofferenza di chi deve continuare a subire, umiliati e ridotti a merce da vendere e comprare, sfruttat* come lavoratore per l’essere umano, come animale da reddito per l’animale, come “risorsa” per la Terra. Questa ribellione al sistema-merce ci porta a rifiutarne i suoi prodotti. Ennesimo boicottaggio diretto all’ennesima espressione di violenza e dominio del potere. Per questo, da anarchici, siamo Vegan.

Nè servi nè padroni!
Tutt* liber*…ma tutt* per davvero!!!

ANARCHICI VEGAN o semplicemente ANARCHICI.

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[Roma] Giornata Astensionista

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Liberazione animale è liberazione umana

da: informa-azione

riceviamo e diffondiamo:

LIBERAZIONE ANIMALE E’ LIBERAZIONE UMANA

Il movimento di lotta allo sfruttamento animale ha visto negli ultimi anni una partecipazione nuova. Di fronte al moltiplicarsi di questo interesse, che proviene a volte da contesti del tutto inaspettati, abbiamo scoperto l’esigenza di riflettere a fondo su una costellazione di accadimenti che ci preoccupano e da cui trapela l’associazione sempre più frequente tra contenuti antispecisti e panorami politici qualunquisti o di estrema destra.
Episodi come il corteo di due anni fa ad Ivrea contro la vivisezione (organizzato da AntispeIvrea, gruppo animalista dichiaratamente vicino a gruppi di destra come gli Autonomi Nazionalisti, che si definiscono “anti-antifascisti”) o gli spiacevoli incontri ripetuti nei cortei di Montichiari e soprattutto di Correzzana (indetti esplicitamente in ottica antispecista e quindi contro ogni dicriminazione, e a cui si sono presentate provocatoriamente persone che esibivano simboli della tradizione autoritaria e xenofoba, come la svastica, la croce celtica, la fiamma tricolore e simili) sono sempre più frequenti. Nel frattempo sorgono e si diffondono realtà nuove, come quella de La Foresta Che Avanza (progetto “ambientalista” del gruppo CasaPound, dichiaratamente neofascista), o meno nuove, come quella dei 100% Animalisti (gruppo molto rappresentativo di un qualunquismo in cattiva fede, che promuove solo superficialità). Leggere che un militante di Casaggì (gruppo dell’estrema destra fiorentina) ha rivendicato la propria responsabilità in una serie di azioni firmate con la sigla ALF (Animal Liberation Front) racchiusa nella A cerchiata, è stata una po’ la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Ci sembra necessario rivolgerci a tutti quelli e a tutte quelle che, soprattutto grazie alle campagne animaliste degli ultimi anni, si sono avvicinate e avvicinati alla lotta contro lo sfruttamento animale, e ne hanno fatti propri i suoi ideali. Il significato dell’antispecismo sta nel suo rifiuto radicale di qualunque tipo di discriminazione e di sopraffazione: persino la più accettata da tutti, quella sugli animali. Come è possibile conciliare questo che è il nocciolo più profondo della lotta per la liberazione animale con gli ideali della destra radicale, che incarnano invece l’anima più convinta di quel sistema che legittima e applica il dominio dell’uno sull’altro?

Xenofobia e antispecismo
Per due motivi soprattutto gli ideali di liberazione animale non ci sembrano conciliabili con posizioni di estrema destra (o di estremo qualunquismo): per la concezione razzista del rapporto con gli altri esseri umani, e per la mentalità gerarchica e autoritaria.
L’antispecismo è l’opposizione a quella che è la forma più diffusa di discriminazione: quella nei confronti delle altre specie, lo specismo. Essere antispeciste e antispecisti significa in primo luogo considerare tutti gli animali viventi come degni allo stesso modo della vita e della libertà. È importante cominciare a capire che gli animali che nella nostra società vengono sfruttati e uccisi non meritano meno rispetto di quelli che siamo abituati e abituate a nutrire e accudire; e che anche questi ultimi sono a loro modo prigionieri dell’addomesticamento a cui li abbiamo sottoposti. Ma soprattutto è importante capire che essere antispecisti/e significa non considerare la specie umana superiore alle altre, e ricordare che anche l’uomo e la donna sono animali su questo pianeta. Considerare gli esseri umani al pari di tutte le altre specie, implica che discriminare qualcuna o qualcuno perché diversi (per provenienza o per gusti affettivi) è contraddittorio e assurdo. Le ideologie di estrema destra continuano e tengono viva invece la tradizione della discriminazione umana, e in Italia si accaniscono nello specifico contro gli immigrati, incitando il disprezzo e l’odio.
Inoltre l’attitudine più genericamente autoritaria e prevaricante tipica dei movimenti di destra ci sembra inconciliabile con gli ideali del movimento di liberazione animale, che si oppone alla più evidente e allo stesso tempo accettata delle forme di sfruttamento e sopraffazione: quella sugli ultimi e le ultime, gli animali non umani. È nella tradizione dell’estrema destra l’affermazione del potere di pochi, anche attraverso la violenza, un ideale sociale in cui le priorità sono il controllo e l’ordine (quello gerarchico a forma di piramide in cui ognuna/o deve rimanere nei ranghi), a scapito della libertà e della parità.

Animalismo e qualunquismo

Infine riteniamo necessario spendere alcune parole sull’utilizzo di simboli e termini molto spesso utilizzati senza che ne siano veramente stati compresi i significati profondi. Lo stesso uso del termine “antispecismo”, che viene sempre più utilizzato come sinonimo di animalismo, non è spesso inteso in tutta la sua profondità e nelle implicazioni che ha effettivamente, ma viene ridotto e degradato a un semplicista “amore per gli animali”. La stessa trascuratezza ha forse portato all’utilizzo e alla diffusione, in parte inconsapevole, della sigla ALF (Animal Liberation Front) associata al simbolo della A cerchiata. La storia di questa associazione di significati ha radici nella precisa presa di posizione antiautoritaria del movimento di liberazione animale; per anni è stato infatti quasi ovvio che opporsi allo sfruttamento degli umani sugli animali significasse anche respingere ogni atteggiamento prevaricante dell’essere umano sugli altri esseri umani, concetto ampiamente approfondito dai movimenti anarchici e libertari simboleggiati appunto dalla A cerchiata.
L’osservazione della scarsa consapevolezza e serietà con cui si fa uso di questi termini e di questi simboli, impoverendoli così del loro valore concettuale, ci fa soffermare su quanto poco approfondite siano le riflessioni ideologiche in seno al movimento animalista di questi ultimi anni.  La tendenza a considerare la lotta per la liberazione animale come una cosa a sé stante, scissa dal panorama completo dei propri valori e delle proprie idee, e la fin troppo abusata frase “agli animali non interessa la politica”  hanno creato una sorta di limbo nel quale ogni contraddizione è concessa.
Una riflessione profonda sui motivi per i quali esiste lo sfruttamento degli animali non può tollerare prese di posizione di tale superficialità. Diventa quindi indispensabile ribadire il carattere politico della lotta di liberazione animale, non nel senso verticistico e di delega che viene oggi attribuito a questo termine dall’immaginario degli schieramenti politici, ma in  senso di impegno radicale. Impegno che permea ogni aspetto delle nostre vite e che ci pone in netta contrapposizione con ogni legittimazione di quei principi che contribuiscono, anche se indirettamente, allo sfruttamento di animali umani e non umani e alla distruzione del pianeta terra.

Dovremmo riscoprire il valore e non il peso di un concetto come quello di antispecismo, che ha implicazioni potenzialmente radicali: è il progetto per un pianeta veramente più libero per tutti. Poiché se la nostra lotta vuole liberare tutti gli animali, essa dovrà comprendere anche l’essere umano. Liberazione animale è anche liberazione umana!

Equal Rights Forlì – equalrights@inventati.org
Villa Vegan Squat – villavegansquat@inventati.org

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Morire per una pelliccia: gli allevamenti di visoni in Italia

MORIRE PER UNA PELLICCIA:
UN DOCUMENTO SENZA PRECEDENTI MOSTRA GLI ALLEVAMENTI DI VISONI IN ITALIA

Le organizzazioni essereAnimali e Nemesi Animale hanno documentato le condizioni degli allevamenti di visoni in Italia per più di un anno e mezzo, con lo scopo di rendere visibili a chiunque questi luoghi sconosciuti e nascosti, in cui ogni anno vengono uccisi 170mila individui.

Siamo entrati negli allevamenti senza invito, di giorno e di notte, abbiamo posizionato telecamere nascoste e ottenuto immagini senza precedenti attraverso il lavoro di un attivista infiltrato.
Per la prima volta in Italia abbiamo documentato il tragico momento dell’uccisione per mezzo di camere a gas e le prime fasi di lavorazione dei cadaveri.
Il risultato è “Morire per una pelliccia”, un video che ricostruisce l’intero ciclo vitale dei visoni, dalla nascita alla morte, passando per una vita di reclusione e sofferenza.

GUARDA IL VIDEO: http://youtu.be/BYnD9UhPuB8

GUARDA LE FOTOGRAFIE: http://flic.kr/s/aHsjDZCp5B

GUARDA IL SITO: www.visoniliberi.org

In ogni allevamento la realtà riportata è sempre la stessa: cadaveri, gabbie piccolissime e affollate, comportamenti stereotipati, infezioni e ferite non curate.

Come tutti gli animali costretti in un allevamento, tutto quello che i visoni possono fare è subire quello che viene loro inflitto dagli allevatori, tutto ciò di cui avranno esperienza è una privazione continua dei loro istinti, esigenze e necessità. Animali solitari, amanti di lunghe nuotate e capaci di percorrere chilometri in un solo giorno, sono invece costretti in gabbie di dimensioni piccolissime e affollate, lontani dall’acqua e dalla libertà.

Si tratta di un documento che non lascia dubbi: la pelliccia è il frutto di morte e sofferenza e gli allevamenti di visoni devono essere aboliti, al più presto.

LO SCOPO DELLA NOSTRA INVESTIGAZIONE

La presentazione del video “Morire per una pelliccia”, accompagnato da fotografie e un dossier cartaceo, è il primo passo di una campagna di sensibilizzazione e pressione intrapresa da essereAnimali e Nemesi Animale per l’abolizione degli allevamenti di visoni.

Il nostro lavoro si inserisce in un contesto europeo che ha visto diverse investigazioni negli allevamenti di animali da pelliccia pubblicate più o meno recentemente in Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Polonia e Spagna . In alcuni paesi queste immagini sono state diffuse dai media nazionali aprendo un dibattito sul divieto di allevamento di animali da pelliccia.

In Italia esistono attualmente sedici allevamenti di visoni.
Il numero di queste attività è drasticamente calato dagli anni ’90, in cui circa 125 allevamenti erano segnalati alla Camera di Commercio e la produzione era arrivata a 400mila animali uccisi ogni anno. Le motivazioni sono da ritrovarsi in parte nella crisi del settore della pellicceria e in parte nelle continue campagne di pressione, informazione e sensibilizzazione da parte di organizzazioni animaliste. Altro fattore determinante sono state le decine di liberazioni di animali compiute da attivisti animalisti anonimi negli ultimi anni, che hanno aperto le gabbie di migliaia di visoni e causato ingenti danni economici agli allevamenti, alcuni dei quali sono stati costretti a chiudere.

– Recentemente il comune di Noceto (Parma) ha posto per la prima volta in Italia un “divieto di allevamento di animali da pelliccia” nel tentativo di far chiudere un allevamento sorto nella frazione di Cella;
– il 30 novembre 2012 l’allevamento della famiglia De Poli, a Montirone (Bs), ha dovuto chiudere i battenti secondo un’ordinanza del sindaco;
– sempre nello stesso periodo il sindaco di Rivarolo del Re (CR), in seguito ad una grande mobilitazione, ha bocciato un progetto che avrebbe portato alla costruzione di 28 enormi capanni in cui rinchiudere 40mila visoni.

Tutte queste notizie positive fanno sperare nella possibilità di arginare definitivamente il tentativo di AIAV (Associazione Italiana Allevatori Visone) di far ripartire quest’attività.

Si stanno evidentemente gettando le basi per un consenso che porti quanto prima al divieto totale di allevamento di visoni in Italia.

Ognuno di noi può fare la differenza: dobbiamo lottare per abbattere la mentalità specista, che vede negli animali lo scalino più basso di una piramide, al cui vertice si erge padrone indiscusso l’essere umano.
Non acquistare accessori o capi con inserti di pelliccia e rifiutarsi di consumare i prodotti derivanti dallo sfruttamento animale è il primo passo necessario e indispensabile in questa direzione.

Per partecipare attivamente alla campagna per l’abolizione degli allevamenti di visoni, visita il nostro sito: www.visoniliberi.org

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Op. Brushwood – Sentenza processo d’appello: cade l’associazione sovversiva

L’ennesima montatura giudiziaria nei confronti degli anarchici cade nella sentenza di appello. Cade l’accusa di associazione sovversivao. Un duro colpo per la PM Manuela Comodi, persecutrice di anarchici (è lei che ha seguito e segue varie operazioni contro le/i compagnx) e di tutti coloro che si ribellano a questo stato di cose. Non ci interessano i risultati della giustizia borghese piuttosto rivogliamo tuttx tra noi, perché nessuno rimanga solo nella lotta contro l’esistente. Un esistente tristemente rappresentato anche da questi zelanti tutori dell’ordine costituito che, per arrivismo professionale, egocentrismo smodato e uno stipendio d’oro, non esitano a chiedere 6 anni per una scritta su un muro.

riceviamo e diffondiamo:

Il Processo d’Appello per la cosiddetta operazione Brushwood si è concluso con una umiliante sconfitta per le tesi dell’Accusa, sostenuta dalla pm Manuela Comodi (quella che chiese 6 anni per una scritta su un muro e che ora è il pm dell’Operazione Ardire):

– Michele Fabiani (condannato a 3 anni e 8 mesi in primo grado, il pm ne aveva chiesti 9) è stato assolto per l’accusa di associazione sovversiva e condannato a 2 anni e 3 mesi per le minacce all’ex governatrice umbra Lorenzetti e per i danneggiamenti ai cantieri.

– Andrea Di Nucci è stato ASSOLTO DA TUTTE LE ACCUSE, in primo grado era stato condannato a 2 anni e 6 mesi (il pm ne chiese 8), ha trascorso un anno agli arresti.

– Dario Polinori è stato condannato a un anno (confermata la sentenza di primo grado, il pm ne aveva chiesti 6)

– Damiano Corrias, accusato solo di una scritta su un muro è stato condannato ad 11 mesi (in primo grado a 12 mesi, la Comodi in un attacco di pazzia chiese sei anni).

Per tutti è venuta meno l’associazione sovversiva con finalità di terrorismo.

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E’ uscito l’opuscolo: Tra virus di rivolta e disinfestazione sociale, sull’operazione “Ixodidae”

da: informa-azione
 

 Il 27 agosto 2012, con l’arresto di due anarchici roveretani e numerose perquisizioni, la Procura di Trento presenta l’operazione “Ixodidae” (zecche,in latino), un’inchiesta per «associazione sovversiva con finalità di terrorismo» contro 43 nemiche e nemici dell’autorità. Chi sono oggi le «zecche» che disturbano la “Grande Opera”? In quale misteriosa palude si aggirano? Come bonificare il loro habitat? Basterà arrestare un pugno di sovversivi per impaurire tutti gli altri? Questo si chiedono i difensori del traballante ordine sociale. Quello che ci chiediamo noi, invece, è… Ma tu, lettore sconosciuto, non nutri mai il «turpe desiderio» della rivolta?

Scarica il file Pdf dell’opuscolo

Per chi invece desiderasse delle copie cartacee, scrivere a: navedeifolli@gmail.com o romperelerighe08@gmail.com

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Pistoia – Un Sabato di lotta

riceviamo e diffondiamo:

Sabato 16 Febbraio, in quel di Pistoia, la giornata è stata mobilitata da almeno un paio di eventi degni di nota.
Nella mattinata un banchetto propagandistico dei simpatici camerati di Cassa pound, o casa Casseri, decidete voi, è stato ravvivato dalla verve di un compagno che ha ben pensato di stracciare qualche  volantino sul loro desco (mai miglior uso ne fu fatto) per poi gettare a terra tutto il materiale dei nostri. Ne scatta qualche mulinar di pugni ed un comizio antifascista improvvisato.
I Cuginetti del cocom…emh, di Ramelli, avrebbero dovuto tenere un altro appostamento elettorale nel pomeriggio, in contemporanea con il nostro presidio antielettorale, ma evidentemente mossi dalla volontà di non “esasperare i toni” -siamo certi che per questo e solo per questo hanno deciso di disertare la loro stessa iniziativa sbandierata financo sui giornali- hanno preferito marcare visita, o forse per “consiglio” dei loro accoliti di via Macallé…
Come detto nel pomeriggio si è tenuto un presidio antielettorale con la gradita presenza di un paio di compagni NO TAV provenienti direttamente dalla valle che resiste. Ne è saltata fuori una bella giornata di militanza nella quale si è ribadita tutta l’importanza e l’irrinunciabilità della lotta diretta e non mediata contro sfruttamento e devastazione ambientale.

Di seguito il testo del volantino distribuito:

Il 24 e 25 Febbraio vi chiedono di votare, di scegliere chi deciderà le vostre sorti per i prossimi quattro anni. In quei due giorni, con una semplice crocetta, si risolverà tutto l’interesse che la casta politico-mafiosa ha per voi e tutto l’impegno che vi chiedono nel decidere della stessa vostra esistenza.
Poi passato il vento delle promesse e degli slogans tutto tornerà alla grigia realtà; una realtà fatta di lavoro -quando c’è- sempre più  precario, di devastazione del territorio, di tagli a sanità, scuola servizi sociali, di teatrino della “politica” (di ogni colore) votato a difendere i propri interessi  e quelli dei propri “amici”, di favori alle lobbies bancarie e al grande capitale che magari  hanno finanziato la campagna elettorale di questo o quello.
In tanti si propongono come alternativa al “vecchio”, ma vi siete  chiesti cosa dovrebbe significare questo “vecchio”? Non è l’età  anagrafica dei politicanti, non è il loro attaccamento alla poltrona,  non è la loro distanza dagli elettori.
“Vecchio”, il vero” vecchio”, è il modo di concepire la gestione del mondo che ci circonda, “vecchie” sono le strutture politiche basate sul  clientelismo e sulla protezione dei grandi interessi. Lo stato è un  convoglio al quale non vanno semplicemente cambiati il capotreno e i conduttori, ma è lo stesso convoglio oramai decrepito ad essere necessario di cambiamento, inadeguata non è la sua gestione ma il suo stesso concetto  di fondo che si è dimostrato disastroso nel poter garantire alle persone un’esistenza dignitosa.
La crisi precipita sempre più, e i sacrificabili siete voi, non lo stato, non chi lo gestisce, non le banche e i grandi capitali.
Ma che fare, allora?
Si tratta di rifiutare di delegare ad altri la nostra stessa esistenza, si tratta di riappropriarsi dei territori e di concorrere, tutti, alla  realizzazione di un orizzonte che metta al centro della società le  persone, con i loro bisogni e necessità e non il loro portafoglio.
Voi sapete di cosa avete bisogno, di cosa ha bisogno il vostro quartiere,  la citta nella quale abitate, quali sono le priorità da affrontare.
Lottare per il proprio futuro, tutti assieme, è un opzione irrinunciabile se non si vuol precipitare in un baratro del quale non si vede il fondo.
Nessuno ci toglierà le castagne dal fuoco, nonostante tutte le promesse dobbiamo pensarci assieme senza aspettarsi nulla dai politicanti di mestiere.
Non è utopia, nel mondo stanno nascendo sempre più esperienze di autorganizzazione ed autogestione di territori sempre più ampi. L’impegno di tutti solo ci potrà salvare dal declino cui ci stanno indirizzando.
L’alternativa non sono partiti neri, rossi, arancioni, viola o stellati, l’unica alternativa, l’unica possibilità reale è la lotta!
NON VOTARE, LOTTA!

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