Repressione No Tav – Contatti per scrivere a Davide e Paolo

Nella notte di venerdì 30 agosto due resistenti No Tav sono stati arrestati in seguito ad un controllo poliziesco del veicolo su cui viaggiavano, all’interno del quale gli sbirri hanno rinvenuto principalmente materiale pirotecnico e altri strumenti comuni alle lotte antiautoritarie contro le nocività in molti angoli del mondo. Le forze repressive, attraverso i propri media, si prodigano nel terrorizzare i sudditi citando “arsenali da guerriglia” e “meteriale micidiale”; la realtà è che dalla difesa della foresta di Khimki in Russia alla resistenza della ZAD in Francia, dalle lotte contro le miniere in Peru o in Calcidica, il monopolio della violenza di Stato viene messo in discussione in favore della liberazione dalle nocività e dell’autodeterminazione, e ciò che più temono è probabilmente la condivisione estesa della conflittualità.

L’udienza di convalida ha confermato la permanenza in carcere per i due compagni. Per scrivergli:

Davide Forgione
Paolo Rossi

C.C. via Maria Adelaide Aglietta 35
10151 toino

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[Collegno – TO] Tre giorni per i 7 anni di occupazione del Mezcal

Dove c’è Barricata c’è casa!

Per i 7 anni di occupazione del Mezcal tre giorni di festa e autocostruzioni alla faccia di chi ce vò male.

Venerdì 2 agosto dalle ore 14 nell’officina: autocostruzione di barricate in ferro;
dalle 20 la cena bellavita del Barcocchio si sposta tra i prati del Mezcal: porta da bere, vieni  cucinare!

Sabato 3 agosto dalle ore 14 nel parco: installazione delle barricate sulle note di Black Milk! Live tra i prati sui 105.250 di Radio Blackout.
Dalle 24 finche ce n’è festa sotto le stelle! Infiammano la pista le selezioni di “El Pito y los ladrones”. Porta da bere e vieni a scatenarti come se non ci fosse un domani!

Domenica 4 agosto
 dalle 16 risacca all’aperto senza paura e contemplazione delle barricate. Preparazione della pizza per il “Cine-pizza sotto le stelle” del Barocchio che si sposta al Mezcal.

Tutto questo è Bellavita: TUTTE le attività all’ interno del Mezcal sono basate sulla CONDIVISIONE. Ognuno porta ciò che più gli piace, a seconda del tipo di iniziativa, per CONDIVIDERLO: da bere, da mangiare o UN’IDEA da sviluppare INSIEME. Per sperimentare e ABOLIRE I RUOLI attraverso l’autogestione, senza il compromesso del denaro.

Mezcal Occupato, Parco della Certosa Cereale, Corso Pastrengo – Collegno Bus 33, 37, C01 – Metro cap. Fermi.

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No Tav. Sangue, gas e torture. Cronaca e riflessioni dopo il 19 luglio

Questo testo è la sintesi del confronto e della discussione tra i compagni e le compagne della Federazione Anarchica Torinese.

19 luglio. L’estate No Tav, partita in sordina, sta entrando nel vivo. Alcune decine di tende sono piantate nella piana di Venaus.
Circa 400 No Tav partono da Giaglione lungo la strada delle Gorge per una notte di lotta al cantiere. Da alcuni giorni la Prefettura ha fissato i confini di una nuova zona rossa intorno alle recinzioni. I divieti non hanno mai fermato i No Tav, non lo fanno nemmeno questa volta. Protagonisti della serata sono soprattutto i solidali che, come ogni estate, sono accorsi in Val Susa. Alcuni percorrono di notte i sentieri per la prima volta: la serata è molto scura, le nubi coprono la luna quasi piena.
La polizia è fuori dalle recinzioni, schierata oltre il ponte sul torrente Clarea: all’arrivo dei primi No Tav partono le cariche. La A32 anche questa volta è stata chiusa. Dieci blindati la percorrono con i lampeggianti spenti e si fermano sul viadotto nei pressi del cancello che immette sulla strada delle gorge. Altre volte i militari avevano scelto questa posizione per sparare dall’alto lacrimogeni sui manifestanti imbucati nel sottopasso della A32. Questa volta, dopo i gas avanzano le truppe, che spezzano in due in manifestanti, intrappolandone circa 150 nella zona dei Mulini. Un punto molto pericoloso per una manovra che non lascia vie di fuga: da un lato la gorgia scende brusca, dall’altro c’é una zona di vigne abbandonate, franosissima.
Nel buio piovono le manganellate, il gas soffoca ed acceca, molti gridano in preda al panico, cercando di inerpicarsi sul costone, scivolando in mezzo alle pietre che rotolano.
La polizia fa il suo bottino: 9 no tav vengono presi e portati nel cantiere. Lungo il tragitto botte, insulti, colpi di manganello. Un’attivista pisana, Marta, viene colpita in faccia da una manganellata che le spacca il labbro superiore, mentre gli eroi dell’antisommossa la palpeggiano tra le gambe, le toccano i seni, la insultano. Un ragazzo di 17 anni sviene per le botte e si ritrova nel fortino con fratture e la faccia piena di sangue. Gli uomini in divisa mirano sempre al volto, per nascondere sotto un velo rosso lo sguardo e l’umanità di chi lotta perchè immagina un mondo diverso da quello in cui siamo tutti forzati a vivere.
Gli arrestati vengono tutti percossi con violenza anche dopo l’arresto: trascorreranno ore prima di essere portati in ospedale e, di lì, alle Vallette. Le loro storie, raccolte nelle ore e nei giorni successivi, sono normali storie di tortura.
Per chi riesce ad allontanarsi comincia una lunga marcia notturna, nel silenzio dei boschi che nascondono i No Tav dalla caccia dei poliziotti che li braccano. Chi era riuscito a sfuggire alla trappola torna a Giaglione. Qualcuno si massaggia un braccio, altri hanno la testa che sanguina, altri ancora una commozione cerebrale e una caviglia rotta. Comincia la spola per portare i feriti più gravi all’ospedale. Il lento e duro ritorno dei No Tav termina all’alba. Chi arriva, sfinito, trova i propri compagni che attendono da ore. I primi racconti descrivono la violenza della polizia e la solidarietà che prevale dopo il panico, nel mutuo appoggio tra i boschi: un goccio d’acqua, qualcosa da mangiare che viene condiviso tra tutti.
Il giorno dopo il campeggio di Venaus sembra un ospedale da campo: chi zoppica e chi esibisce vistose fasciature, bende in testa, cerottoni, ingessature. Il bilancio finale è di 63 attivisti feriti. Anche la polizia sostiene che sarebbero una quindicina gli uomini e le donne in divisa feriti e contusi.
La questura nella sua conferenza stampa recita un copione ormai consolidato. Vengono esibite maschere antigas, qualche petardo, qualche bastone, il solito “mortaio”. In bella mostra c’é il bottino di una guerra in cui non vengono mai mostrati i manganelli insanguinati, i fucili che sparano i gas, le maschere dei poliziotti e dei carabinieri, i bossoli dei lacrimogeni. Nei confronti degli arrestati vengono formulate accuse durissime: resistenza, violenza, porto di armi da guerra.

Martedì 23 luglio il GIP convaliderà gli arresti e disporrà i domiciliari per sei No Tav e l’obbligo di firma quotidiano per il settimo. Gli altri due fermati nella notte del 19 erano stati denunciati e rilasciati a piede libero all’alba del 20 luglio.
Il giorno dopo il senatore democratico Stefano Esposito scriverà sul suo blog indicando un esponente del comitato No Tav di Bussoleno come mandante del tentato assalto al cantiere. Già nei giorni precedenti aveva accusato il settimanale anarchico Umanità Nova di incitare alla violenza, per un articolo scritto da Maria Matteo, titolato «soldi e sabotaggi». Non pago Esposito arriverà a sostenere che l’attivista pisana molestata pesantemente durante l’arresto aveva mentito e si era meritata gli otto punti necessari a rattopparle il labbro spaccato.
La mattina del 20 luglio tra chi tornava alla propria vita dopo la notte in Clarea, qualcuno avrà ricordato che 12 anni prima, in luglio sin troppo assolato, un carabiniere aveva sparato in faccia ad un ragazzo di 23 anni.

Il 23 luglio una fiaccolata percorre le vie di Susa. Il corteo – 2000 persone – era aperto dalle donne solidali con Marta, la No Tav pisana ferita e molestata sessualmente da alcuni poliziotti dei reparti antisommossa il 19 luglio. I No Tav hanno sostato lungamente di fronte all’hotel Napoleon, che ospita carabinieri di stanza alla Maddalena, di fronte alla pizzeria Mirò che ha stipulato una convenzione con gli occupanti, e al comune, schierato con la lobby del Tav. La manifestazione si è conclusa di fronte alla villetta del sindaco Gemma Amprino.
Sin qui la cronaca.

La polizia ha deciso di alzare il livello dello scontro. Una scelta pianificata e sin troppo prevedibile. La presenza nel cantiere di due magistrati come Padalino e Rinaudo, già titolari di numerose inchieste contro l’opposizione sociale in provincia di Torino, la dice lunga sulla pianificazione della mattanza del 19 luglio.
I media da settimane avevano ripreso a pubblicare articoli incendiari contro il movimento No Tav, accusato di essere ostaggio di professionisti della violenza, di aver ceduto il campo agli specialisti venuti da tutta Europa per fare la guerra allo Stato.
Tra gli articolisti che hanno commentato gli eventi in Clarea si è distinto Paolo Griseri, che definisce il rapporto tra il movimento valsusino e i solidali venuti da fuori come una sorta di outsourcing degli scontri più duri. Un’esternalizzazione consensuale, una sorta di patto tra gentiluomini. Va dato atto a Griseri di avere l’onestà intellettuale di non sostenere la tesi della divisione tra buoni e cattivi, che viene sempre smentita dai fatti. Ogni volta un’assemblea popolare, una manifestazione con grandi numeri, una marcia di tutti al cantiere, hanno dimostrato l’inconsistenza di un’argomentazione che ha più il sapore della speranza che serietà nei fondamenti argomentativi.
Più pragmatico di Griseri, Numa punta su una tesi intermedia: la perdita di controllo del movimento valsusino e un accordo – cui regala anche il nome suggestivo di «Patto del Cels» – tra anarchici ed autonomi, separati su tutto ma uniti nel perseguire attacchi violenti.
Significativo che la maggior parte dei commentatori abbiano minimizzato, talora censurato e persino negato le violenze subite dai No Tav.
Un mondo in bianco e nero, sostanzialmente asservito alla lobby del Tav. Nulla di strano. L’informazione è oggi uno dei pilastri nella costruzione del consenso intorno a scelte non condivise. La criminalizzazione e l’isolamento dell’opposizione riescono meglio se le scelte disciplinari più dure vengono sorrette da un buon lavoro di propaganda.

Proviamo a mutare prospettiva. Al di là dei fatti che abbiamo provato a ricostruire e della valutazione che ne hanno dato politici e media.
C’è una domanda che il movimento No Tav non può eludere. Perché il governo, il prefetto, la polizia hanno ritenuto fosse possibile un’accelerazione repressiva? Anche i giornali hanno scritto di una sorta di cambio di strategia.
Nelle tante riunioni tenutesi in questi giorni molti ipotizzavano che da un lato la compagine governativa che sostiene il Tav sia oggi più forte che in passato, altri hanno puntato l’indice sul sempre più scarso entusiasmo del governo francese verso la Torino Lyon.
Nessuna di queste ipotesi ci pare convincente, perché in Italia le maggioranze a favore del Tav sono sempre state forti e le esitazioni della Francia non sono certo una novità.
La posta in gioco – non certo da oggi – va ben al di là della torta Tav. Non è più solo una questione di treni: in ballo c’é il disciplinamento di un movimento popolare che non si è mai rassegnato all’occupazione militare. I No Tav non si sono mai arresi. Mese dopo mese, sin dallo sgombero della libera repubblica della Maddalena, ci sono state azioni di contrasto, serate informative, presidi, blocchi, occupazioni dell’autostrada e sabotaggi. Il movimento No Tav non ha mai voluto trasformarsi in impotente testimone dello scempio, limitandosi alla denuncia delle sciagure senza far nulla per impedirle.
Nonostante gli arresti, i feriti, i processi, i fogli di via, le violenze della polizia, nonostante il continuo tentativo di dividere i buoni dai cattivi, i No Tav hanno resistito. 
Va rilevato che il cambio di passo avvenuto nella notte del 19 luglio riguarda solo l’ultimo anno. Prima, dall’assedio del 3 luglio 2011 al primo campeggio di Chiomonte, dalla mattanza dell’8 dicembre 2011 in Clarea, alle feroci cariche in autostrada del 29 marzo 2012 i governi di turno non si erano certo sottratti al dovere pedagogico di imporre ai resistenti numerosi corsi accelerati di dottrina dello Stato. Corsi molto utili e formativi per i No Tav. Certo non tutti partecipano alla lotta per «fare la guerra allo Stato», tuttavia grazie alla violenza dispiegata in questi anni molti hanno migliorato le proprie conoscenze sulla democrazia reale. In futuro i peggiori incubi dei nostri avversari potrebbero persino avverarsi.
Nell’ultimo anno i governi hanno puntato sulla rassegnazione, sull’accettazione del fatto che i lavori per il tunnel geognostico sono cominciati davvero, che le azioni al cantiere sono inutili, perché l’azione preventiva delle forze dell’ordine rende pressoché impossibile raggiungere il cantiere. Dopo la prima passeggiata notturna dell’estate 2012 l’azione della polizia è stata rivolta a chiudere ogni accesso, obbligando i manifestanti a lunghissime camminate nei boschi per riuscire solo a tratti ad avvicinarsi alle reti.
Su di un altro piano, le azioni di contrasto dell’occupazione militare, di sabotaggio collettivo delle ditte collaborazioniste, di intralcio dei lavori del cantiere con blocchi e con il presidio a Chiomonte non hanno mai avuto lo slancio necessario a fare massa critica.
La risposta di alcuni ad una situazione frustrante sono state le azioni notturne a sorpresa contro il cantiere e, successivamente, anche otto sabotaggi a mezzi delle ditte fuori dal cantiere.
Il movimento No Tav in un’assemblea popolare ha deciso di appoggiare la pratica del sabotaggio diretto alla distruzione di beni materiali senza colpire le persone.
Una scelta giusta che tuttavia rischia di produrre nei fatti una divisione tra chi agisce e chi plaude le azioni. Come scriveva la nostra compagna nell’articolo che ha suscitato le attenzioni del senatore Esposito «I sabotaggi sono il segno tangibile di una tensione forte a non arrendersi ai giochi della politica istituzionale, ma se restano patrimonio di pochi, cui i più delegano la lotta, possono rappresentare il canto del cigno del movimento.
Occorre creare le condizioni perché i tanti che plaudono ma non partecipano in prima persona si impegnino direttamente nelle azioni. Il cantiere di Chiomonte è il luogo scelto dallo Stato per giocare con violenza la propria partita: sinora i governi e la polizia hanno sbagliato poche mosse, facilitati da un terreno che li favorisce.» Chiomonte è stata scelta per il cantiere perché era il posto ideale per fare la guerra. Un luogo lontano dagli occhi, dall’indignazione, dal passo di un movimento popolare.

Allo Stato serve la guerra, perché la guerra è l’ambito degli specialisti, allo Stato piace la guerra perché ha il monopolio formale e materiale della violenza. Lo Stato ha i mezzi per alzare il livello dello scontro. Quando il governo decide gli apparati repressivi eseguono con gran gusto gli ordini ricevuti.
Dopo un anno non facile per il movimento No Tav, troppo a lungo sedotto dall’illusione elettorale, lo Stato si sente più forte e lancia l’offensiva.
Oggi il governo non teme più un’insurrezione popolare in risposta alle violenze del 19 luglio. Sebbene sappia bene che il popolo No Tav appoggia le azioni, sa tuttavia che quest’appoggio è soprattutto morale. La materialità dello scontro divide chi pure resta unito sia sugli obiettivi sia sui mezzi per perseguirli.

La sfida difficile che il movimento No Tav deve affrontare è rimettere in pista tutti quanti. Qualcuno in prima fila, qualcun altro più indietro, altri ancora in fondo, ma insieme per far nuovamente lievitare la miscela di radicalità e radicamento che è la ricetta vincente dei No Tav.
Il prossimo anno dovrebbe partire la sfida per l’inizio del cantiere per il tunnel di base: in quell’occasione dovranno militarizzare il territorio, piazzando soldati, poliziotti e carabinieri, in mezzo alle case. Non avranno più il riparo di un angolo remoto come la Clarea, ma un luogo pieno di case, di gente. Ancora oggi, nonostante, non sia esplosa nei due anni precedenti, il governo non può sapere se di fronte ad espropri, camion, polizia in tutte le strade la risposta non sarà di resistenza e barricate. Non lo sanno ma ancora lo temono. Per questa ragione mirano a seminare la paura con le teste rotte, le gambe spezzate, le molestie, gli insulti, le calunnie. La notte del 19 luglio hanno chiuso i manifestanti in un budello senza uscita per dimostrare che sono in grado di controllare a piacimento il territorio, che possono gasare e pestare a pochi metri dal cantiere dove fervono i lavori. Non solo. In questo luglio la presenza dei militari è divenuta molto più visibile ed asfissiante: i carabinieri in hotel a Susa, invece che nelle stazioni sciistiche in alta valle, i continui posti di blocco sulle due statali, i controlli a tappeto sono il segno tangibile che lo Stato ritiene venuto il momento di mostrare nuovamente la propria forza.
Occorrerà molta intelligenza e una grande capacità di confronto per dare una risposta adeguata all’accelerazione decisa dal governo.
Il punto di partenza è il territorio. Sul piano politico e sociale sono tanti i nodi che stanno venendo al pettine: la crisi che sta costando lacrime e sangue ai più, mentre arricchisce i soliti pochi, consente di pensare a orizzonti di lotta più ampi, dove le alleanze tra i movimenti e il mutuo appoggio si estendano.
Le stesse articolazioni materiali del Tav si trovano ovunque sul territorio, offrendo larghi spazi di contestazione e lotta, capaci di coinvolgere tutti. Le lotte dure ma vincenti dei lavoratori della logistica hanno dimostrato che lo smistamento, la dislocazione e la circolazione delle merci è uno dei punti deboli in un’epoca in cui la gran parte del lavoro è asservito e ricattabile.
Queste lotte offrono anche al movimento No Tav numerosi spunti di riflessione su possibilità di azione sinora mai esperite sino in fondo. 
Un accampamento/blocco di qualche centinaio di persone – uomini, donne, bambini, anziani, che piazzino tende, cucine da campo, campi da calcio, dandosi il cambio giorno e notte potrebbe impensierire seriamente i signori del manganello e del tribunale.
Tante piccole azioni, semplici e riproducibili, che inceppino la macchina dell’occupazione militare e del cantiere, che ha gangli e ramificazioni ovunque potrebbe – senza troppi rischi – creare grandi difficoltà a chi occupa, devasta, lucra sulle nostre vite.

Non c’è molto tempo. Come sempre occorrerà riflettere facendo e fare pensandoci su.
La forza dei No Tav è nel movimento popolare. Una pianta resistente ma delicata. È compito di tutti mantenerla viva.

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[Roma] Presentazione del IX incontro di Liberazione Animale

Presentazione del 9° incontro di Liberazione Animale

MERCOLEDI 24 Luglio, ore 19:30

Parco Nuccitelli – Zona pigneto

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[Roma] Aperitivo e pizzata benefit per Alfredo e Nicola al Bencivenga Occupato

Sabato 20 Luglio al Bencivenga Occupato (Roma) dalle ore 19 aperitivo e pizza in solidarietá con Alfredo e Nicola.

Il 14 settembre 2012 i due compagni anarchici Nicola Gai e Alfredo Cospito, venivano arrestati con l’accusa di essere gli esecutori del ferimento dell’ad di ansaldo nucleare Roberto Adinolfi, azione rivendicata dal nucleo Olga della federazione anarchica informale/FRI.
Il 5 luglio 2013 si è tenuta a Genova l’udienza preliminare del processo che li vede imputati per 280bis, attentato con finalitá di terrorismo, durante la quale è stato richiesto e fissato il giudizio abbreviato in pubblica udienza per il 30 ottobre, per il quale si conferma l’invito ad una presenza solidale.

Nessun tribunale potrà mai giudicarci, nessuna repressione ci fermerà.
I nostri cuori sono al fianco di tutti i compagni anarchici sequestrati nelle gabbie dello Stato
i nostri cuori battono all’unisono
PER L’AZIONE DIRETTA
PER L’ANARCHIA

Bencivenga occupato, via Bencivenga n15 – Roma

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[Roma] ANARCOPUNK-NIC IV – Ovunque Taksim ovunque anarchia: iniziativa informativa sulla rivolta in Turchia

ANARCOPUNK-NIC vol.4

DOMENICA 14 LUGLIO ore 17

HER YER TAKSIM HER YER ANARŞİ (Ovunque Taksim ovunque anarchia)

Interventi e materiale informativo sulla situazione in Turchia

Pasta sul posto, bicchierata e sfizi vari

Distribuzioni anarchiche e autoproduzioni

In serata in concerto:
LE FOLK NOIR
LE  11 MINUTI DI MELODIE DA SCOLLETTO AL DI Là DEL PENE E DEL MALE

A VILLA GORDIANI
Entrata Via Olevano Romano – Tram 5, 14, 19

Ad un anno dalla sentenza sui fatti del G8 di Genova 2001 lo stato continua a farsi giustizia privando gli individui della propria libertà.

Alberto, Marina, Francesco e Ines liberi!!


Punx anarchici // Protest to survive

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IX Incontro per la liberazione animale

libanimale

IX INCONTRO PER LA LIBERAZIONE ANIMALE
6-7-8 SETTEMBRE 2013
LUOGO ANCORA DA DEFINIRE

Anche quest’anno ci proponiamo di dar vita a un momento importante di confronto in seno al movimento animalista, come quello che da nove anni ricorre sotto il nome di Incontro di Liberazione Animale. Auspichiamo che un momento come questo si riveli un’occasione importante all’interno di un percorso quotidiano che individualmente ognuno di noi costruisce nell’arco di una vita.

Ciò che ci interessa è creare uno spazio di riflessione teorica profonda e di elaborazione pratica: un’occasione in cui cercare di restituire alla questione della Liberazione Animale un significato più ampio. Vorremmo che la Liberazione Animale partisse dalla reale comprensione delle logiche antropocentriche e dei rapporti di dominio della nostra società: la consapevolezza profonda dei legami che intercorrono tra le forme di sfruttamento di ogni essere vivente ne identifica l’origine comune, e porta quindi alla necessità di una critica e di una lotta radicale. Concepiamo infatti la specie umana non come dominatrice del mondo, come entità separata dal resto e posta a tutela di esso, ma come parte di un tutto inscindibile.
Per questo la lotta per la liberazione animale non è una lotta sconnessa dalle altre ma ad esse congiunta. E’ perciò nostra intenzione stringere nuovi e solidi legami tra la liberazione animale, umana e della Terra, per poter affrontare i diversi aspetti di questo sistema e trovare altri alleati nella lotta contro di esso.

Invitiamo a partecipare, e contribuire alle discussioni che si terranno nel corso di questi tre giorni con le proprie riflessioni, senza paura di sbagliare perché è nel dibattito che ci si incontra.

6-7-8 Settembre 2013
www.incontroliberazioneanimale.org

IL NOSTRO PENSIERO

Lo stile di vita di milioni di persone condanna ad una vita di sofferenze incredibili un numero impressionante di animali, costretti a servire l’umanità in ogni suo presunto bisogno e capriccio.
Un olocausto che non ha precedenti e che sembra non avere mai fine.

Anche se molti esseri umani si dichiarano giustamente contrari a forme di discriminazione come il razzismo o il sessismo, non sono altrettanto compassionevoli nei confronti degli individui delle altre specie e con minor o maggior consapevolezza diventano i loro carnefici. Il trattamento che gli viene riservato segue la logica folle di questa società devota ad un progresso che porta ovunque dolore, inquinamento, malattie e devastazione del mondo naturale e dei suoi abitanti.

Di fronte a questo scenario è naturale scoraggiarsi e sentirsi impotenti, la liberazione di tutti gli animali è forse ora un’utopia, anche se apre gli occhi su un’esigenza innegabile a qualunque essere vivente: essere libero di godere della propria vita. Nessuno ha la soluzione a tutto ciò nel palmo della propria mano o conosce il percorso più efficace per contrastare tanta disperazione. Ma una cosa in cui crediamo veramente è la necessità impellente di attivarsi in prima persona ed iniziare a gettare i semi di quelle che speriamo saranno le radici di un cambiamento futuro, per cui però bisogna battersi sin da ora.

Per la liberazione animale!

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[Roma] 14a festa rivoltante a Torre Maura

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[Roma] Discussione sul processo a Nicola e Alfredo al Bencivenga

INVITIAMO TUTTI I COMPAGNI A PARTECIPARE ALLA DISCUSSIONE CHE SI TERRA’ DOMENICA 30 GIUGNO ALLE 14:00 A ROMA AL BENCIVENGA15 (VIA BENCIVENGA N.15)

A TESTA ALTA . Invito alla discussione e alla presenza solidale al processo a Nicola ed Alfredo

Il 5 luglio si terrà l’udienza preliminare per Nicola Gai e Alfredo Cospito – anarchici – arrestati il 14 settembre 2012 con l’accusa di essere gli autori del ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi – progettista e costruttore di centrali nucleari – azione rivendicata dal Nucleo Olga della Federazione Anarchica Informale / FRI. In quella data saranno fissate le date del processo, con tutta probabilità in autunno.

Una prima bozza di questa proposta è circolata negli ultimi due mesi. A partire da un singolo – per quanto pesante e carico di implicazioni – episodio repressivo, si è arrivati a ragionare su scala più ampia su mancanze e prospettive proprie di certa area anarchica, a riflettere sulla necessità di confrontarsi – non appiattirsi – su alcune questioni basilari quali repressione, solidarietà, prospettive di lotta, dinamiche e carenze nella comunicazione.

Al di là delle contingenze vorremmo parlare di quanto si riesca a trarre di positivo dal reagire a ogni singolo episodio repressivo, quanto di positivo nel conoscere l’evolversi di mezzi e strategie di controllo e “prevenzione”, per farsene orgogliosamente gioco,quanto di positivo nel discutere e rilanciare idee e pratiche d’attacco, quanto di positivo nel riconoscersi a testa alta contro un nemico comune. Un incontro utile per quanti considerano ancora la prospettiva anarchica un’ipotesi viva e allettante, un groviglio di pensiero, azione ed esperienze in divenire: consapevoli che, quando queste si intersecano e affinano riusciamo a ottenere livelli alti di analisi, progettualità e pratiche,che concorrono a sollevare l’ orizzonte di lotta , ad aprire spiragli di luce in questo plumbeo presente, ad intessere nuove ragnatele di rivolta.

Siamo anarchici quindi naturalmente allergici alle cariatidi della politica , anche nella sua veste ‘ militante’ ,naturalmente alieni a ad assemblee plenarie,strutture decisionali accentratrici: le tensioni individuali rimangono forti e vitali, nello stesso tempo ci si riconosce in una base comune costruita sia storicamente che per esperienze e suggestioni confluenti,non monadi nello spazio ma ancorati ad un patrimonio di pensiero ed azione ,che siano gli espropriatori ed individualisti argentini dell’ inizio del secolo scorso,i gruppi di affinità in Catalogna negli anni trenta ,la Machnovcina,gli arditi del popolo , il gruppo Primero de mayo, i rivoltosi di Genova 2001, Atene e di tutte le piazze dove la benzina ha contribuito a far ardere i nostri cuori e le divise delle guardie, gli attuali gruppi d’ azione od i futuri visionari della sovversione di un mondo a cui sarà sempre più difficile adeguarsi.

Sentiamo di avere il cuore e la testa dalla parte giusta , quella che riconosce le multiformi pratiche della lotta rivoluzionaria; quella che discerne i germogli insurrezionali dalle secche del realismo riformista, educazionista o assistenziale che dir si voglia; quella che non abbandona i compagni in carcere ma li riconosce come parte attiva e viva di una traiettoria di lotta, senza attenersi al ‘minimo sindacale’ della solidarietà;

quella che è consapevole che qualsiasi tensione rivoluzionaria è intrinsecamente ‘sociale’ in quanto interviene con i suoi mezzi e le sue valutazioni nella critica della società attuale,e parimenti’ antisociale’ quando le presunte lotte sociali diventano un recinto limitato e limitante per il proprio sentire antiautoritario;

Vorremmo tornare a ragionare su alcune questioni di base:la rispondenza tra pensiero ed azione, un anarchismo che sappia, se non praticare nella totalità delle sue sfaccettature,perlomeno riconoscere e sentire come patrimonio proprio le multiformi manifestazioni dell’ agire anarchico,consapevoli che non c’è gradualità nelle pratiche né gerarchia nei mezzi, solo strumenti più o meno efficaci da scegliere a seconda delle situazioni,senza remore o tabù su percorsi individuali o collettivi, firme o anomie o quant’altro. Sta a noi, qui ed ora, cogliere la possibilità di discutere ,capirsi e riconoscersi come componenti attivi di una galassia anarchica , minoritaria ma effettiva,a volte splendente nella sua capacità di creare e fomentare situazioni di lotta, a volte sterile palestra di critica radicale, troppo timida nel far valere la giustezza delle proprie analisi.

Sta a noi, qui ed ora , avere ben chiaro se e fino a che punto si è in grado di spendersi, consapevoli che aldilà di qualsiasi momento di incontro i complici si trovano e riconoscono nel’ azione, non in assemblea.

SOLIDARIETA ‘ E REPRESSIONE
La repressione è il naturale contraltare del’ agire anarchico, la solidarietà attiva dovrebbe essere un’ altrettanto naturale processo spontaneo, così spesso non è.
Gli scenari repressivi si riproducono ciclicamente con qualche variante,270,280, associazione a delinquere, devastazione e saccheggio, strategie di controllo preventivo (fogli di via, avvisi orali,sorveglianza speciale , ecc)e non ultimo l’ affinamento dei regimi di detenzione quali le sezioni ad alta sorveglianza destinate agli anarchici con la conseguente strategia di separazione dal resto della popolazione carceraria. Lo stato continua a fare il suo mestiere , più o meno efficientemente si difende dai tentativi , più o meno efficaci, più o meno contundenti di creare agitazione e colpire.
Il conteggio per ora è ampiamente in perdita , non tanto per i -troppi anche se uno- compagni in carcere , che si trovano a fronteggiare anni di galera in nome della vendetta del dominio,ma soprattutto è in perdita quando le strategie di controllo e repressione vanno a demolire le basilari forme di appartenenza e solidarietà in seno al movimento,quando sono sempre più spesso gli stessi refrattari ad esulare da solidarietà e vicinanze in nome di opportunismi politici e dalla salvaguardia personale , quando diventa complicato finanché redigere un manifesto solidale , quando il soffio della rivolta che si spande per il globo in luogo di istillare rabbia , orgoglio e volontà d’ azione alimenta il mantice sfiatato di cuori pavidi ed incapaci a decidersi.
Solidarietà e complicità a volte sono parole gravide di conseguenze, a volte sono le pietre tombali che sigillano una tensione morta sul nascere,che corre ad incagliarsi sugli scogli di un pragmatico piccolo cabotaggio in nome del quieto vivere.
Non è questo che interessa, sulle basi del realismo e di un fatalista adeguamento non si costruisce alcuna ipotesi degna di essere vissuta,si sta giocando troppo al ribasso, è il caso di invertire rotta.
Continuiamo a considerare i compagni che cadono nelle maglie del nemico per quello che sono, soggetti attivi nella lotta e nel dibattito,ne martiri ne santini da esporre sugli altarini delle vittime della repressione , consolatorii più per chi li crea che per chi ci finisce. Compagni con cui è necessario solidarizzare attivamente, senza esitazioni, al di là delle peculiarità delle singole progettualità.

INFORMAZIONE-CONTROINFORMAZIONE 

La circolazione di controinformazione e pubblicistica dovrebbe essere un mezzo utile al contatto e allo scambio di prospettive e progetualità, spesso diventa un fine, autoreferenziale e basta.
Ci sono vari ordini di problemi, dagli strumenti che si scelgono per veicolare l’ informazione ed il confronto alle modalità della comunicazione stessa, diretta o mediata da strumenti cartacei o digitali. In altri tempi, benché la pubblicistica anarchica sia sempre stata copiosa nel produrre opuscoli, fanzine o libelli vari, la lamentela più comune era sulla carenza dell’ informazione , ora il problema pare rovesciato ma gli effetti simili,navighiamo in un mare di informazione e di controinformazione che spesso viene assorbita lasciando il tempo che trova o peggio appunto diventa fine piuttosto che mezzo. E’ altresì vero che la comunicazione in digitale offre il fianco più facilmente alle strategie di controllo e repressione, automaticamente tracciabile e perpetuamente monitorabile, , ma questo avviene con qualsiasi strumento.
La rete concede velocità di scambio di informazioni spesso ci fornisce delle panoramiche globali e locali che dovrebbero fornire spunti interessanti , il problema se poi non si concretizzano è solo parzialmente colpa degli strumenti comunicativi/ informatici piuttosto dipende dall’ incapacità o mancata volontà -spesso -di trovarsi, faccia a faccia, sulla stessa strada, in un percorso di lotta.

PROSPETTIVE DI LOTTA
Circoscriverle a priori è difficile, siamo in un campo aperto e le suggestioni sono molteplici, dalla lotta alle nocività alle varie forme di contrasto all’ erosione dei sempre più esigui spazi di libertà individuali e collettivi che il dominio, nelle sue cicliche ristrutturazioni continua ad imporci. Quello che ci interessa in questa sede non è approfondire i possibili campi d’ intervento piuttosto continuare a difendere la validità del metodo- quello anarchico dell’ azione diretta e del rifiuto della delega,il continuare a mantenere fiducia nei propri strumenti e nelle proprie analisi ,senza farsi incantare da sirene quantitative ed improbabili alleanze, senza nascondersi dietro la litania del ”siamo pochi non andiamo da nessuna parte” a cui preferiremmo sostituire un ”benchè in pochi sappiamo riconoscere senza esitazione i sentieri utili da percorrere e suggerirsi a vicenda e gli eventuali compagni di strada”. Non altro.
Per concludere la proposta di discussione è ambiziosa e rischiosa, non vorremmo che sia proprio lo spettro della repressione a tagliare le gambe alla possibilità di confronto, anzi sono proprio le strategie repressive a sciogliere le esitazioni ed a farne percepire la necessità . Discussione non significa necessariamente far confluire tutto nella forma classica assembleare , contenitore sempre più spesso inadeguato, ma riteniamo comunque che un confronto diretto sia fondamentale: la discussione potrebbe prendere la forma di incontri , anche a livello locale precedenti alla presenza al processo, che si terrà comunque a tempi brevi, in autunno, a cui si vorrebbe arrivare concretizzando una buona presenza solidale.

Alcuni anarchici ed anarchiche.


INVITIAMO TUTTI I COMPAGNI A PARTECIPARE ALLA DISCUSSIONE CHE SI TERRA’ DOMENICA 30 GIUGNO ALLE 14:00 A ROMA AL BENCIVENGA15 (VIA BENCIVENGA N.15)

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[Roma] Torre Maura: cocktail bar, cena vegan e proiezione benefit compagni inguaiati

benefitmercwebnuova

 

MERCOLEDI’ 26 GIUGNO 2013
DALLE ORE 19.00

COCKTAIL BAR E CENA VEGAN

BENEFIT PER GIOVANNI E FELIX
AGGREDITI DALLA SBIRRAGLIA INFAME DURANTE UN ATTACCHINAGGIO ANTIELETTORALE

A SEGUIRE PROIEZIONE DEL FILM “COSMOPOLIS” di CRONENBERG

TORRE MAURA OCCUPATA
VIA DELLE AVERLE 10 ROMA

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