Raccolta comunicati solidali con compagne/i arrestati il 3 giugno a Torino

LE LOTTE NON SI ARRESTANO! SOLIDARIETÀ AGLI ARRESTATI DI TORINO
Questa mattina, 3 giugno, è stata effettuata un’enorme operazione repressiva a Torino su mandato del Tribunale di Torino e a firma del pm Rinaudo.
Le forze dell’ordine hanno effettuato in tutto 25 perquisizioni: all’Asilo Occupato, alla casa occupata in via Lanino e in diverse abitazioni. Sono 17 gli arresti di compagni e compagne di cui 12 in carcere e 5 ai domiciliari. Tra loro ci sono Chiara, Claudio e Nico che si trovavano già in carcere.
Alle misure detentive si aggiungono obblighi di dimora, divieti di dimora e obblighi di firma per altre persone a Torino e non solo.
Gli indagati complessivi sono 111 per un’inchiesta che fa riferimento a 27 episodi avvenuti dal 2012 a quest’anno, tutti legati apparentemente alla lotta contro gli sfratti. I reati contestati sono  violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale, aggravati dalla reiterazione, sequestro di persona e tentata estorsione di “proroga”. Nessun reato associativo ma un colpo sferrato ad hoc per punire chi in questi due anni ha lottato nei quartieri di Porta Palazzo e Barriera di Milano rendendo la vita difficile a ufficiali, padroni e polizia.
Sicuramente la logica di questa operazione è ampia e non si ferma alla resistenza contro gli sfratti: i legami con la Val Susa, la solidarietà con i prigionieri No Tav, l’unione di tante lotte e il rafforzamento di molti rapporti in tutta Italia sono nel mirino di Lor Signori che giudicano tutto questo pericoloso per loro e quindi da fermare e sradicare. E che sia un monito esemplare per tutti gli altri.
 Non dimentichiamo tutte le parti coinvolte in questa faccenda: il tribunale di Torino, asservito come sempre ai poteri forti della città; palazzinari, banchieri, cementificatori e il Partito Democratico che ne esprime gli interessi; la polizia, esecutore materiale degli arresti, i media, che producono una narrazione dei fatti favorevole ai loro finanziatori, guarda caso gli stessi prima citati.
Solidarietà, complicità e affetto ai nostri compagni e alle nostre compagne, insieme alla certezza di rivederci presto.
Fabio, Paolo, Andrea, Fra, Michele, Toshi, Daniele, Nicco, Beppe, Chiara, Nico, Claudio, Gabrio, Marco, Marianna, Maria, Simona, Moski, Rasta, Sofia, Davide, Simone, Claudia, Graziano, Pier, Cam, Mattia, Fabi e Sabbo LIBERI E LIBERE SUBITO!
                                
solidali della provincia di Varese


NON SCENDEREMO MAI!
Solidarietà con i compagni arrestati il 3 giugno


Martedì 3 giugno, all’alba, una vasta operazione poliziesco-giudiziaria ha portato a ventinove misure cautelari (11 arresti in carcere, 6 ai domiciliari, 4 obblighi di dimora, 4 divieti di dimora, 4 obbglighi di firma) soprattutto contro compagni e compagne di Torino. Le accuse – violenza, minacce, resistenza, sequestro di persona, tentata estorsione di “proroga”…– sono quasi tutte relative a due anni di lotta contro gli sfratti a Torino, più alcune azioni contro il PD. L’indagine, condotta dall’immancabile Rinaudo, coinvolge 111 persone (principalmente anarchici, ma anche militanti dell’autonomia e proletari che hanno partecipato alla lotta).
Da una prima lettura, questo pesante attacco repressivo sembra porsi diversi obiettivi:
– presentare il conto per due anni di resistenza attiva agli sfratti, colpendo sia i compagni sia le famiglie che hanno partecipato ai picchetti e alle altre pratiche di lotta (barricate in strada, occupazioni, blocchi degli uffici giudiziari);
– colpire (parola dei PM) il “radicamento” dei compagni nei quartieri di Porta Palazzo e Barriera di Milano;
– togliere di mezzo per un po’ un bel numero di anarchici e anarchiche contro cui lo stillicidio di misuere repressive non aveva sortito gli effetti desiderati;
– testare contro una realtà che non accetta mediazioni istituzioanli il “piano casa” del governo Renzi, in vista di altre operazioni contro chi occupa e resiste;
– arrestare preventivamente un po’ di guastafeste in vista dell’11 luglio a Torino (giornata che si annuncia “calda”);
– indebolire la solidarietà in città verso i quattro compagni arrestati con l’accusa di aver attaccato il cantiere del TAV in Valsusa (Nico, Claudio e Chiara, in carcere dal 9 dicembre, sono stati raggiunti da questi nuovi mandati di arresto), visto che il processo contro di loro è appena cominciato;  
– eseguire gli ordini dei palazzinari; 
– assecondare le pressioni del PD, infastidito dalle numerose azioni contro le sue sedi e dalle ripetute contestazioni in piazza.
Per quanto riguarda i compagni Torino, l’intento della magistratura si può così sintetizzare: “Liquidateli tutti”.
Come si vede, i piani su cui la solidarietà può esprimersi e indirizzarsi sono vari e intrecciati fra loro.
Ai nostri amici e compagni e a tutti gli indagati va tutta la nostra complicità.
Che i compagni a piede libero non siano lasciati soli.
Che i compagni detenuti sentano il calore della solidarietà.
La miglior difesa è l’attacco. Che l’azione dilaghi.

Fabio, Paolo, Andrea, Fra, Michele, Toshi, Daniele, Nicco, Beppe, Chiara, Nico, Claudio, Gabrio, Marco, Marianna, Maria, Simona, Moski, Rasta, Sofia, Davide, Simone, Claudia, Graziano, Pier, Cam, Mattia, Fabi e Sabbo LIBERI E LIBERE SUBITO!


anarchiche e anarchici di Rovereto e Trento 



LA DEMOCRAZIA SENZA IL DOPPIOPETTO

MA NOI SIAMO PIÙ FORTI

Udine, mercoledì 4 giugno 2014


Ieri, martedì 3 giugno 2014, i pubblici ministeri Pedrotta e Rinaudo (già celebre servo della mafia del TAV e persecutore del movimento valsusino) in complicità con i loro camerati della digos e dei carabinieri hanno sgomberato lo Spazio Anarchico Libreria Bar Rabél di via Gaudenzio Ferrari a Torino e hanno effettuato 25 perquisizioni in Piemonte e in particolare a Torino, tra cui quelle dell’Asilo Occupato e dell’occupazione abitativa di via Lanino, oltre alla notifica e all’esecuzione di 11 arresti, 6 arresti domiciliari, 4 obblighi di dimora, 4 divieti di dimora e 4 obblighi di firma, 111 indagati per sequestro di persona (per aver accerchiato un infame ufficiale giudiziario durante uno sfratto), estorsione (per avergli chiesto di estrarre dalla fondina e consegnare la propria penna), danneggiamento, resistenza a pubblico ufficiale, oltraggio a pubblico ufficiale, minacce, occupazione di edifici, per aver resistito agli sfratti, per aver organizzato dei picchetti all’occupazione della sede degli ufficiali giudiziari, per aver fatto dei cortei spontanei, per aver attaccato le sedi del PD, per aver lottato contro la speculazione edilizia, per aver combattuto sostanzialmente contro lo stato borghese in tutte le sue forme.

Solidarietà a tutt* le/gli arrestat* e le/gli indagat*!

Il carattere così diversificato delle accuse mosse alle/ai compagn* inquisiti dovrebbe mostrare, anche a chi non l’avesse ancora voluto capire, che la democrazia e il fascismo sono il doppiopetto e il manganello di uno stesso potere, sempre della borghesia: il crimine di cui sono responsabili le vittime della repressione in ultima analisi è semplicemente quello di essere anticapitalist*, antifascist*, anarchiche/anarchici e antiautori*. Come coniugare, come unire, altrimenti reati come l’occupare una casa o insultare giustamente un agglomerato di sterco in uniforme? Che cos’è che può legare le pratiche antagoniste se non la condivisione di determinati convincimenti ideologici, cioè il rifiuto di riconoscere lo stato ed il capitale? E quindi è proprio il pensiero discordante dal liberismo che quest’operazione repressiva va a colpire. Noi non ci indigniamo, non pensiamo che dai tribunali possa uscire la giustizia né che l’autorità non dovrebbe colpire chi lotta per la libertà e la giustizia sociale. La democrazia non può tollerarci, non può tollerare le/i nemiche/nemici della democrazia, o soccomberebbe con i suoi privilegi. La democrazia non può essere ciò che vorrebbe fingersi, o soccomberebbe.

Tutto questo è perfettamente normale. Davanti a ciò non facciamo altro che confermare il nostro odio verso il dominio e assicurare a lor signori, sbirri, politici e magistrati, che la lotta continuerà e anzi sarà sempre più dura.

Perché l’insegnamento di ieri e di sempre è che solo la lotta paga.

Perché dopo ore di resistenza sul tetto gli sbirri si sono ritirati dall’Asilo Occupato e anche dall’occupazione abitativa di via Lanino.

LIBERTÀ PER TUTT*!

Collettivo Makhno



RIBALTIAMO QUESTO MONDO

:::Dove stare insieme oggi? Dove potersi incontrare e riconoscere, nel gioco, nel dolore, nella resistenza? Non più i quartieri, non più la grande fabbrica, non più piazze e università di massa. La vita nelle grandi metropoli si è fatta decisamente più alienante e disgregata […] Il centro e i suoi dispositivi di potere e controllo si diramano molto più capillarmente lungo le periferie, pronti a spezzare ogni episodio di incontro e assembramento abitativo Altro.:::

Martedì 3 giugno, Torino.
111 indagati, 29 misure cautelari, 11 compagn* in carcere, 6 ai domiciliari, 4 obblighi di dimora, 4 divieti di dimora, 4 obblighi di firma. Questi i numeri della maxi operazione messa in campo dal solito Rinaudo contro la lotta agli sfratti nella città di Torino. Lotta che negli ultimi due anni ha caratterizzato la vita quotidiana di molti compagni e compagne e non solo.
In contemporanea, a Roma, viene sgomberata l’occupazione di Torre Spaccata, uno stabile riaperto nello  Tsunami Tour del 9 aprile scorso.
Le due operazioni si svolgono a centinaia di chilometri di distanza ma nonostante ciò l’attacco è chiaro e netto: esistono oggi territori di conflitto reali e concreti e prima che lo scontro assuma una consistenza incontrollabile occorre sgomberare il campo da ogni possibile resistenza. La questione dell’abitare è uno di questi territori. Ognuno sceglie le proprie modalità di lotta ma tutti subiscono la stessa sorte.
Questa volta nessun reato associativo, ma un attacco diretto a tutti quelli e quelle che hanno scelto di lottare.
Comuni pratiche di lotta vengono criminalizzate al fine di sgomberare la città di Torino da presenze scomode in vista delle prossime date di lotta e di asciugare quel mare in cui nuota chi lotta quotidianamente.
Quando siamo seduti a un tavolo, con la calma di chi di questo mondo è solo un ospite, le idee si scontrano e le differenze diventano evidenti e insormontabili. Ma spesso nella lotta tutto tende a sfumare, per fortuna. E allora questa operazione colpisce tutti quei solidali e quelle solidali incontrate nelle lotte contro gli sfratti che hanno scandito gli ultimi due anni. Quei solidali e quelle solidali che spesso sono presenti anche nelle mobilitazioni contro il carcere e i Cie. Quei solidali e quelle solidali che in carcere e nei Cie ci finiscono sempre più spesso.

:::Se ripensiamo a tutti gli incontri avvenuti con i reclusi del Cie e contiamo chi è rimasto, un dato appare subito lampante. Quelli rimasti tra noi a lottare, o comunque che ancora vediamo e frequentiamo, sono quelli che ad un certo punto hanno occupato casa insieme a noi. Questo è accaduto a Milano, in maniera più sporadica, ma soprattutto questo sta accadendo a Torino.
L’arrivo degli Harraga a Torino e l’esistenza di un luogo altro dal centro, una casa occupata, disposto ad ospitarli, ha messo in moto qualcosa di importante. La scelta di occupare insieme una casa di ringhiera in piena Porta Palazzo ha fatto il resto. Una porta si è aperta nel margine, varcarne la soglia è entrare in un territorio nuovo. Di qui in poi gli incontri si sperimentano quotidianamente, in tutta la loro “durata”.:::


L’esperimento è coraggioso. Occupare, occupare e ancora occupare. E resistere, con ogni mezzo necessario sperimentando nella pratica l’autorganizzazione.
Compagni e compagne vengono da molte città per sostenere l’appuntamento dell’ultimo martedì di ogni mese. Il sito macerie.org ne riporta le cronache appassionate condite da episodi di resistenza quotidiani portati avanti in varie zone della città. Per due anni molte famiglie, molti uomini e donne hanno trovato un tetto sotto cui vivere e delle persone solidali con cui condividere un pezzo della loro vita.
Ed è proprio questo l’obiettivo di questa operazione. Ci diciamo spesso che alla repressione si risponde con la solidarietà. Ma se fosse la repressione a colpire proprio quelle solidarietà che vede organizzarsi? E allora la memoria non può non provare a ricordare tutto quello che è successo nel corso degli anni. Chiunque abbia percorso anche solo un passo verso un altro modo di vivere è stato colpito con durezza e fermezza. Inutile elencarle tutte, chiunque, negli ultimi anni, ha imparato a conoscere le mosse del nemico e tutti e tutte noi ora sappiamo che il carcere e la follia dei tribunali non sono poi così lontani dalla nostra quotidianità.
Ci siamo organizzati, ma non è ancora abbastanza.
Il giorno stesso, dopo la notizia degli arresti e quella dello sgombero un corteo molto partecipato ha attraversato una parte della città di Roma gridando a gran voce per la libertà di tutti e tutte e mentre la cronaca quotidiana si riempie della retorica sulla corruzione e la malapolitica, discorsi alieni a chi lotta veramente, i volti dei poliziotti che circondano, nel vero senso della parola, la nostra vita, si fanno sempre più minacciosi e odiosi.
Ce l’hanno con chi si schiera apertamente da una parte della barricata. La guerra è aperta e chi ancora si rifiuta di vederla non fa altro che il gioco di questo governo e di tutti quei bravi cittadini indignati che il 15 ottobre 2011 davano dei fascisti a chi aveva deciso di non stare più al gioco della democrazia.

Un’ultima parola su tutti quegli strumenti giudiziari che si affiancano al carcere e i domiciliari. Mai come negli ultimi tempi abbiamo visto un fiorire di misure alternative. Misure che spesso rivelano la loro efficacia proprio per il fatto di essere sottovalutate. Obblighi di dimora e divieti di dimora, firme, avvisi orali e quant’altro sembrano essere misure di minore impatto. Misure economiche per lo stato che praticamente reprime a costo zero ma che vanno a incidere proprio su quei legami di lotta solidali che sono una delle armi più importanti a nostra disposizione.
Le nostre relazioni e le vite che pratichiamo sono già quello che vogliamo e proprio per questo sono la cosa più pericolosa per chi vuole che tutto resti uguale. Sono già quell’essere nel mondo che è semplicemente ingovernabile. Solidarietà allora non è solo combattere la macchina della repressione ma è anche e soprattutto costruire quei legami e quelle complicità che trasformano ogni momento della nostra quotidianità in terreno di conflitto.

:::Da questo punto di vista la casa può essere qualcosa di più di un diritto negato, può essere un punto di partenza, un campo di riappropriazione aperto laddove l’espropriazione si fa più insopportabile, una posizione da cui cercare di costruire uno spazio mancante.
Durante la difesa delle case di ognuno di noi, facendo la spola tra un picchetto antisfratto e una casa sotto sgombero, impariamo l’esistenza di uno spazio altro che comprende tutte le nostre case. In questo modo da difensiva la nostra lotta diventa una lotta offensiva ed espansiva, capace di estendere i confini di “casa” e non solo di difenderli.
Qui sta il baricentro di questa lotta, nella creazione di uno spazio di resistenza comune.:::


Questa la nostra idea di solidarietà.
Questa la nostra idea di lotta.

Solidarietà a tutti gli/le indagat*
Libertà per tutti e tutte
Compagni e compagne di Roma


[I paragrafi tra i ::: fanno parte di alcune riflessioni scritte da un compagno attualmente detenuto]

Roma, 5 giugno 2014



Solidarietà incondizionata
note sulla repressione a Torino


“Se le scintille che fanno esplodere la polveriera non sono
in genere avvenimenti eccezionali, ma fatti purtroppo relativamente comuni, come l’uccisione
di un ragazzo da parte della polizia, non si può ignorare che questi episodi gettano benzina su
braci accese che da tempo ardono nascoste.
Sentirne la temperatura per tempo ci consentirà allora
di non farci trovare impreparati, affacciati alla finestra e per di più sulla piazza sbagliata.”
Tratto da “La casa è di chi la abita”


All’alba della mattina di martedì 3 Giugno, nella città di Torino, un manipolo di sbirraglia si è presentato all’Asilo Occupato, alla casa occupata di Via Lanino e in abitazioni private per eseguire 29 misure cautelari, delle quali 11 con detenzione carceraria (tra cui Nicco, Claudio e Chiara già in carcere in regime di Alta Sorveglianza per l’accusa di terrorismo nella lotta No Tav) e per indagare 111 fra compagne, compagni e chi resiste agli sfratti e alla polizia in strada, non solo a Torino ma anche di altre città. I reati contestati sono violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale, aggravati dalla reiterazione, sequestro di persona e tentata estorsione di “proroga”. Tutte accuse per colpire la lotta contro gli sfratti nel corso degli ultimi due anni avvenuta tra Porta Palazzo e Barriera di Milano. Le compagne e i compagni tratti in arresto e portati in carcere sono definiti “pericolosi soggetti sociali” e questo giustifica la detenzione preventiva, secondo lorsignori…
Tutto questo enorme castello repressivo viene attivato per fermare una determinata lotta che ha creato non pochi problemi al maggior partito della città piemontese, cioè quello della polizia, e a banchieri targati Intesa-San Paolo e padroni di tutte le risme.
Non ultimo per ordine di importanza, anche questa inchiesta vede in campo Rinaudo, si proprio lui, il non tanto giovane rampollo della potente procura di Torino, in campo anche nel reprimere lotte come quella No Tav o contro i CIE.
Quello che balza subito all’occhio dopo l’ondata di arresti è la dispersione premeditata fatta dal potere nel portare i compagni in diversi carceri, con il fine di spezzare solidarietà interna alle mura e esterna in strada; undici detenzioni e nove carceri sparpagliati con Le Vallette, carcere di Torino, minimamente toccato da questa ondata di arresti. Qualcuno nei piani alti si ricorda ancora, forse, il presidio risoluto del 14 dicembre scorso, quando in gabbia a Torino c’erano Claudio, Mattia, Nicco e Chiara a cinque giorni dall’arresto del 9 dicembre e tutta la solidarietà mostrata nel corso di questi mesi ovunque? Noi crediamo proprio di si…
Questa operazione non riguarda solamente la vitale lotta contro gli sfratti, ma, non ci vuole molto a capirlo, cerca anche di zittire e fiaccare altre lotte presenti in città, portate avanti da compagne e compagni generosi a Torino: la lotta contro l’alta velocità e la solidarietà ai 4 accusati di terrorismo, la lotta contro il CIE di Via Brunelleschi, la lotta contro il carcere e lotta contro ogni fascismo, tema purtroppo ancora caldo dopo la coltellata di un nazi, coperto da altri cinque, rifilata domenica sera ad un individuo che aveva “segni visibili” di essere un compagno.
Ma c’è di più… Questo ennesimo tentativo di colpire individui che lottano contro l’esistente, tentando la via del concorso e non dei reati associativi (dopo che quest’ultima accusa è andata male anche nei processi contro i compagni anarchici di Bologna e Trento), viene fatto per spezzare relazioni variegate intercorse, dove la mediazione dello Stato non è più la base per costruire le proprie vite, dove il contratto sociale che nessuno ha mai firmato con qualsiasi autorità viene disatteso continuamente, dove la becera dicotomia fra legale e illegale viene negata dalla scelta individuale e collettiva di dare un’intensità altra alle proprie vite, che è in antitesi con un’esistenza fatta di sfratti, alta velocità, razzismo e gabbie.
Se tutto questo viene attaccato, nessuno può rimanere fermo a guardare, perché con questo atto vengono attaccate tutte le passioni di vivere un vita realmente vissuta senza sbirri, senza Stato, senza autorità, senza galere e senza questo mondo dominato dalla merce.
Un caldo abbraccio a Fabio, Paolo, Andrea, Fra, Michele, Toshi, Daniele, Nicco, Beppe, Chiara, Nico, Claudio, Gabrio, Marco, Marianna, Maria, Simona, Moski, Rasta, Sofia, Davide, Simone, Claudia, Graziano, Pier, Cam, Mattia, Fabi e Sabbo.
Libere/i tutte/i  e subito!                                                                                  

arrabbiati da Cremona



Le maglie strette del nemico.

Si sa, quando lo stato teme, reprime con durezza e stringe le maglie.  Da mesi, ormai, assistiamo giornalmente ad azioni repressive contro le compagne e i compagni in lotta. Più la solidarietà è attiva, presente e continua, più il potere trema. 
Quando ha paura però colpisce duro, inventa nuovi capi d’imputazione, modifica leggi, applica misure restrittive
pesanti, fa scontare residui di pena a compagni già fuori, si accanisce con rabbia perché l’evidenza è un’altra: non ci sono solo i compagni che si battono sempre e comunque, anche la coscienza e la consapevolezza tra le persone riguardo ad una società opprimente ed oppressiva è ormai alta e diffusa. Gli arresti degli ultimi giorni, troppi, dalla Toscana al Piemonte, rappresentano l’ennesima rappresaglia dello stato che, con una logica idiota e datata, crede che colpendo alcuni compagni, il movimento si plachi.
Non è così, non lo è mai stato e non accadrà ora. Noi ci siamo, e queste azioni repressive non sono che la conferma che ci si muove nella giusta direzione; per cui, più che mai uniti, mandiamo la nostra solidarietà a tutti i compagni e le compagne in carcere, o raggiunti/e da misure cautelari, obbligo di firma o di dimora, divieti di dimora e fogli di via. 

Tenete duro!

Individualità anarchiche e femministe apuane.


… ALTRI 111 BUONI MOTIVI PER OCCUPARE!!!

Il 3 giugno si è consumato l’ennesimo attacco repressivo contro i movimenti di lotta per la casa, con più di 100 compagn* indagat* e 29 misure cautelari.
La sproporzione tra i fatti e le accuse mosse è tanto evidente quanto ormai è chiara la strategia che da tempo viene portata avanti nel vano tentativo di stroncare le lotte. Si ricorre infatti al lancio di accuse abnormi (come già
successo per esempio a seguito della manifestazione a Roma del 15 ottobre 2011 o dei/delle militanti No Tav accusat* di terrorismo…) per intimidire i movimenti, rinchiudere i/le compagn* o limitarne la libertà, cercando di delegittimare mediaticamente ed indebolire le lotte sociali.
Ecco come forme di opposizione radicale agli sfratti e di resistenza agli sgomberi di spazi liberati vengono deformate in accuse grottesche, imbastite per il solo scopo di conquistare qualche pagina sui giornali in un’operazione di totale asservimento ad una gestione padronale della crisi che necessita di feroci mezzi repressivi per continuare ad imporre misure di austerity ed impoverimento sociale.
Vogliamo ridurre la distanza geografica che rende difficile una solidarietà diretta, con una totale vicinanza e complicità negli intenti: perciò, come suggerito anche dai/dalle compagn* di Torino, la nostra risposta  immediata sarà quella di continuare a batterci con sempre maggiore determinazione contro ogni politica di precarizzazione dell’esistente e perché il diritto alla casa sia riconosciuto a tutti/e.

“Ci arrestano a Torino, rispondiamo ovunque”

SEMPRE SOLIDALI E COMPLICI

Fabio, Paolo, Andrea, Fra, Michele, Toshi, Daniele, Nicco, Beppe, Chiara,
Nico, Claudio, Gabrio, Marco, Marianna, Maria, Simona, Moski, Rasta, Sofia,
Davide, Simone, Claudia, Graziano, Pier, Cam, Mattia, Fabi e Sabbo LIBERI E
LIBERE SUBITO!

Rete di lotta per la casa Emilia Romagna



Segue il testo di uno dei volantini distribuiti durante il corteo selvaggio svoltosi a Lecce il 4 giugno in solidarietà con gli arrestati ed inquisiti dalla procura di Torino il 03 giugno:

Non lasciamo solo chi lotta


Non potete fermare il vento, potete solo fargli perdere tempo

Ieri, 3 giugno, 111 compagni sono stati inquisiti, tra cui 29 anarchici che sono stati colpiti da misure restrittive: in carcere, ai domiciliari, con obblighi e divieti di dimora. Sono state effettuate varie perquisizioni in alcune città italiane, in particolare a Torino dove l’Asilo occupato ha subito la solita violenza poliziesca. Il motivo è la lotta contro gli sfratti, attraverso picchetti, blocchi ed altro, ma soprattutto le modalità con cui questa è stata portata avanti. Ogni volta che lo Stato deve far fronte alla ribellione di chi non è disposto a subire lo sfruttamento e la miseria della quotidianità con metodi radicali ed efficaci, si inasprisce la repressione. Tutto ciò avviene tramite castelli accusatori fantasiosi ed il tentativo di infliggere pene severe. Nonostante spesso queste accuse cadano nelle sedi processuali, lo scopo è quello di rallentare la lotta, privando i compagni della libertà di agire. Queste intimidazioni, piuttosto che fare da deterrente, saranno una spinta in più per chi riconosce in sbirri, magistratura e partiti, gli strumenti dell’oppressione da combattere quotidianamente.
                            
anarchici

Fip via dei Padalino, Rinaudia 04/06/2014

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