Roma – Sgombero di via Giusti 13: arresti, denunce e un cane ammazzato a calci

da anarchaos

Non ci sono proprio più i fascisti di una volta! Quelli che mettevano le bombe alle stazioni e difendevano il loro territorio con spranghe e coltelli…I “fascisti del terzo millennio” sono dei cagasotto amici della polizia!

Il 12 ottobre è stata occupata una palazzina abbandonata in via Giusti 13, a Roma. Una occupazione a scopo abitativo, la sola natura politica era in realtà nella scelta di classe di dare una casa ai tanti senzatetto del quartiere Esquilino, ma non si proponeva dichiaratamente altre intenzioni. Una occupazione nata nel contesto del movimento del 19 ottobre per la casa.
Ma a Piazza Vittorio i proletari che non sono “musi bianchi” devono dormire per strada, perché è il quartire di Casapound. Che i cagasotto del terzo millennio non avessero gradito si era capito subito, dalle minacce e provocazioni quotidiane.
Il primo novembre però hanno alzato il tiro, occupando un edificio a pochi metri di distanza. Un modo per costringere la polizia ad intervenire per problemi di ordine pubblico. Alla faccia dell’Onore e della Gloria di cui queste merde fanno vanto, una vera e propria supplica alla polizia per liberare il quartire loro, loro perché Alemanno glie lo ha regalato.
Che la loro fosse una occupazione kamikaze si è visto il 4 novembre: quando sono arrivati gli sbirri se ne sono andati via pacifici a braccetto col le guardie.

Diverso è stato il caso in via Giusti 13. Li la polizia non ha nemmeno annunciato lo sfratto: ha svegliato tutti con i colpi di accetta alla porta e con i lacrimogeni alle finistre. Entrata ha sfasciato tutto. Ha persino ammazzato un cane a calci.

La “proprietaria” del cane era una ragazzina figlia di migranti che  viveva anche lei con la sua famiglia nell’occupazione. Anche lei è stata portata in questura, disperata come possiamo solo immaginare, non è stata trattata da minorenne ma come tutti gli altri.
Il bilancio duro è di 19 compagni fermati per tutta la giornata e denunciati per resistenza, lancio di oggetti, occupazione e lesioni. Due di questi arrestati. Sono stati liberati il giorno dopo e rinviati a processo per direttissima

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Dichiarazioni di Alfredo Cospito e Nicola Gai al processo per il ferimento dell’A.D. di Ansaldo Nucleare

Riceviamo e pubblichiamo le dichiarazioni dei compagni  Alfredo Cospito e Nicola Gai alla prima udienza (30 ottobre 2013) del processo per il ferimento dell’A.D. di Ansaldo Nucleare.

Dal ventre del Leviatano

 
«… i sogni sono da realizzarsi qui nel presente e non in un ipotetico futuro, dato che l’avvenire l’hanno sempre venduto i preti di qualsiasi religione o ideologia per poterci impunemente derubare. Vogliamo un presente che meriti di essere vissuto e non semplicemente sacrificato ad attesa messianica di un futuro paradiso terrestre. Abbiamo per questo voluto parlare in concreto di un’anarchia da realizzare ora, non domani. Il “tutto e subito” è una scommessa, una partita che ci giochiamo dove la posta in gioco è la nostra vita, la vita di tutti, la nostra morte, la morte di tutti…»
Pierleone Mario Porcu
 
 
 
 
«La scienza è l’eterno olocausto della vita fugace, effimera, ma reale, sull’altare delle eterne astrazioni. Ciò che predico è quindi, la rivolta della vita contro il governo della scienza.»
Michail Bakunin
 
 
 
 
«Mentre l’uomo si pavoneggiava e faceva il dio, un’imbecillità si abbatteva su di lui. Le tecniche erano innalzate al supremo rango e, un volta ispallate sul trono gettavano le loro catene sulle intelligenze che le avevano create. »
Edgar Allan Poe
 
 
 
«L’impero fondato sul niente nel quale regni sovrano sta crollando. Non riesce a sorreggere il peso della verità. Ti consiglio una dose massiccia di vita. Ti consiglio una dose massiccia di vita! Almeno così potrai dire di averla vissuta.»
Congegno
 
 
«Bastardi… so chi vi manda!!!»
Roberto Adinolfi
 
 

In una splendida mattina di maggio ho agito ed in quelle poche ore ho goduto a pieno della vita. Per una volta mi sono lasciato alle spalle paura e autogiustificazioni e ho sfidato l’ignoto. In una Europa costellata di centrali nucleari, uno dei maggiori responsabili del disastro nucleare che verrà è caduto ai miei piedi. Voglio essere molto chiaro: il nucleo Olga FAI/FRI siamo solo io e Nicola. Nessun altro ha partecipato, collaborato,  progettato tale azione; nessuno era a conoscenza del nostro progetto. Non permetterò che il mio agire, per distogliere l’attenzione dal vero obiettivo dell’azione venga messo in un osceno assurdo calderone massmediatico e giuridico fatto di “eversione dell’ordine democratico”, “associazione sovversiva”, “banda armata”, “terrorismo”; frasi vuote in bocca a giudici e giornalisti.
Sono anarchico antiorganizzatore perchè contrario ad ogni forma di autorità e costrizione organizzativa. Sono nichilista perchè vivo la mia anarchia oggi e non nell’attesa di una rivoluzione che, se pure verrà, creerà solo nuova autorità, nuova tecnologia, nuova civiltà. Vivo la mia anarchia con naturalezza, gioia, piacere, senza alcuno spirito di martirio, opponendo tutto me stesso a questo esistente civilizzato che mi è insopportabile. Sono antisociale perchè convinto che la società esiste solo sotto il segno della divisione tra dominanti e dominati. Non aspiro ad alcuna futura “paradisiaca” alchimia socialista, non ripongo fiducia in nessuna classe sociale; la mia rivolta senza rivoluzione è individuale, esistenziale, totalizzante, assoluta, armata. In me non vi è alcuna traccia di superomismo, nessun disprezzo nei confronti degli oppressi, del “popolo”, convinto che, come dice un detto orientale: “non bisogna disprezzare il serpente perchè non ha le corna; un giorno potrebbe trasformarsi in drago!” Allo stesso modo uno schiavo può trasformarsi in un ribelle, un solo uomo, una sola donna farsi incendio devastante. Con tutte le mie forze disprezzo i potenti della terra, siano essi politici, scienziati, tecnocrati, capipopolo, leader di ogni risma, burocrati, capi militari e religiosi. L’ordine che voglio abbattere è quello della civilizzazione che giorno dopo giorno distrugge tutto ciò per il quale vale la pena vivere. Stato, democrazia, classi sociali, ideologie, religioni, polizia, eserciti, il vostro stesso tribunale sono ombre, chimere, ingranaggi, tutti sostituibili, di una megamacchina che tutto comprende. La tecnologia un giorno farà a meno di noi trasformandoci tutti in automi sperduti in un panorama di morte e desolazione. Quel sette maggio del 2012 per un momento ho gettato sabbia nell’ingranaggio di questa megamacchina, per un momento ho vissuto a pieno facendo la differenza. Quel giorno non era una vecchia Tokaref la mia arma migliore, ma l’odio profondo, feroce che provo contro la società tecno-industriale. Ho firmato l’azione come FAI/FRI perchè mi sono innamorato di questa lucida “follia” fattasi concreta poesia, a volte brezza, a volte tempesta, che soffia caotica per mezzo mondo, imperterrita, improbabile, contro ogni legge, contro ogni “buon senso”, contro ogni ideologia, contro ogni politica, contro scienza e civilizzazione, contro ogni autorità, organizzazione e gerarchia. Una visione dell’anarchia concreta che non prevede teorici, dirigenti, leader, quadri, soldati, eroi, martiri, organigrammi, militanti e tanto meno spettatori. Per anni ho assistito all’evoluzione di questa nuova anarchia rimanendo di fatto solo spettatore. Per troppo tempo sono rimasto a guardare. L’anarchia se non si fà azione rigetta la vita diventando ideologia, merda o poco più, nel migliore dei casi sfogo impotente per uomini e donne frustrati.
Decisi di passare all’azione dopo il disastro nucleare di Fukushima. Davanti a fatti così grossi troppo spesso ci si sente inadeguati. L’uomo primitivo fronteggiava i pericoli, sapeva come difendersi. L’uomo moderno, civilizzato davanti alle costruzioni-costrizioni della tecnologia è inerme. Come pecore che cercano protezione nel pastore che le macellerà, così noi civilizzati ci affidiamo ai sacerdoti laici della scienza, gli stessi che ci stanno lentamente scavando la fossa. Adinolfi lo abbiamo visto sorridere sornione dagli schermi televisivi atteggiandosi a vittima. Lo abbiamo visto dare lezioni nelle scuole contro il “terrorismo”. Ma io mi chiedo cos’è il terrorismo? Un colpo sparato, un dolore intenso, una ferita aperta o la minaccia incessante continua, di una morte lenta che ti divora da dentro. Il terrore continuo, incessante, che una delle sue centrali nucleari ci vomiti addosso da un momento all’altro morte e desolazione. L’Ansaldo Nucleare e Finmeccanica hanno enormi responsabilità. I loro progetti continuano a seminare morte dappertutto, ultimamente si parla di possibili investimenti nel raddoppio della centrale di Kryko in Slovenia a due passi dall’Italia, zona a grande rischio sismico. In Cernadova, Romania, dal 2000 ad oggi, diversi sono stati gli incidenti procurati della dabbenaggine dell’Ansaldo durante la costruzione di una loro centrale. Quante vite spezzate? Quanto sangue versato? Tecnocrati di Ansaldo e di Finmeccanica dal sorriso facile, dalla coscienza “pulita”, il vostro “progresso” puzza di carogna, la morte che seminate per il mondo grida vendetta. Sono tanti i modi di opporsi concretamente al nucleare, blocchi dei treni che trasportano scorie, sabotaggi ai tralicci che trasportano energia elettrica prodotta dall’atomo. A me venne in mente di colpire il maggiore responsabile di questo scempio in Italia: Roberto Adinolfi amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. Ci volle poco a scoprire dove abitava, cinque appostamenti bastavano. Non c’è bisogno di una struttura militare, di un’associazione sovversiva o di una banda armata per colpire, chiunque, armato di una salda volontà può pensare l’impensabile e agire di conseguenza. Avrei fatto tutto da solo, sfortunatamente avevo bisogno di aiuto per la moto; chiesi a Nicola, feci appello alla sua amicizia, non si tirò indietro. La pistola la comprai al mercato nero, trecento euro. Non servono infrastrutture clandestine o grandi capitali per armarsi. Partimmo in auto da Torino la notte prima. Tutto filò liscio o quasi, Nicola alla guida, io colpii esattamente dove avevamo deciso di colpire. Un colpo preciso, la mia corsa verso la moto e poi l’imprevisto, l’urlo pieno di rabbia di Adinolfi, la frase urlata che mi immobilizzò facendomi perdere prezziosi secondi: “bastardi! …so chi vi manda!!!” in quel preciso momento ebbi lacertezza assoluta di aver colpito nel segno, pienamente cosciente del letamaio in cui avevo messo le mani; interessi milionari, finanzia internazionale, la politica e il potere, fango e letame. Quei secondi “rubati” permisero ad Adinolfi di leggere una parte della targa, che per inesperienza non avevamo coperto. Grazie a quei numeri risalirono alla moto e dalla moto alla telecamera.
Non basterà certo la condanna di questo tribunale a fare di noi i cattivi terroristi e di Adinolfi e Finmeccanica i benefattori dell’umanità. È arrivato il momento del grande rifiuto, rifiuto fatto di pluralità di resistenze, ogniuna delle quali è un caso speciale; alcune sono possibili, necessarie, improbabili; altre sono spontanee, selvagge, solitarie, concertate, prorompenti o violente. La nostra è stata solitaria e violenta. Ne è valsa la pena? Si! Fosse solo per la gioia che abbiamo provato nella’apprendere del sorriso di sfida che Olga Ikonomidou, coraggiosa sorella della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, in una cella di isolamento di un carcere greco, alla notizia della nostra azione ha gettato in faccia ai suoi carcerieri. Sono felice di essere quel che sono, un uomo libero, anche se “momentaneamente” in catene. Non posso lamentarmi più di tanto visto che la stragrande maggioranza della “gente” le catene le ha ben piantate nel cervello. Nella mia vita ho sempre cercato di fare quello che reputavo giusto e mai quello che conveniva. Le mezze misure non mi hanno mai convinto. Ho amato molto. Ho odiato molto. Proprio per questo non mi arrenderò alle vostre sbarre, divise, armi. Mi avrete sempre come irriducibile, fiero nemico. Non sono solo. Glia anrachici non sono mai soli, solitari a volte, ma mai soli. Mille progetti nella testa, una speranza nel cuore che continua a vivere sempre più, salda e sempre più condivisa; concreta prospettiva che “rischia” di cambiare la faccia dell’anarchia nel mondo. Piccoli, grandi smottamenti che un giorno scateneranno un cataclisma, ci vorrà tempo, non importa, per adesso mi godo il terremoto scatenato in me da tutta questa voglia di gioire e lottare.
Concludo con una citazione di Martino (Marco Camenish) guerriero mai piegato, per il suo profondo amore per la vita da più di vent’anni prigioniero, rinchiuso oggi in un asettico carcere svizzero, faccio mie queste sue parole:
«… il coraggio di pensare le cose fino in fondo, trasgredire il divieto di polizia tecnologica del “impossibile” o dell’“inconcepibile”, di pensare altro e in altro modo agendo di conseguenza. Solo questo può condurci fuori dalla tiepida brodaglia tossica della modernità nei luoghi dove niente e nessuno ci guiderà nel luogo senza sicurezze, nel luogo della responsabilità in prima persona per la non-sottomissione con tutte le sue conseguenze. La libertà è dura e pericolosa e non c’è vita senza la morte. Per timore della vita spesso ci rassegnamo in schiavitù all’annientamento.»

Morte alla civilizzazione
Morte alla società tecnologica
Lunga vita alle CCF
Lunga vita alla FAI/FRI
Viva l’internazionale nera!
Viva l’anarchia!!

Alfredo Cospito

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«Nessuno, mi può giudicare
Nemmeno tu
La verità ti fa male lo so.»
C. Caselli

Poche parole per affermare alcuni semplici dati di fatto prima che la “verità” venga stabilita in sede processuale; nel caso non fosse chiaro il termine “verità” l’ho usato con un’accezione ironica, infatti non riconosco altro tribunale al di fuori della mia coscienza. Gli unici responsabili di quanto avvenuto a Genova, il 7 maggio 2012, siamo io ed Alfredo. Nessun altro, tra amici e compagni, era al corrente di quanto stavamo progettando e poi abbiamo realizzato. Per quanto scaviate nelle nostre vite e nelle nostre relazioni per cercare altri complici del “misfatto” non potrete dimostrare il contrario, certamente ci proverete, ma in tal caso non si tratterà che di falsità e del tentativo di incastrare qualche nemico dell’esistente. Capisco che per chi ha dedicato la sua vita a servire l’autorità non sia facile arrendersi all’idea che due individui, armati solo della propria determinazione, possano decidere di provare ad inceppare gli ingranaggi del sistema tecno-industriale invece di contribuire, disciplinatamente, a farli girare, ma le cose stanno semplicemente così. Dopo anni passati ad assistere alla sistematica distruzione della natura e di tutti gli aspetti che rendono la vita degna di essere vissuta ad opera del mai troppo decantato sviluppo tecnologico. Anni trascorsi a seguire con interesse, ma sempre da spettatore, le esperienze di quei ribelli che, anche in questo mondo che sembra pacificato continuano ad alzare la testa per affermare la possibilità di una vita libera e selvaggia. Dopo il disastro di Fukushima, quando Alfredo mi ha proposto di aiutarlo nella realizzazione dell’azione contro l’ing. Adinolfi, ho accettato senza esitazione. Finalmente potevo manifestare concretamente il mio rifiuto per il sistema tecno-industriale, smetterla di partecipare a proteste simboliche che troppo spesso non sono altro che manifestazioni di impotenza. Nessuno con un minimo di ragionevolezza può illudersi che l’esito di un referendum o le cialtronerie di qualche guru della green economy possano cancellare, anche solo, gli aspetti intrinsecamente più nefasti del mondo in cui siamo costretti a vivere. È sotto gli occhi di chiunque voglia vedere che Finmeccanica, con la sua controllata continua a produrre armi di distruzione di massa; semplicemente lo fa fuori dai confini italiani, come se le radiazioni rispettassero quelle infami barriere. In Romania (Cernadova, sfortunata località, nota principalmente per gli innumerevoli incidenti accorsi alla centrale), Slovacchia ed Ucraina, solo per citare gli investimenti più recenti e diretti, Ansaldo Nucleare continua a seminare morte ed a contribuire alla distruzione della natura. Come dovrebbe essere evidente a tutti, con altre 190 centrali nucleari solo in Europa, il problema non è chiedersi se possa avvenire un’altra Chernobyl, ma solamente quando questo accadrà. E come se ciò non bastasse, non dobbiamo dimenticare che tali mostruosità non uccidono solo quando sono in funzione, ma pure con le loro scorie. Queste vengono trasportate avanti e indietro attraverso l’Europa senza che nessuno sappia realmente cosa farne. Quelle delle centrali italiane, spente da decenni, vengono a tutt’oggi trasportate in Francia per essere messe in “sicurezza”: ne ricavano combustibile per alimentare altri reattori e anche qualche chiletto di plutonio che può essere utilizzato solamente per costruire bombe (tanto per ricordarci che quando si parla di nucleare non vi è differenza tra uso civile e militare), poi ce le rimandano pericolose, pressoché, quanto prima. A questo proposito chissà mai cosa se ne faranno gli americani dell’uranio trasferito negli USA quest’estate, in gran segreto, da un deposito di scorie in Basilicata. Potrei stare ore a parlare dei danni e delle distruzioni causate dal nucleare, fare innumerevoli esempi, ricordare quello che sta succedendo a Fukushima (dove a detta di qualcuno, nessun morto era imputabile alla centrale…), ma non sono qui a cercare giustificazioni. Il nucleare è forse l’elemento di questo mondo civilizzato dove l’insensatezza e la mostruosità del sistema tecno-industriale può essere comprensibile a chiunque, ma dobbiamo renderci conto che sull’altare dello sviluppo tecnologico stiamo immolando ogni presidio della nostra libertà individuale e della possibilità di vivere una vita realmente degna di essere vissuta. Ora sta solamente ad ognuno di noi decidere se essere sudditi obbedienti o provare a vivere, qui ed ora, il rifiuto dell’esistente. Io la mia scelta l’ho fatta, con gioia e senza rimorsi.
Noi usciremo di qui bollati come terroristi, la cosa divertente è che potrete affermarlo senza sentirvi ridicoli: lo dice il codice penale. Quello che è certo, è che le parole non hanno più alcun significato; se noi siamo terroristi, come definireste chi produce armi, sistemi di puntamento per missili, droni, cacciabombardieri, equipaggiamenti per cacciare uomini che tentano di varcare un confine, centrali nucleari, che tratta alla pari con assassini in divisa e rinomati dittatori, insomma, come definireste Finmeccanica? Certo nemmeno i vostri mandanti brillano per fantasia, tanto che, per fugare eventuali dubbi sulle reali funzioni di questa azienda, recentemente ne hanno messo a capo l’ex-poliziotto Gianni De Gennaro: vista la sua responsabilità nelle torture di Bolzaneto e nel massacro della Diaz, in quanto capo della polizia, durante il G8 del 2001, hanno logicamente pensato che fosse l’uomo giusto al posto giusto.
Tornando al motivo di questa mia dichiarazione vorrei fare qualche precisazione in merito alla “brillante” operazione che ha portato al nostro arresto. Chissà quante strette di mano e pacche sulle spalle si sono prese gli astuti segugi che sono riusciti a mettere a frutto un nostro unico quanto fatale errore, dettato dall’inesperienza e dall’urgenza di fare qualcosa dopo il disastro di Fukushima, infatti, non ci siamo accorti di una telecamerina piazzata dallo zelante padrone di un bar a protezione dei suoi tramezzini. Purtroppo, per noi, non l’abbiamo vista mentre studiavamo il percorso che dal punto in cui abbiamo lasciato il motorino portava alla fermata dei bus che, dopo un cambio, ci avrebbero portato alla periferia della città nella direzione di Arenzano, dove era parcheggiata la mia macchina che abbiamo usato per raggiungere e lasciare Genova. A dir tutta la verità, quello della telecamera non è stato l’unico errore commesso, abbiamo anche perso istanti preziosi al momento di allontanarci dal luogo dell’azione, il grido rabbioso dell’apprendista stregone dell’atomo: «Bastardi, so chi manda!» ci ha paralizzati. Non sta certo a me avanzare ipotesi sul significato di quella frase, il momento non favoriva pacati ragionamenti e, tanto meno, è mio costume costruire castelli in aria sulle parole pronunciate da un’altra persona, ma personalmente ne ho tratto la conclusione che avevamo affondato le mani in una montagna di merda. Tutti gli altri elementi che hanno giustificato la nostra detenzione o sono distorti o, semplicemente, falsi. La famosa intercettazione del “pistolone”, in cui avrei affermato di aver sparato è assolutamente incomprensibile, ora è inutile coinvolgere periti per smontarla, ma essendo stato alla guida del motorino è impossibile che possa aver impugnato anche la pistola, e oltre tutto mi pare logicamente assurdo che mi sia messo a raccontarlo proprio a chi aveva partecipato con me all’azione, cioè Alfredo. Sulla stampante, sequestrata a casa dei miei genitori, che la polizia scientifica affermava essere quella usata per stampare il volantino, c’è poco da dire, perché il computer e la stampante li ho comprati io e li abbiamo distrutti dopo l’uso (la cosa da notare è che una volta che il riesame aveva confermato i nostri arresti, gli stessi scienziati dei RIS si sono accorti che probabilmente non era la stessa). Per quanto riguarda il furto del motorino, per il quale procedete contro di noi e fantomatici ignoti, le cose sono meno complicate di quanto vi sforzerete di ricostruirle. Abbiamo girato per la città cercando di risolvere il problema, visto che non avevamo alcuna esperienza con tale pratica. La fortuna, come si sa, aiuta gli audaci, infatti nell’amena località di Bolzaneto ci siamo imbattuti in uno scooter con le chiavi dimenticate inserite nel quadro, le abbiamo prese ed abbiamo deciso di tornare dopo qualche giorno con un casco. La moto era ancora parcheggiata nello stesso posto, mi è bastato salire in sella, accendere e portarla dalle parti del cimitero di Staglieno dove è rimasta fino a quindici giorni prima dell’azione quando l’ho spostata nei pressi dell’abitazione dell’ing. Adinolfi. Mi scuso con il proprietario per averla svuotata dai caschi e dagli altri oggetti che c’erano sotto il sellino e per aver buttato il bauletto posteriore,purtroppo erano di impiccio e, decisamente non era salutare l’idea di cercare di restituirli. Un altro elemento su cui gli investigatori hanno ricamato e, temo, cercheranno di utilizzare da bravi inquisitori in futuro , è un’intercettazione realizzata al C.S.L. di Napoli, in cui alcuni compagni commenterebbero il volantino che avrebbero ricevuto, in anteprima mondiale, via posta elettronica. Non ho idea di cosa parlassero, non sto a spiegare come il dialogo sia di difficile comprensione, a dir poco, e neppure è il caso di soffermarsi sull’evidente assonanza tra “Valentino” e “volantino”, ma so per certo che il comunicato è stato spedito solamente per posta ordinaria (abbiamo imbucato le lettere durante il cambio bus sulla via del ritorno, in una cassetta postale, sul lungomare, nei pressi del terminal traghetti), quindi è semplicemente impossibile che l’abbiano ricevuto tramite e-mail.
So per certo che userete il nostro caso per dare l’esempio, che la vendetta sarà draconiana, che farete di tutto per isolarci ( basti dire che è più di un anno che la nostra corrispondenza è sottoposta a censura), ma voglio darvi una cattiva notizia: si tratta di sforzi inutili. Sono perlomeno 150 anni che giudici, anche più feroci di voi, cercano di cancellare l’idea della possibilità di una vita libera dall’autorità, ma con scarsi risultati. Posso tranquillamente assicurarvi che le vostre azioni repressive, per quanto ad ampio spettro, per quanto indiscriminate, non potranno disarticolare o debellare alcunché. Se pensate di arrivare, grazie a noi, ad altri anarchici che abbiano deciso di sperimentare la possibilità caotica, spontanea ed informale della FAI vi sbagliate di grosso e non potrete che fare l’ennesimo buco nell’acqua; né io né Alfredo conosciamo alcuno che abbia fatto questa scelta. State dando la caccia ad un fantasma che non potete rinchiudere nelle anguste caselle dei vostri codici. Questo perché esso si manifesta nell’istante in cui le tensioni distruttive di coloro che l’animano si uniscono per agire, nel momento in cui donne e uomini liberi decidono di sperimentare concretamente l’anarchia. Ora che l’esperienza del Nucleo Olga si è conclusa, posso solamente assicurarvi che ho trovato nuove ragioni per alimentare il mio odio e motivi per desiderare la distruzione dell’esistente, fatto di autorità, sfruttamento e distruzione della natura.
Amore a complicità per le sorelle e i fratelli che con le loro azioni, in ogni parte del mondo, rendono reale il folle sogno della FAI/FRI.
Amore e complicità per le compagne e i compagni che, anonimamente o meno, continuano ad attaccare in nome della possibilità di una vita libera dall’autorità.
Amore e libertà per tutti i prigionieri anarchici.
Viva l’internazionale nera dei refrattari all’ordine mortifero della civilizzazione.
Viva l’anarchia!

Nicola Gai
Ferrara settembre 2013

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Repressione – La Comodi si vergogni. Damiano e Fabrizio assassinati

riceviamo e diffondiamo:

Ci giunge la notizia delle dichiarazioni vergognose, le ennesime, ma forse le più gravi di tutte, del pm di Perugia, Manuela Comodi.

La Comdi avrebbe affermato che lei non persegue le idee anarchiche, ma soltanto i reati. Che lei, anzi, condivide anche numerose cose del pensiero anarchico.
Una frase del genere è di una retorica spicciola che in altro tempo non avrebbe meritato nota, forse solo sarcarsmo. Ma se detta a pochi giorni dalla morte di Damiano Corrias assume il carattere di una provocazione insopportabile.
Una provocazione a cui non possiamo non rispondere.
La Comodi ha operato negli ultimi anni come macchina da guerra per la distruzione del movimento anarchico. Lo ha fatto scientemente, crudelmente, distruggendo vite umane.
Noi anarchici ce ne infischiamo della differenza fra ciò che è reato e ciò che non lo è. Ma anche volendo assumere – e ci riesce davvero difficile – il punto di vista di un burocrate della repressione…ebbene anche da quel punto di vista la Comodi mente. E noi la accusiamo pubblicamente di essere una bugiarda.

Ci sono numerosi casi in cui Manuela Comodi ha infierito su degli innocenti. Ci sono almeno due persone che sono morte.
Damiano Corrias e Fabrizio Reali sono stati arrestati nell’ottobre del 2007 con l’accusa di terrorismo. Fabrizio dopo tre settimane è stato liberato. La Comodi non aveva nemmeno le prove per chiedere il rinvio a giudizio. Eppure non lo ha nemmeno archiviato. Per anni gli avvocati hanno chiesto la formalizzazione dell’archiviazione, così da poter chiedere ai boia della Procura di Perugia il risarcimento, senza alcun risultato. Alla fine Fabrizio è morto il 23 giugno 2010. Amava l’alcol e se l’è portato via a 40 anni una complicazione intestinale. Senza vedere una lira di risarcimento nè una parola di scuse.

Ancora più violento l’accanimento nei confronti di Damiano. Era accusato di aver fatto una scritta su un muro. Nient’altro. La malafede della Comodi in questo caso è conclamata, confessata addirittura. Lei stessa accusava Damiano solo di quella scritta contro il potestà cittadino. Ma fare quella scritta per Manuela Comodi, contestare un esponente del regime, per questa donna che sostiene di avere così tanti punti di vista in comune con la filosofia anarchica, è un atto di terrorismo. Per questo Damiano Corrias si è fatto 3 settimane di carcere e un anno di domiciliari. Secondo la neo-iscritta al movimento anarchico Manuela Comodi scrivere su un muro insulti contro il regime e i suoi burocrati è un reato che va punito con 6 anni di carcere. Tanti ne chiese nella sua requisitoria finale, al Tribunale di Terni, in un delirio nel quale sbagliò pure i nomi degli imputati e invertì luoghi e date. Tribunale dove sette compagni e compagne veranno condannati a 15 giorni di carcere per manifestazione non autorizzata durante lo stesso processo.
Damiano è morto il 26 ottobre di quest’anno. Il suo cuore non ha retto e si è fermato, di notte, a soli 31 anni.

Damiano e Fabrizio assassinati. In che senso

Non abbiamo certo, ancora, le prove di un assassinio nel senso in cui lo intendono i capoccioni della repressione e i loro esperti tecnici, ma è evidente la volontà omicida di chi distrugge una vita solo perché ha osato contestare con della vernice un esponente del regime. Vogliamo prendere per buone le parole, bellissime, del fratello di Damiano al funerale. “Voglio pensare che il tuo cuore si è fermato per la troppa gioia e non per il troppo dolore che hai avuto nella tua vita”. Senza però dimenticare “le bugie di una giustizia forte coi deboli e debole coi forti”. La stessa giustizia, questo lo diciamo noi, che il giorno del funerale di Damiano liberava la Lorenzetti dopo poche settimane di domiciliari. Sei una corrotta = pochi giorni di domiciliari, scrivi su un muro contro questi politici corrotti = 6 anni di carcere. Questa è la vostra giustizia!
Per questo, anche volendo pensare che il suo cuore si sia fermato per la troppa gioia e non per il troppo dolore, non possiamo non considerare degli assassini gli scagnozzi che ti vengono ad arrestare solo perché contesti con la vernice il potere costituito. Quelli di Damiano e Fabrizio sono stati degli omicidi politici nel senso più alto della parola “politica”. Nel senso che la Comodi da anni mette in pratica il continuo tentativo di distruggere l’intero movimento anarchico. Di ucciderlo.
Ci fermiamo qui, per ora. Lasciamo all’intelligenza del lettore valutare se Manuela Comodi sta combattendo soltanto dei “reati” e in realtà ama pure alcuni aspetti della filosofia anarchica, come sostiene, o se piuttosto è una macchina da guerra che vuole distruggere chiunque si ribella a questo Stato malefico, fosse anche solo con una bomboletta.

In ogni caso…

La dottoressa Comodi lasci in pace i morti.

los amigos de Damiano y Fabrizio

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Op. Shadow – Pm Comodi chiede condanne da 4 a 10 anni

Riceviamo e diffondiamo:

In data 9/10/13, presso la corte d’assise di Perugia, la PM Manuela Comodi ha chiesto le seguenti condanne per i/le compagni/e accusati nel cosiddetto processo “Shadow” :

Sergio Maria Stefani – 10 anni e 1200 euro di multa
Alessandro Settepani – 8 anni
Alfredo Cospito, Anna Beniamino e Stefano dal Moro – 5 anni e 6 mesi
Maria Ludovica Maschietto – 4 anni

Il 16 Ottobre sono previste le repliche della difesa, mentre la sentenza è programmata per il 22 Ottobre.

Solidarietà a tutti i/le compagni/e accusati!

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Trento – Perquisizione a un redattore del giornale anarchico Invece

riceviamo e diffondiamo:

La nota di un conto in sartoria

L’11 settembre scorso, il ROS di Roma, in collaborazione con il ROS di Trento, ha perquisito l’abitazione di un redattore di “Invece” notificandogli un avviso di garanzia per “istigazione alla violenza” per via di un articolo apparso sul giornale. Di perquisizioni a compagni ce ne sono state, negli ultimi anni e mesi, talmente tante che certo non saremmo qui a parlarvene. Ma l’episodio merita qualche riga. Non solo perché l’indagine della magistratura ha per oggetto i contenuti di un articolo, ma per la figura del querelante. Si tratta di Pierpaolo Sinconi, tenente colonnello dei carabinieri nonché dirigente del Coespu di Vicenza, una delle centrali della controinsurrezione, dove si addestrano le truppe di mezzo mondo alla controsommossa e alla tortura. Il Sinconi si era preso, come qualcuno forse ricorderà, della vernice rossa sui suoi costosi abiti durante una conferenza a Sociologia, nell’ottobre del 2011, sulle missioni di guerra dell’Italia all’estero. Un gruppo di antimilitaristi – tra cui il compagno perquisito, che all’epoca venne arrestato – arrivò a un palmo di mano dall’esperto di controinsurrezione e di sicurezza nazionale. Uno smacco, in tutti i sensi. Al quale il militare non ha reagito molto sportivamente. Oltre ai vari processi già svoltisi o in corso contro alcuni antimilitaristi, possiamo segnalare delle anonime telefonate notturne a casa di genitori di compagni su un imprecisato conto salato in tintoria. E ora un’altra perquisitone per un’altra denuncia. Insomma, quel piccolo episodio gli ha proprio dato fastidio.
Se non possiamo che unirci ai compagni trentini che scrivevano “un po’ di vernice è il minimo”, è scontato ribadire la nostra solidarietà con il compagno e con quanto da lui scritto. Il concetto di istigazione, che sembrava caduto in desuetudine, presuppone che il lettore sia privo di autonomia di giudizio; eppure sappiamo che non ci leggono solo quelli del ROS.
Sarà che siamo degli inguaribili ottimisti, ma ci pare in fondo positivo il fatto che le idee siano ancora pericolose.

La redazione di “Invece” 

Pubblicato in Anarchismo, Antiautoritarismo, Antimilitarismo, Comunicati, Tutti i post | Commenti disabilitati su Trento – Perquisizione a un redattore del giornale anarchico Invece

Novara – ALF libera 407 porcellini d’india destinati alla vivisezione

riceviamo da mail anonima e diffondiamo

foto [123]

Con questo comunicato rivendichiamo la liberazione di 407 porcellini d`India dall`allevamento `Bettinardi` situato in via Cascinini ad Alzate di Momo, in provincia di Novara, avvenuta la notte del 5 settembre 2013.

Da oltre 10 anni l`allevamento di cavie e conigli di proprieta` di Giuseppe Bettinardi rifornisce l`industria della vivisezione nel piu` totale anonimato.

Non stupisce che immediatamente dopo l`azione i media abbiano tentato di nascondere la verita` riguardo a questa struttura, descritta come `allevamento di animali da compagnia`. Sfortunatamente per Bettinardi, siamo in possesso di tutte le informazioni necessarie per rendere finalmente noti i suoi legami con l`industria della sperimentazione animale.

Bettinardi alleva conigli ( prevalentemente `New Zealand white`) e cavie di razza `Dunkin Hartley`, questo tipo di animale viene utilizzato esclusivamente a fini di ricerca.

Abbiamo reperito informazioni su innumerevoli crudeli esperimenti di `ricerca di base` in diverse universita` italiane e sappiamo con sicurezza che questo allevamento rifornisce con continuita` le universita` di Milano e Pavia.

Siamo a conoscenza di esperimenti nei quali cavie allevate da Bettinardi sono state uccise esclusivamente per prelevare porzioni di muscolo dal loro stomaco, per poterle in seguito stimolare elettricamente nel tentativo di stabilire se il farmaco `Levosulpiride` abbia o meno effetto procinetico (ossia se sia in grado di stimolare la funzione motoria intestinale).

Durante due altri esperimenti ad un totale di 40 conigli provenienti da questo allevamento e` stata aperta la gabbia toracica, una canula e` stata inserita all`interno mentre gli animali erano vivi e coscienti ed una speciale soluzione e` stata iniettata nei loro polmoni. Gli animali sono stati infine uccisi, di modo da poter raccogliere campioni di liquido dai polmoni durante una ricerca sul funzionamento di questo organo.

In altri due esperimenti di appena alcuni mesi fa 38 e 22 conigli, sempre allevati in questo luogo, venivano uccisi per dissanguamento (il che significa che e` stata loro tagliata la gola e sono stati fatti sanguinare sino alla morte) solo per poter rimuovere la loro gabbia toracica ed i loro polmoni come parte di una ricerca sulla lubrificazione dell`apparato respiratorio.

Questi sono solo alcuni esempi degli esperimenti che questo allevamento ha reso possibili rifornendo gli animali ai laboratori durante gli anni.

Sebbene una parte del movimento, e la maggior parte delle persone, spesso concentri la propria attenzione su altri animali usati nella ricerca (come cani o scimmie) le specie piu` piccole rimangono le maggiormente usate nella vivisezione. In Italia vengono usati in media 13870 porcellini d’India ogni anno nei laboratori, contro i circa 950 cani.

La reazione quando si parla di cani e` maggiore in quanto le persone riescono piu`facilmente a connettere con questi animali o semplicemente perche` li percepiscono piu` familiari. Ma gli individui che soffrono e muoiono nelle strutture di ricerca sono molti di piu` e la nostra lotta ambisce alla liberazione di ognuno di loro.

La vivisezione, in un sistema capitalista globalizzato, rappresenta uno dei settori dello sfruttamento animale piu` redditizi per una delle industrie piu` potenti al mondo, quella chimico farmaceutica.

La fede cieca nel progresso scientifico e tecnologico, propugnata da ricercatori e multinazionali, e` l’ espressione ultima della mentalita`capitalista e antropocentrica.

Quest’ideologia che ci presentano come il cammino inarrestabile dell’essere umano verso un presunto miglioramento delle nostre condizioni di vita, e` usata come giustificazione per il dominio sulla natura, la tortura e l`uccisione di un numero infinito di animali non umani, come pure di esseri umani usati come cavie nei paesi economicamente poveri, nelle carceri o negli ospedali psichiatrici.

L’allevamento e` composto da due grossi capannoni attaccati in fila l’uno dietro all’altro, che formano una struttura divisa in varie sezioni, alcune usate per i conigli ed una per i porcellini d’India.

Tutti i conigli rinchiusi in questo allevamento sono tenuti in gabbie strette e completamente spoglie, dove non hanno possibilita` di alzarsi, girarsi o fare qualsiasi altro movimento.

La maggior parte dei porcellini d’India sono tenuti in box di legno in gruppi piuttosto numerosi, mentre un numero minore di animali sono rinchiusi in piccole gabbie di plastica, in gruppi da 3 a 5.

In nessuno degli spazi dove gli animali vivono sono presenti tane o luoghi dove poter trovare rifugio, anche se per loro si tratta di un bisogno primario ed il dover restare sempre esposti sia una grossa fonte di stress.

L’abitazione dei propietari, una grande casa di campagna, e’ situata a pochi metri dai capannoni. Intorno case e campi tra cui camminiamo al buio, per raggiungerli. L’erba ci accarezza le gambe mentre in fila indiana apriamo sentieri non scritti. Non e` contemplata via di fuga per gli animali, ma questa notte creeremo un nuovo varco: le finestre diverranno porte, i campi vie per la liberta`. Daremo aria fresca ai nostri sogni ed agli animali che ancora non sanno cosa sia.

Quanti saranno? ce la faremo a portarne via cosi` tanti? avranno paura?

Anche noi abbiamo paura, non siamo eroi da sangue e cuore freddo. Incertezze ed errori sono presenti, ma la rabbia e` troppo grande, l’odio e` troppo forte. Nulla ci puo` togliere la voglia di agire affinche` ad avere paura siano i nostri nemici.

Avvicinandoci all’allevamento cade una stella cadente, per ora un unico desiderio: tornare a casa sani e salvi con tanti musetti intorno a noi.

Il palo si posiziona per controllare I movimenti all’interno della casa e durante l’azione ci muoviamo facendo meno rumore possibile, mentre all’interno della abitazione qualcuno accende e spegne la luce, guardando uno schermo, ignaro di cio` che sta accadendo a pochi metri di distanza.

A coprire un poco il suono dei nostri movimenti ed i fischi dei porcellini d’India c’e` una ventola di aerazione dell’allevamento e di tanto in tanto l’abbaiare del cane del proprietario o di quello dei vicini di casa, o ancora, il passaggio di un treno in lontananza.

Rimuoviamo la zanzariera che ricopre una finestra aperta sul retro del capannone, sulla parte opposta alla casa, che avevamo individuato durante la preparazione dell’azione.

La finestra si trova a piu` di 2 metri di altezza, quindi mettiamo delle scale contro il muro, una all`esterno ed una all`interno della stanza in cui sono imprigionati centinaia di porcellini d`India.

Entriamo, ci ambientiamo velocemente e cominciamo subito a riempire i contenitori che useremo per trasportare gli animali.

Prima della notte dell’azione il nostro gruppo ha discusso a lungo sull’opzione di liberare anche dei conigli, ma per motivi pratici abbiamo dovuto prendere una decisione estremamente difficile. In effetti , a causa della dimensione molto stretta della finestra da cui abbiamo portato via gli animali, e delle condizioni assai delicate in cui si e` svolta l’azione, abbiamo optato per portare via il maggior numero possibile di individui e per ovvi motivi di tempo, spazio e peso, questo ha significato concentrarci sui porcellini d’India, riuscendo alla fine a svuotare quasi tutto il capannone.

Ci dispiace tantissimo non aver potuto liberare tutti gli animali. Quelli che abbiamo preso con noi vivono ora in luoghi accoglienti con le necessarie cure e con tutto il tempo per dimenticare l’allevamento e non conoscere mai le fredde mani dei vivisettori.

Prima di andarcene lasciamo un messaggio a Bettinardi con una scritta sul muro interno del capannone quasi vuoto “ Il loro incubo e` finito, il tuo e` appena cominciato” firmato ALF con una A cerchiata.

Ed ora andiamo via di qui prima dell`alba! Scappiamo, ma lentamente…sono pesanti 407 porcellini d’India!

Una volta al sicuro ci guardiamo, siamo quasi piu` di mille occhi e non abbiamo piu’ dubbi: l` ALF ha vinto ancora.

Questa liberazione, come ogni altra azione diretta, apre squarci di liberta` che non sono recuperabili dal sistema, andando direttamente all’obbiettivo.

L’azione diretta e` uno strumento efficace, ma non solo, la rivendichiamo politicamente in quanto contiene in se` la nostra critica allo sfruttamento e la nostra voglia di contrattaccare.

Sabotaggi, attacchi e liberazioni si pongono al di fuori della triste logica dell’attivismo ‘politicante’ e legalitarista, ci mostrano le potenzialita` sovversive dei nostri sogni, e di cosa possiamo fare se ci mettiamo in gioco in prima persona.

Forza e solidarieta’ a chi nella lotta per la liberazione animale e della terra ha dovuto fare i conti con la repressione dello stato ed ha continuato a resistere.

Questa liberazione e` dedicata a voi ed a chi, con la complicita` della luna nera, cospira e si muove furtivamente per distruggere con rabbia la tranquillita` degli sfruttatori ed aprire con amore le gabbie.

Animal Liberation Front

PS : Con il recente aumento di persone interessate alla ‘questione animale’ in Italia abbiamo assistito alla crescita di alcuni fenomeni preoccupanti, dei quali purtroppo ci troviamo a dover discutere in questo spazio.

In primo luogo vogliamo esprimere la nostra repulsione per I tentativi da parte di gruppi e/o individui di estrema destra di appropriarsi e farsi portavoce della ‘causa animalista’ , in italia ed all’estero.

I fascisti hanno spesso tentato di recuperare ed usare a loro favore diverse lotte sociali o di liberazione, snaturandole e svuotandole dei contenuti, al fine di rimpolpare le loro fila e cercare consensi in ambienti storicamente opposti ai loro ideali fondati su autoritarismo ed odio del diverso.

Sta a tutte le persone che hanno a cuore la lotta di liberazione animale opporsi, con le proprie parole, ma soprattutto con le proprie azioni e con determinazione, a qualsiasi tipo di fascismo.

Proviamo solo odio e disgusto per ministre zoofile, nazisti cammuffati da black bloc e chi usa l’ acronimo ALF misconoscendone la storia e le radici antifasciste.

PS2 : Un altro problema e` la presenza di numerosi siti internet o profili su social networks che mistificano i contenuti della lotta per la liberazione animale e la teoria alla base dell’azione diretta, attraverso una grottesca rappresentazione dell’ALF come un ‘ commando di eroi mascherati’.

Principalmente due di questi spazi hanno catturato la nostra attenzione: il sito fronteliberazioneanimale.weebly.com ed il loro profilo ‘ALF- Fronte Liberazione Animale Italia’.

Queste persone sono arrivate al punto di richiedere pubblicamente soldi per ipotetiche campagne di supporto ai prigionieri, ma nulla e` mai arrivato a persone in carcere. Il loro ‘ufficio stampa’ non esiste ed il fondo si e` toccato quando sono state diffuse informazioni riguardo ad un prigioniero mai esistito con il solo fine di ricevere piu` donazioni.

Per noi siete nemici: non siete diversi da infami e sfruttatori di animali e meritate lo stesso trattamento. Non pubblicate o diffondete questo comunicato – voi non siete parte di questa lotta.



Segue comunicato in lingua inglese: 

With this communique we claim responsibility for the liberation of 407 guinea pigs from the ‘Bettinardi’ breeding farm, located in via Cascinini in the town of Alzate di Momo, province of Novara, that happened the 5th of September 2013.

Since over 10 years the guinea pigs and rabbits farm owned by Giuseppe Bettinardi is supplying the vivisection industry in the most complete anonymity.

We’re not surprised that right after the liberation medias tried to hide the truth about this facility, described as a ‘pet animals farm’. Unfortunately for Bettinardi we have all the needed informations to finally reveal his ties with animal testing.

Bettinardi breeds rabbits ( mostly ‘New Zealand white’) and ‘Dunkin Hartley’ guinea pigs, this breed of guinea pig is used exclusively for research purposes.

We managed to obtain informations on countless cruel ‘basic research’ experiments in different italian universities and we know for sure that this farm regularly supplies Milano’s and Pavia’s universities.

We have knowledge of experiments in which guinea pigs bred from Bettinardi have been killed just to remove muscle strips out of their stomachs, so that they could be stimulated electrically in the attempt to establish if the drug ‘Levosulpiride’ has, or not, prokinetic effect ( which means that a certain drug is able to activate the intestinal motoric function).

During two other experiments the rib cage of a total of 40 rabbits coming from this farm has been opened, a cannula has been inserted inside while the animals were still alive and conscious and a special solution has been injected in their lungs. The animals have been finally killed, so that liquid samples from their lungs could be collected during a research about the functioning of this organ.

During two other experiments, this time of just a couple of months ago, 38 and 22 rabbits bred in this facility have been killed by exsanguination ( which means that their throat has been slicked and they’ve been left to bleed out until death) just so that vivisectors could remove their rib cage and their lungs in an experiment on the breathing system lubrication.

These are just a few examples of the experiments that this farm made possible supplying labs throughout the years.

Even if a part of the movement, and most people, often focuses its attention on other animals used in research ( like dogs, or monkeys), smaller species are still the most used in vivisection. In italy alone 13870 guinea pigs are used in labs as an average per year, while the average number of used dogs is 950. The reaction is often stronger when we talk about dogs probably because persons can easily connect with these animals, or simply because they feel them as more familiar. But the individuals suffering and dying inside research laboratories are many more and our struggle aims to the liberation of each and everyone of them.

Vivisection, inside a capitalist and globalized system like ours, represents one of the most profitable sectors of animal exploitation for one of the most powerful industries in the world, the chemical-pharmaceutical one. The blind trust into scientific and technological progress, pushed forward from researchers and multinationals, it’s the ultimate expression of the capitalist and anthropocentric mentality.

This ideology that it’s presented to us as the unstoppable path of the human race towards a supposed improvement of our conditions of life, is used as a justification for the dominion over nature, the torture and killing of countless non-human animals, but also of human beings used as ‘objects of research’ in poor countries, in jails or mental hospitals.

The Bettinardi farm is composed of two main halls attached one to the other, that are forming a structure divided into several sections, some used for rabbits and one for the guinea pigs. All the rabbits imprisoned in this farm are kept into tight, empty cages, where they have not the possibility to stand, turn around or make any other movement.

Most of the guinea pigs are kept in wooden boxes in quite big groups, while smaller numbers of animals are locked into plastic cages, in groups from 3 to 5. In none of the spaces where the animals live they have the possibility to find any kind of shelter, even if for them this is a primary need and being forced to remain constantly exposed is a huge source of stress.

During the liberation we found evidence of surgery procedures performed on the animals already inside the farm. Many guinea pigs show scars or recent wounds in several parts of the body. These animals were kept on a separated part of the room, together with others with shaved areas on the back or identification marks on the fur.

We’ve chosen to describe these conditions to reveal the horrors of this, as any other, breeding farm, but we have no interest in the sizes of the cages, as we aim for nothing less than the destruction of the cage itself.

The home of the owners is a big countryside house located just a few meters from the sheds. All around there are other houses and fields, where we walk to reach the farm. The grass touches our legs while one behind the other we walk unwritten paths. No way out is planned for the animals, but tonight we’ll create a new gap: windows will become doors, the fields ways towards freedom. We’ll give fresh air to our dreams and to the animals who still don’t know what that is.

How many they will be? Will we be able to take away so many of them? Will they be scared?

We are scared, we’re not cold blooded heroes with a fearless heart. Doubts and mistakes are present, but the rage is too much, the hate is too strong. Nothing can take us away the will to act so that our enemies will start to be the ones in fear.

Getting closer to the farm we see a falling star, for now just one wish: to come back home safe and sound, with many and many muzzles all around us.

The lookout takes position to check the movements inside the house and during the action we move trying to minimize the noise, while inside someone turn the light on and off, watching a screen, unaware of what is happening just a few meters away.

To cover a little the noise of our movements and the whistles of the guinea pigs there is the ventilation system of the farm and every now and then the barking of the dog of the owner, or of the one of the neighbors, or also the noise of a train passing far away.

We remove the mosquito net from a window on the back side of the shed, on the opposite side of the house, that we found during the preparation of the action. The window is higher than 2 meters, so we put two stairs, one outside and one inside the room where hundreds of guinea pigs are imprisoned.

Once inside we familiarize with the environment and we immediately start to fill the containers that we’ll use to transport the animals.

The night before the action our group discussed for long time about the possibility of freeing also some rabbits, but for practical reasons we needed to take an extremely difficult decision. In fact, cause of the tight dimension of the window from where we took the animals, and of the particular conditions under which the action took place, we’ve chosen to bring away the higher number possible of individuals, and this meant, for obvious reasons of time, space and weight to focus on the guinea pigs, managing in the end to empty up almost the whole shed.

We’re truly sorry that we could not free all of them. Those who came with us are now in safe homes with all the necessary cares, they have all the time of the world to forget about the farm and they’ll never get to know the cold hands of vivisectors.

Before going away we leave a message to Bettinardi written on the inside walls of the almost empty shed : “ Their nightmare is over, yours has just begun” signed ALF with an A in a circle.

And now let’s run away from here before dawn! We run, but slowly…cause 407 guinea pigs are quite heavy!

Once we’re safe we watch each other, we’re over a thousand eyes and there are no doubts : the ALF won again.

This liberation, as any other direct action, is opening breaches of freedom that the system is not able to recover, going straight to the target. Direct action is an effective tool, but not just that, we claim it politically as it contains in itself our critique to exploitation and our will to fight back.

Sabotages, attacks and liberations are outside of the sad dynamic of ‘legalistic activism’ , they’re showing us the subversive potential of our dreams, and what we can really do if we decide to put ourselves on the line.

Strength and solidarity to those that in the struggle for animal and earth liberation had to deal with state repression and are still resisting.

This liberation is dedicated to you and to those that, with the complicity of the black moon are conspiring, moving in silence to destroy with rage the tranquility of the abusers and open the cages with love.

Animal Liberation Front

PS : With the increasing number of people interested in the ‘animal issue’ in italy we experienced the development of some worrying phenomenons, of which unfortunately we feel the need to discuss in this space. First and foremost we want to express our repulsion for the attempt of right wing groups and individuals to embezzle the ‘ animal liberation cause’, trying to become spoke persons for it, in italy and abroad. Fascists have always tried to steal and use in their favor several social and liberation struggle, distorting them and emptying them up of every content, in the attempt of getting more followers and find space in environments that are historically opposed to their ideals based on authoritarianism and hate for the ‘different’. It’s a duty for anybody who truly cares about the struggle for animal liberation to oppose, with words, but even more with their actions and with determination, to any kind of fascism.

We feel nothing but hate and disgust for ‘animal friendly’ ministers, nazis dressed up like black blocs and those who are using the name ALF distorting the truth about its history and its antifascist roots.

PS2 : Another issue is represented by the growing number of internet websites or social networks profiles that are confusing the contents of the animal liberation struggle and of the theory at the base of direct action, through a grotesque representation of the ALF as a ‘black masked heroes commando’.

Mainly two of these platforms caught our attention: the website fronteliberazioneanimale.weebly.com and their profile ‘ALF – Fronte Liberazione Animale Italia’. These people went so far that they’ve started to ask money for hypothetical prisoners support campaigns, but not one cent ever arrived to anybody in prison.

Their ‘press office’ is a scam and the lowest level was reached when they shared fake informations about a prisoner who never existed with the only aim of getting more donations.

For us you’re nothing but enemies: you’re no different from snitches and animal abusers and you deserve the same treatment. Don’t publish or share this communique – you’re not part of this struggle.

da: informa-azione
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Venerdì 11 Ottobre: Fuoriluogo in un’aula di tribunale

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Resoconto IX Incontro di Liberazione animale e invito

riceviamo e diffondiamo:

Vi invitiamo a leggere il resoconto del nono Incontro di Liberazione Animale, e a partecipare all’appuntamento di Novembre (le cui coordinate trovate in fondo a questa pagina) per riflettere su quello che è stato l’Incontro quest’anno e quello che potrebbe essere l’anno prossimo.
Il nono incontro nazionale di liberazione animale è stato progettato in modo differente rispetto agli anni scorsi, proponendo le riunioni organizzative come momenti allargati e aperti e pubblicizzando le riunioni pubblicamente.

Il gruppo organizzatore, liberamente formato da individui e gruppi che hanno deciso di prendersi cura dell’iniziativa (l’invito a partecipare a questa fase progettuale era stato divulgato a pressochè tutte le realtà antispeciste italiane), ha pensato di sviluppare questo importante momento di confronto collettivo più sull’approfondimento di alcuni “nodi” pratici e teorici che su questioni prevalentemente pragmatiche che hanno contraddistinto le edizioni precedenti.
Il programma della tre giorni, che nel flyer già proponeva le tracce-riassunto di quelle che sono state le appassionate discussioni, è stato progettato per dare modo ai partecipanti di analizzare il senso di alcune parole-chiave (abolizionismo, liberazionismo, rifugi, privilegio, controllo, politicità, violenza/nonviolenza, tecnologia, solidarietà, azione diretta, liberazione animale,…) su cui spesso non c’è confronto nè chiarezza e che spesso segnano e condizionano profondamente le diverse pratiche del nostro rapportarci alla questione animale e a tutte la altre lotte di liberazione.
Durante i due giorni di serrate discussioni (forse in futuro occorrerà lasciare più tempo libero tra un tema e l’altro), a cui hanno partecipato complessivamente circa 200 persone, si sono visti volti nuovi (sia tra i relatori che tra i partecipanti) e ci sono stati molti attivisti che hanno preso la parola; segno, questo, di un clima accogliente e di orizzontalità del dibattito (oltre che dell’interesse degli argomenti trattati) che hanno favorito il dialogo e il confronto.
La ricchezza e la novità delle riflessioni emerse daranno vita nei prossimi mesi ad un opuscolo cartaceo che raccoglierà i vari interventi dei partecipanti. L’intenzione degli organizzatori è quella di presentare e diffondere l’opuscolo (dopo aver sbobinato tutte le discussioni e averne fatto un riassunto puntuale) in occasione di un prossimo incontro invernale che avrà lo scopo di riprendere il filo dei pensieri e delle discussioni fatte fin qua, valutare criticamente i risultati del lavoro svolto finora, cercare di coinvolgere più persone possibili nella progettazione del 10° incontro previsto per la prossima estate.
Crediamo che, anche nelle differenze di percorsi, nelle diverse modalità con cui si progetta il proprio attivismo, nelle diverse sensibilità, o proprio grazie a queste differenze, sia auspicabile (e possibile) un confronto schietto e diretto tra le varie componenti della “galassia antispecista”.
Chi ha partecipato si è potuto soffermare a riflettere e a spiegare agli altri il suo punto di vista su questioni che troppo spesso diamo per scontate o che abbiamo archiviato nella nostra mente in maniera approssimativa e/o definitiva, pressati troppo spesso, dalla necessità di agire con urgenza e di trasformare immediatamente le idee in prassi. A volte occorre anche prendere
la prassi e trasformarla in idee, analizzando, approfondendo, criticando, per poi trasformarla in una prassi migliore, meglio diretta o più efficace.
Se è vero che uno dei limiti di questo incontro è stata la mancanza di uno spazio su cui confrontarsi per una fase operativa (le approfondite analisi non sono sbocciate in progetti concreti anche perchè non era previsto uno spazio temporale in cui questo potesse avvenire) è anche vero che ci vuole sempre un po’ di tempo per sedimentare i pensieri e le suggestioni che davvero speriamo siano nate in ognuno di noi durante l’incontro.
Se in alcune circostanze, e su temi spinosi, il confronto e la critica sono stati caratterizzati da momenti di tensione e di disagio, crediamo che davvero tutti abbiano sempre cercato di riflettere con sincerità e onestà, tentando di prescindere da rancori personali o idiosincrasie tra gruppi che creano, da differenze effettive più o meno marcate e rilevanti, insormontabili ostacoli
di comunicazione.
Ci auguriamo che le persone e soprattutto i gruppi che non hanno partecipato o hanno deciso di non partecipare all’incontro (per impedimenti occasionali o per motivazioni ideali che purtroppo non sono state espresse e sono rimaste oscure allo stesso gruppo organizzatore) decideranno di partecipare ai prossimi appuntamenti per poter arricchire con le loro esperienze, progetti e idee il frastagliato movimento di liberazione animale.
Vorremmo ringraziare i 4 fantastici cuochi che hanno dedicato il loro tempo a sfamarci e il presidio NoTav di Venaus che ci ha ospitati mettendo a disposizione le strutture e il campeggio. I soldi raccolti attraverso il contributo per i pasti (circa 700 euro) sono stati devoluti, come già deciso prima dell’incontro, al movimento NoTav per le spese legali degli attivisti.
Per continuare nel percorso intrapreso e non relegare l’incontro all’interno di una parentesi, invitiamo chiunque abbia voglia a partecipare alla riunione aperta che si terrà domenica 10 novembre per ragionare assieme su quanto affrontato alla 3 giorni, proseguire con le riflessioni, condividere proposte pratiche.

DOMENICA 10 NOVEMBRE ore 11:00
c/o Spazio Libertario “Sole e Baleno” – Cesena
Per arrivare: http://spazio-solebaleno.noblogs.org/come-raggiungerci/

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Spoleto – E’ morto Damiano Corrias

Apprendiamo dai compagni di Anarchaos che Damiano “Dasha” Corrias non è più tra noi. Per quanti di noi lo hanno conosciuto rimarrà sempre il ricordo di un ragazzo cristallino nella sua forza, nel suo individuale modo di essere un ribelle, nella sua musica.

Che il fuoco ti accompagni!

Ciao Dasha

Velen(A), individualità anarchiche

da anarchaos

Spoleto – E’ morto Damiano Corrias

Con queste brevi righe diamo l’orribile notizia della morte, a 31 anni, di Damiano Corrias. Uno dei 5 spoletini arrestati il 23 ottobre 2007 nella cosiddetta Operazione Bruswood.

Non è il momento di cadere in complottismi o peggio ancora in esoterismi (è il secondo morto, dopo Fabrizio, su 5 giovanissimi arrestati). Domani sera, dopo l’autopsia, ne sapremo di più. Damiano soffriva di epilessia. Lunedì si terrano i funerali al Duomo di Spoleto.

Ma anche il giorno della sua morte, anzi ancora di più in queste ore ferali, vogliamo alzare al cielo la nostra maledizione nei confronti dei suoi persecutori. Nei confronti dei ROS guidati dal generalissimo Ganzer, quello che smerciava mitra e droga. Nei confronti dell’allora Presidente regionale Lorenzetti, oggi ai domiciliari per corruzione.

Nei confronti dello zerbino di Perugia, il pm che firma tutto quello che i ROS le ordinano di firmare, errori di battitura compresi: la dottoressa Comodi. La belva di Perugia, quella che contro Damiano chiese ben 6 anni di carcere per una scritta su un muro!

E comunque non si è piegato.

Era il dj di tutte le feste in montagna organizzate dagli anarchici spoletini. E di molti altri rave, più o meno politici.

L’ultima volta che è stato in piazza è stato il 23 giugno del 2012 al corteo in solidarietà con gli anarchici arrestati per l’Operazione Ardire. Facendo, nella notte, anche delle bellissime scritte sui muri. Alla faccia della Comodi. Siamo sicuri che lui dalla tomba le sta alzando il dito medio.

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[Roma] Presentazione de “il sangue politico” al 19 luglio

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