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[Roma] Anarcopunk-nic vol.5!
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Op. Brushwood – Arrestato Michele Fabiani e comunicati
riceviamo e diffondiamo:
Oggi, giovedì 10 luglio 2014, ore 16e30 ,tre agenti in borghese si sono presentati a casa di Michele Fabiani per eseguirne l’arresto. Finisce così come è cominciata l’operazione nota come Brushwood : con il carcere. Già da Venerdì 27 Giugno era nota a Michele la conferma da parte della Cassazione della sua condanna a 2 anni e tre mesi. La settimana dopo la procura di Perugia, ne ha disposto la cattura richiamandosi all’ articolo 656 del codice di procedura penale a cui è stata correlata una nuova modifica dell’articolo 4 bis O.P., posta ad hoc dallo Stato nel misero tentativo di tagliare la testa alle nuove stagioni di lotta, la quale prevede che in condanne dove figuri tanto l’eversione quanto la violenza sulle cose o sulle persone non vengano previste
misure detentive diverse dalla carcerazione. Michele, per altro, si è rifiutato di chiedere, tramite avvocato, la commutazione della pena in servizi sociali prassi inconciliabile con la sua condizione di detenuto politico e rivoluzionario della quale non crede di dover chiedere scusa/ perdono all’infame potere borghese. I sabotaggi ai cantieri che lo Stato gli imputa, sebbene senza una prova materiale , non sono per noi né una fonte di disonore né di vergogna; ritenendo, infatti, legittimo qualsiasi atto rivolto contro il
sistema del Capitale, contro un sistema che nella sua insensataggine distrugge l’uomo stesso ed il suo habitat: la natura. La giustizia proletaria condanna chi sfrutta, chi si arricchisce sulla pelle dei lavoratori devastando l’ambiente, rovinandogli la salute, togliendogli i minuti che dovrebbero trascorre con i propri cari invece che a spaccarsi la schiena per mantenere pingue la pancia di pochi. Ogni vostra condanna per noi è un merito. Con Damiano e Fabrizio nel cuore. Rifiutando i giudizi della borghesia e, quindi, travalicando le loro distinzioni fra “colpevole” od “innocente” utili solo a dividere la classe….
LIBERTA’ PER TUTTI I COMPAGNI ANARCHICI
LIBERTA’ PER TUTTI I COMUNISTI
LIBERTA’ PER TUTTI I PRIGIONIERI
LIBERTA’ PER TUTTI I PROLETARI
I suoi compagni/e Comitato politico L’EVASIONE
Per scrivere al compagno:
Michele Fabiani
Casa Circondariale/casa di Reclusione Spoleto
Via Maiano 10 cap 06049 Spoleto (Pg)
riceviamo e diffondiamo:
Udine, martedì 8 luglio 2014
Venerdì 27 giugno 2014 è arrivata la comunicazione del dispositivo della corte di cassazione per la sentenza Brushwood che conferma la condanna a due anni e tre mesi per il compagno anarchico Michele Fabiani, a cui resta da scontare un anno.
Attivo nella lotta, da quella studentesca dall’età di 14 anni a quella anticarceraria, con la militanza e la scrittura, è Mec che i magistrati hanno voluto colpire con questa condanna, che conferma solo la persecuzione perpetrata dallo stato contro Michele per aver affrontato il processo a testa alta, rivendicando sempre di essere anarchico e continuando in più le lotte negli ultimi sette anni di repressione, come prima.
Alla solidarietà verso Michele, che fin da subito non si è fatta attendere, aggiungiamo che a Mec e a ogni compagn* condannat* va tutta la nostra complicità e solidarietà.
Ma, nonostante la condanna, non si tratta di una vittoria per l’apparato repressivo dello stato, dato che con questa sempre infame sentenza viene però confermata la sconfitta sostanziale del teorema, vengono eclissate l’ipotesi associativa e le condanne a 12 e 11 mesi per Dario Polinori e Damiano Corrias (morto lo scorso settembre) e vengono assolti Andrea e Fabrizio (anche lui morto, nel giugno 2010).
Che sia colpevole o meno è un fatto del tutto irrilevante: rivendichiamo e rivendicheremo sempre che il sabotaggio, compiuto o meno da lui, è giusto, dalla Val Susa a ogni territorio, dalla lotta contro il TAV alla guerra a tutto il dominio.
Le condanne e le aule di tribunale non fermeranno certo Michele, che ha infatti fatto sapere che rifiuterà ogni ipotesi di servizio sociale, né chi resiste ogni giorno, ma al contrario, come si legge in un altro comunicato: la vostra condanna per noi è un merito.
Fuoco alle galere e ai tribunali!
Compagn* solidali
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No Tav – Tre nuovi arresti tra Milano e Lecce per l’attacco al cantiere del 13 maggio 2013 e comunicati
da radioblackout.org
Verso le 5.30 di questa mattina, la polizia si è presentata in grande stile, incappucciata e con armi alla mano, nelle abitazioni di quattro attivisti no tav. L’operazione ha portato all’arresto di tre persone tra Milano e Lecce e ad almeno una perquisizione, nell’ambito dell’indagine che portò il 9 dicembre scorso all’arresto di 4 attivisti notav, accusati di terrorismo.
A richiedere le misure i due pm con l’elmetto Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, che evidentemente scontenti della decisione della corte di cassazione che ha negato la configurabilità del reato di terrorismo, ora puntano a prendersi la loro personale, quanto ridicola, rivincita, pensando bene di proseguire l’indagine riguardante l’assalto notturno al cantiere della Tav di Chiomonte tra il 13 e il 14 maggio 2013. L’operazione di oggi è significativa di come i due Pm cerchino ora di allargare il raggio di azione, andando a colpire altri compagni e compagne.
Secondo le prime informazioni, i tre arrestati questa mattina sono accusati di fabbricazione e porto d’armi di “armi da guerra e congegni esplosivi”, danneggiamento, incendio e violenza a pubblico ufficiale aggravata. Sono tuttavia da verificare l’esattezza dei capi di imputazione, mentre i tre sono tutt’ora in questura. All’interno dell’operazione di questa mattina, anche una lunga perquisizione a casa di una quarta persona, sempre nel milanese.
Ascolta le dirette con Giuliano – redattore di Radiocane.info e con l’avvocato Eugenio Losco
riceviamo e diffondiamo:
Questa mattina hanno arrestato Lucio, Francesco S. e Graziano, a Milano.
Un altro compagno, Andrea, è stato perquisito come persona a conoscenza dei fatti.
Tutti e tre sono accusati di aver partecipato a vario titolo all’attacco al cantiere di Chiomonte nella notte del 13-14 maggio, le stesse accuse di Chiara, Mattia, Claudio e Niccolò.
Ancora non abbiamo i capi d’imputazione, dai giornali leggiamo: danneggiamento, incendio, violenza a pubblico ufficiale, dotazione e fabbricazione di ordigni esplosivi o da guerra.
Stando a queste informazioni sembrerebbe che la sentenza della cassazione abbia costretto la procura di Torino a riformulare le accuse tralasciando l’aggravante di terrorismo.
A presto aggiornamenti
i compagni e le compagne di Milano
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[ROMA] SUMMEREXTRAVAGANZA – 15° FESTA RIVOLTANTE al pratone di Torre Maura
Sabato 5 Luglio 2014 dalle 17.00
SUMMEREXTRAVAGANZA IL 15!
15° FESTA RIVOLTANTE Senza permessi né compromessi Autogestione Smanicata !
Concerti con :
Serpe in Seno
Plutonium Baby
Hellbreath
Leviathan
Istigazione a Delinquere
Light The Bob
Prima e Poi coSelezioni Musicali Ristoro vegan pe’ magna e beve assieme Distro anarchica e D.I.Y. ovvero Autoproduzioni Documentazione e aggiornamenti sulla fervida attività repressiva verso chi pratica azione diretta contro il potere e lo sfruttamento della Terra.
SOLIDARIETÀ AGLI ANARCHICI INQUISITI DISTRUGGERE OGNI GABBIA – LIBERTÀ PER TUTTE E TUTTI!
bus 313,556,105 Tranvetto Roma Giardinetti AL PRATO DI VIA DEI RUDERI DI CASA CALDA TORRE MAURA OCCUPATA
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[Roma] Caca ad arte che conCinema alla Biblioteca L’Idea
BIBLIOTECA L’IDEA
Caca ad arte che ConCinema
Rassegna settimanale del Martedì ore 21,30 LUGLIO 2014
UNA GRAN DEPRESSIONE Ove e quando per ascessi antropici si fuggiva dalla polvere
1/7 FURORE (The grape of Wrath) John Ford – 1940 – 129’
8/7 L’IMPERATORE DEL NORD Robert Aldrich -1973 – 118’
15/7 PAPERMOON Peter Bogdanovich – 1973 – 103’
22/7 UOMINI E TOPI Gary Sinise, – 1992 – 115’
Libri e periodici – beveraggi – tisane – cena vegan a sottoscrizione Allo Spigolo della Biblioteca Anarchica l’Idea tra Via Braccio da Montone e Via Fanfulla da Lodi al Pigneto La biblioteca è aperta ogni martedì e venerdì dalle 17.00 in Via Braccio da Montone 71a
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Arresti del 3 giugno a Torino – Esito del riesame
Il Tribunale del Riesame ha in buona parte confermato le misure cautelari emesse dal GIP il 3 giugno scorso.
Escono dal carcere per andare agli arresti domiciliari, Beppe, Daniele, Francesco, Marianna e Nicolò.
Confermata la misura per tre delle quattro persone che già si trovavano ai domiciliari.
Rimangono in carcere Andrea, Fabio, Michele, Paolo, Toshi, Chiara, Claudio e Niccolò.
Per scrivere a tutti loro:
Andrea Ventrella C.C. Via Port’aurea, 57 – 48121 Ravenna
Paolo Milan e Toshiyuki Hosokawa C.C. Località Les Iles, 14 – 11020 Brissogne (Aosta)
Michele Garau C.C. Strada Quarto Inferiore, 266 – 14030, località Quarto d’Asti, Asti
Fabio Milan C.C. Via del Rollone, 19 – 13100 Vercelli
Niccolò Blasi C.C. San Michele strada Casale, 50/A – 15121 Alessandria
Zenobi Chiara e Alberto Claudio C.C. Via Maria Adelaide Aglietta, 35 – 10151, Torino
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[Roma] Fu il mio cuore a prendere il pugnale…
BIBLIOTECA L’IDEA MARTEDI’ 24 GIUGNO
OMAGGIO A SANTE CASERIO “FU IL MIO CUORE A PRENDERE IL PUGNALE”
1894 – 2014, 120 anni dall’ uccisione del presidente Sadi Carnot
Stralci dal libro di Gialuca Vagnarelli edito da Zero in Condotta
Dalle 18: Letture, musica, mostra, INDIVIDUI IN RIVOLTA CONTRO IL POTERE, documentazione storica e attuale, aggiornamenti sulla repressione in atto verso chi agisce contro gabbie, sfruttamento, guerra, nocività.
Merenda e cena vegan, nonché levata di calici alla sparizione di ogni padrone!
Allo SPIGOLO tra Via Braccio da Montone e Via Fanfulla da Lodi al Pigneto
La Biblioteca è aperta martedì e venerdì dalle 17 in Via Braccio da Montone 71a
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Raccolta comunicati solidali con compagne/i arrestati il 3 giugno a Torino
LE LOTTE NON SI ARRESTANO! SOLIDARIETÀ AGLI ARRESTATI DI TORINO
Questa mattina, 3 giugno, è stata effettuata un’enorme operazione repressiva a Torino su mandato del Tribunale di Torino e a firma del pm Rinaudo.
Le forze dell’ordine hanno effettuato in tutto 25 perquisizioni: all’Asilo Occupato, alla casa occupata in via Lanino e in diverse abitazioni. Sono 17 gli arresti di compagni e compagne di cui 12 in carcere e 5 ai domiciliari. Tra loro ci sono Chiara, Claudio e Nico che si trovavano già in carcere.
Alle misure detentive si aggiungono obblighi di dimora, divieti di dimora e obblighi di firma per altre persone a Torino e non solo.
Gli indagati complessivi sono 111 per un’inchiesta che fa riferimento a 27 episodi avvenuti dal 2012 a quest’anno, tutti legati apparentemente alla lotta contro gli sfratti. I reati contestati sono violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale, aggravati dalla reiterazione, sequestro di persona e tentata estorsione di “proroga”. Nessun reato associativo ma un colpo sferrato ad hoc per punire chi in questi due anni ha lottato nei quartieri di Porta Palazzo e Barriera di Milano rendendo la vita difficile a ufficiali, padroni e polizia.
Sicuramente la logica di questa operazione è ampia e non si ferma alla resistenza contro gli sfratti: i legami con la Val Susa, la solidarietà con i prigionieri No Tav, l’unione di tante lotte e il rafforzamento di molti rapporti in tutta Italia sono nel mirino di Lor Signori che giudicano tutto questo pericoloso per loro e quindi da fermare e sradicare. E che sia un monito esemplare per tutti gli altri.
Non dimentichiamo tutte le parti coinvolte in questa faccenda: il tribunale di Torino, asservito come sempre ai poteri forti della città; palazzinari, banchieri, cementificatori e il Partito Democratico che ne esprime gli interessi; la polizia, esecutore materiale degli arresti, i media, che producono una narrazione dei fatti favorevole ai loro finanziatori, guarda caso gli stessi prima citati.
Solidarietà, complicità e affetto ai nostri compagni e alle nostre compagne, insieme alla certezza di rivederci presto.
Fabio, Paolo, Andrea, Fra, Michele, Toshi, Daniele, Nicco, Beppe, Chiara, Nico, Claudio, Gabrio, Marco, Marianna, Maria, Simona, Moski, Rasta, Sofia, Davide, Simone, Claudia, Graziano, Pier, Cam, Mattia, Fabi e Sabbo LIBERI E LIBERE SUBITO!
solidali della provincia di Varese
NON SCENDEREMO MAI!
Solidarietà con i compagni arrestati il 3 giugno
Martedì 3 giugno, all’alba, una vasta operazione poliziesco-giudiziaria ha portato a ventinove misure cautelari (11 arresti in carcere, 6 ai domiciliari, 4 obblighi di dimora, 4 divieti di dimora, 4 obbglighi di firma) soprattutto contro compagni e compagne di Torino. Le accuse – violenza, minacce, resistenza, sequestro di persona, tentata estorsione di “proroga”…– sono quasi tutte relative a due anni di lotta contro gli sfratti a Torino, più alcune azioni contro il PD. L’indagine, condotta dall’immancabile Rinaudo, coinvolge 111 persone (principalmente anarchici, ma anche militanti dell’autonomia e proletari che hanno partecipato alla lotta).
Da una prima lettura, questo pesante attacco repressivo sembra porsi diversi obiettivi:
– presentare il conto per due anni di resistenza attiva agli sfratti, colpendo sia i compagni sia le famiglie che hanno partecipato ai picchetti e alle altre pratiche di lotta (barricate in strada, occupazioni, blocchi degli uffici giudiziari);
– colpire (parola dei PM) il “radicamento” dei compagni nei quartieri di Porta Palazzo e Barriera di Milano;
– togliere di mezzo per un po’ un bel numero di anarchici e anarchiche contro cui lo stillicidio di misuere repressive non aveva sortito gli effetti desiderati;
– testare contro una realtà che non accetta mediazioni istituzioanli il “piano casa” del governo Renzi, in vista di altre operazioni contro chi occupa e resiste;
– arrestare preventivamente un po’ di guastafeste in vista dell’11 luglio a Torino (giornata che si annuncia “calda”);
– indebolire la solidarietà in città verso i quattro compagni arrestati con l’accusa di aver attaccato il cantiere del TAV in Valsusa (Nico, Claudio e Chiara, in carcere dal 9 dicembre, sono stati raggiunti da questi nuovi mandati di arresto), visto che il processo contro di loro è appena cominciato;
– eseguire gli ordini dei palazzinari;
– assecondare le pressioni del PD, infastidito dalle numerose azioni contro le sue sedi e dalle ripetute contestazioni in piazza.
Per quanto riguarda i compagni Torino, l’intento della magistratura si può così sintetizzare: “Liquidateli tutti”.
Come si vede, i piani su cui la solidarietà può esprimersi e indirizzarsi sono vari e intrecciati fra loro.
Ai nostri amici e compagni e a tutti gli indagati va tutta la nostra complicità.
Che i compagni a piede libero non siano lasciati soli.
Che i compagni detenuti sentano il calore della solidarietà.
La miglior difesa è l’attacco. Che l’azione dilaghi.
Fabio, Paolo, Andrea, Fra, Michele, Toshi, Daniele, Nicco, Beppe, Chiara, Nico, Claudio, Gabrio, Marco, Marianna, Maria, Simona, Moski, Rasta, Sofia, Davide, Simone, Claudia, Graziano, Pier, Cam, Mattia, Fabi e Sabbo LIBERI E LIBERE SUBITO!
anarchiche e anarchici di Rovereto e Trento
LA DEMOCRAZIA SENZA IL DOPPIOPETTO
MA NOI SIAMO PIÙ FORTI
Udine, mercoledì 4 giugno 2014
Ieri, martedì 3 giugno 2014, i pubblici ministeri Pedrotta e Rinaudo (già celebre servo della mafia del TAV e persecutore del movimento valsusino) in complicità con i loro camerati della digos e dei carabinieri hanno sgomberato lo Spazio Anarchico Libreria Bar Rabél di via Gaudenzio Ferrari a Torino e hanno effettuato 25 perquisizioni in Piemonte e in particolare a Torino, tra cui quelle dell’Asilo Occupato e dell’occupazione abitativa di via Lanino, oltre alla notifica e all’esecuzione di 11 arresti, 6 arresti domiciliari, 4 obblighi di dimora, 4 divieti di dimora e 4 obblighi di firma, 111 indagati per sequestro di persona (per aver accerchiato un infame ufficiale giudiziario durante uno sfratto), estorsione (per avergli chiesto di estrarre dalla fondina e consegnare la propria penna), danneggiamento, resistenza a pubblico ufficiale, oltraggio a pubblico ufficiale, minacce, occupazione di edifici, per aver resistito agli sfratti, per aver organizzato dei picchetti all’occupazione della sede degli ufficiali giudiziari, per aver fatto dei cortei spontanei, per aver attaccato le sedi del PD, per aver lottato contro la speculazione edilizia, per aver combattuto sostanzialmente contro lo stato borghese in tutte le sue forme.
Solidarietà a tutt* le/gli arrestat* e le/gli indagat*!
Il carattere così diversificato delle accuse mosse alle/ai compagn* inquisiti dovrebbe mostrare, anche a chi non l’avesse ancora voluto capire, che la democrazia e il fascismo sono il doppiopetto e il manganello di uno stesso potere, sempre della borghesia: il crimine di cui sono responsabili le vittime della repressione in ultima analisi è semplicemente quello di essere anticapitalist*, antifascist*, anarchiche/anarchici e antiautori*. Come coniugare, come unire, altrimenti reati come l’occupare una casa o insultare giustamente un agglomerato di sterco in uniforme? Che cos’è che può legare le pratiche antagoniste se non la condivisione di determinati convincimenti ideologici, cioè il rifiuto di riconoscere lo stato ed il capitale? E quindi è proprio il pensiero discordante dal liberismo che quest’operazione repressiva va a colpire. Noi non ci indigniamo, non pensiamo che dai tribunali possa uscire la giustizia né che l’autorità non dovrebbe colpire chi lotta per la libertà e la giustizia sociale. La democrazia non può tollerarci, non può tollerare le/i nemiche/nemici della democrazia, o soccomberebbe con i suoi privilegi. La democrazia non può essere ciò che vorrebbe fingersi, o soccomberebbe.
Tutto questo è perfettamente normale. Davanti a ciò non facciamo altro che confermare il nostro odio verso il dominio e assicurare a lor signori, sbirri, politici e magistrati, che la lotta continuerà e anzi sarà sempre più dura.
Perché l’insegnamento di ieri e di sempre è che solo la lotta paga.
Perché dopo ore di resistenza sul tetto gli sbirri si sono ritirati dall’Asilo Occupato e anche dall’occupazione abitativa di via Lanino.
LIBERTÀ PER TUTT*!
Collettivo Makhno
RIBALTIAMO QUESTO MONDO
:::Dove stare insieme oggi? Dove potersi incontrare e riconoscere, nel gioco, nel dolore, nella resistenza? Non più i quartieri, non più la grande fabbrica, non più piazze e università di massa. La vita nelle grandi metropoli si è fatta decisamente più alienante e disgregata […] Il centro e i suoi dispositivi di potere e controllo si diramano molto più capillarmente lungo le periferie, pronti a spezzare ogni episodio di incontro e assembramento abitativo Altro.:::
Martedì 3 giugno, Torino.
111 indagati, 29 misure cautelari, 11 compagn* in carcere, 6 ai domiciliari, 4 obblighi di dimora, 4 divieti di dimora, 4 obblighi di firma. Questi i numeri della maxi operazione messa in campo dal solito Rinaudo contro la lotta agli sfratti nella città di Torino. Lotta che negli ultimi due anni ha caratterizzato la vita quotidiana di molti compagni e compagne e non solo.
In contemporanea, a Roma, viene sgomberata l’occupazione di Torre Spaccata, uno stabile riaperto nello Tsunami Tour del 9 aprile scorso.
Le due operazioni si svolgono a centinaia di chilometri di distanza ma nonostante ciò l’attacco è chiaro e netto: esistono oggi territori di conflitto reali e concreti e prima che lo scontro assuma una consistenza incontrollabile occorre sgomberare il campo da ogni possibile resistenza. La questione dell’abitare è uno di questi territori. Ognuno sceglie le proprie modalità di lotta ma tutti subiscono la stessa sorte.
Questa volta nessun reato associativo, ma un attacco diretto a tutti quelli e quelle che hanno scelto di lottare.
Comuni pratiche di lotta vengono criminalizzate al fine di sgomberare la città di Torino da presenze scomode in vista delle prossime date di lotta e di asciugare quel mare in cui nuota chi lotta quotidianamente.
Quando siamo seduti a un tavolo, con la calma di chi di questo mondo è solo un ospite, le idee si scontrano e le differenze diventano evidenti e insormontabili. Ma spesso nella lotta tutto tende a sfumare, per fortuna. E allora questa operazione colpisce tutti quei solidali e quelle solidali incontrate nelle lotte contro gli sfratti che hanno scandito gli ultimi due anni. Quei solidali e quelle solidali che spesso sono presenti anche nelle mobilitazioni contro il carcere e i Cie. Quei solidali e quelle solidali che in carcere e nei Cie ci finiscono sempre più spesso.
:::Se ripensiamo a tutti gli incontri avvenuti con i reclusi del Cie e contiamo chi è rimasto, un dato appare subito lampante. Quelli rimasti tra noi a lottare, o comunque che ancora vediamo e frequentiamo, sono quelli che ad un certo punto hanno occupato casa insieme a noi. Questo è accaduto a Milano, in maniera più sporadica, ma soprattutto questo sta accadendo a Torino.
L’arrivo degli Harraga a Torino e l’esistenza di un luogo altro dal centro, una casa occupata, disposto ad ospitarli, ha messo in moto qualcosa di importante. La scelta di occupare insieme una casa di ringhiera in piena Porta Palazzo ha fatto il resto. Una porta si è aperta nel margine, varcarne la soglia è entrare in un territorio nuovo. Di qui in poi gli incontri si sperimentano quotidianamente, in tutta la loro “durata”.:::
L’esperimento è coraggioso. Occupare, occupare e ancora occupare. E resistere, con ogni mezzo necessario sperimentando nella pratica l’autorganizzazione.
Compagni e compagne vengono da molte città per sostenere l’appuntamento dell’ultimo martedì di ogni mese. Il sito macerie.org ne riporta le cronache appassionate condite da episodi di resistenza quotidiani portati avanti in varie zone della città. Per due anni molte famiglie, molti uomini e donne hanno trovato un tetto sotto cui vivere e delle persone solidali con cui condividere un pezzo della loro vita.
Ed è proprio questo l’obiettivo di questa operazione. Ci diciamo spesso che alla repressione si risponde con la solidarietà. Ma se fosse la repressione a colpire proprio quelle solidarietà che vede organizzarsi? E allora la memoria non può non provare a ricordare tutto quello che è successo nel corso degli anni. Chiunque abbia percorso anche solo un passo verso un altro modo di vivere è stato colpito con durezza e fermezza. Inutile elencarle tutte, chiunque, negli ultimi anni, ha imparato a conoscere le mosse del nemico e tutti e tutte noi ora sappiamo che il carcere e la follia dei tribunali non sono poi così lontani dalla nostra quotidianità.
Ci siamo organizzati, ma non è ancora abbastanza.
Il giorno stesso, dopo la notizia degli arresti e quella dello sgombero un corteo molto partecipato ha attraversato una parte della città di Roma gridando a gran voce per la libertà di tutti e tutte e mentre la cronaca quotidiana si riempie della retorica sulla corruzione e la malapolitica, discorsi alieni a chi lotta veramente, i volti dei poliziotti che circondano, nel vero senso della parola, la nostra vita, si fanno sempre più minacciosi e odiosi.
Ce l’hanno con chi si schiera apertamente da una parte della barricata. La guerra è aperta e chi ancora si rifiuta di vederla non fa altro che il gioco di questo governo e di tutti quei bravi cittadini indignati che il 15 ottobre 2011 davano dei fascisti a chi aveva deciso di non stare più al gioco della democrazia.
Un’ultima parola su tutti quegli strumenti giudiziari che si affiancano al carcere e i domiciliari. Mai come negli ultimi tempi abbiamo visto un fiorire di misure alternative. Misure che spesso rivelano la loro efficacia proprio per il fatto di essere sottovalutate. Obblighi di dimora e divieti di dimora, firme, avvisi orali e quant’altro sembrano essere misure di minore impatto. Misure economiche per lo stato che praticamente reprime a costo zero ma che vanno a incidere proprio su quei legami di lotta solidali che sono una delle armi più importanti a nostra disposizione.
Le nostre relazioni e le vite che pratichiamo sono già quello che vogliamo e proprio per questo sono la cosa più pericolosa per chi vuole che tutto resti uguale. Sono già quell’essere nel mondo che è semplicemente ingovernabile. Solidarietà allora non è solo combattere la macchina della repressione ma è anche e soprattutto costruire quei legami e quelle complicità che trasformano ogni momento della nostra quotidianità in terreno di conflitto.
:::Da questo punto di vista la casa può essere qualcosa di più di un diritto negato, può essere un punto di partenza, un campo di riappropriazione aperto laddove l’espropriazione si fa più insopportabile, una posizione da cui cercare di costruire uno spazio mancante.
Durante la difesa delle case di ognuno di noi, facendo la spola tra un picchetto antisfratto e una casa sotto sgombero, impariamo l’esistenza di uno spazio altro che comprende tutte le nostre case. In questo modo da difensiva la nostra lotta diventa una lotta offensiva ed espansiva, capace di estendere i confini di “casa” e non solo di difenderli.
Qui sta il baricentro di questa lotta, nella creazione di uno spazio di resistenza comune.:::
Questa la nostra idea di solidarietà.
Questa la nostra idea di lotta.
Solidarietà a tutti gli/le indagat*
Libertà per tutti e tutte
Compagni e compagne di Roma
[I paragrafi tra i ::: fanno parte di alcune riflessioni scritte da un compagno attualmente detenuto]
Roma, 5 giugno 2014
Solidarietà incondizionata
note sulla repressione a Torino
“Se le scintille che fanno esplodere la polveriera non sono
in genere avvenimenti eccezionali, ma fatti purtroppo relativamente comuni, come l’uccisione
di un ragazzo da parte della polizia, non si può ignorare che questi episodi gettano benzina su
braci accese che da tempo ardono nascoste.
Sentirne la temperatura per tempo ci consentirà allora
di non farci trovare impreparati, affacciati alla finestra e per di più sulla piazza sbagliata.”
Tratto da “La casa è di chi la abita”
All’alba della mattina di martedì 3 Giugno, nella città di Torino, un manipolo di sbirraglia si è presentato all’Asilo Occupato, alla casa occupata di Via Lanino e in abitazioni private per eseguire 29 misure cautelari, delle quali 11 con detenzione carceraria (tra cui Nicco, Claudio e Chiara già in carcere in regime di Alta Sorveglianza per l’accusa di terrorismo nella lotta No Tav) e per indagare 111 fra compagne, compagni e chi resiste agli sfratti e alla polizia in strada, non solo a Torino ma anche di altre città. I reati contestati sono violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale, aggravati dalla reiterazione, sequestro di persona e tentata estorsione di “proroga”. Tutte accuse per colpire la lotta contro gli sfratti nel corso degli ultimi due anni avvenuta tra Porta Palazzo e Barriera di Milano. Le compagne e i compagni tratti in arresto e portati in carcere sono definiti “pericolosi soggetti sociali” e questo giustifica la detenzione preventiva, secondo lorsignori…
Tutto questo enorme castello repressivo viene attivato per fermare una determinata lotta che ha creato non pochi problemi al maggior partito della città piemontese, cioè quello della polizia, e a banchieri targati Intesa-San Paolo e padroni di tutte le risme.
Non ultimo per ordine di importanza, anche questa inchiesta vede in campo Rinaudo, si proprio lui, il non tanto giovane rampollo della potente procura di Torino, in campo anche nel reprimere lotte come quella No Tav o contro i CIE.
Quello che balza subito all’occhio dopo l’ondata di arresti è la dispersione premeditata fatta dal potere nel portare i compagni in diversi carceri, con il fine di spezzare solidarietà interna alle mura e esterna in strada; undici detenzioni e nove carceri sparpagliati con Le Vallette, carcere di Torino, minimamente toccato da questa ondata di arresti. Qualcuno nei piani alti si ricorda ancora, forse, il presidio risoluto del 14 dicembre scorso, quando in gabbia a Torino c’erano Claudio, Mattia, Nicco e Chiara a cinque giorni dall’arresto del 9 dicembre e tutta la solidarietà mostrata nel corso di questi mesi ovunque? Noi crediamo proprio di si…
Questa operazione non riguarda solamente la vitale lotta contro gli sfratti, ma, non ci vuole molto a capirlo, cerca anche di zittire e fiaccare altre lotte presenti in città, portate avanti da compagne e compagni generosi a Torino: la lotta contro l’alta velocità e la solidarietà ai 4 accusati di terrorismo, la lotta contro il CIE di Via Brunelleschi, la lotta contro il carcere e lotta contro ogni fascismo, tema purtroppo ancora caldo dopo la coltellata di un nazi, coperto da altri cinque, rifilata domenica sera ad un individuo che aveva “segni visibili” di essere un compagno.
Ma c’è di più… Questo ennesimo tentativo di colpire individui che lottano contro l’esistente, tentando la via del concorso e non dei reati associativi (dopo che quest’ultima accusa è andata male anche nei processi contro i compagni anarchici di Bologna e Trento), viene fatto per spezzare relazioni variegate intercorse, dove la mediazione dello Stato non è più la base per costruire le proprie vite, dove il contratto sociale che nessuno ha mai firmato con qualsiasi autorità viene disatteso continuamente, dove la becera dicotomia fra legale e illegale viene negata dalla scelta individuale e collettiva di dare un’intensità altra alle proprie vite, che è in antitesi con un’esistenza fatta di sfratti, alta velocità, razzismo e gabbie.
Se tutto questo viene attaccato, nessuno può rimanere fermo a guardare, perché con questo atto vengono attaccate tutte le passioni di vivere un vita realmente vissuta senza sbirri, senza Stato, senza autorità, senza galere e senza questo mondo dominato dalla merce.
Un caldo abbraccio a Fabio, Paolo, Andrea, Fra, Michele, Toshi, Daniele, Nicco, Beppe, Chiara, Nico, Claudio, Gabrio, Marco, Marianna, Maria, Simona, Moski, Rasta, Sofia, Davide, Simone, Claudia, Graziano, Pier, Cam, Mattia, Fabi e Sabbo.
Libere/i tutte/i e subito!
arrabbiati da Cremona
Le maglie strette del nemico.
Si sa, quando lo stato teme, reprime con durezza e stringe le maglie. Da mesi, ormai, assistiamo giornalmente ad azioni repressive contro le compagne e i compagni in lotta. Più la solidarietà è attiva, presente e continua, più il potere trema.
Quando ha paura però colpisce duro, inventa nuovi capi d’imputazione, modifica leggi, applica misure restrittive
pesanti, fa scontare residui di pena a compagni già fuori, si accanisce con rabbia perché l’evidenza è un’altra: non ci sono solo i compagni che si battono sempre e comunque, anche la coscienza e la consapevolezza tra le persone riguardo ad una società opprimente ed oppressiva è ormai alta e diffusa. Gli arresti degli ultimi giorni, troppi, dalla Toscana al Piemonte, rappresentano l’ennesima rappresaglia dello stato che, con una logica idiota e datata, crede che colpendo alcuni compagni, il movimento si plachi.
Non è così, non lo è mai stato e non accadrà ora. Noi ci siamo, e queste azioni repressive non sono che la conferma che ci si muove nella giusta direzione; per cui, più che mai uniti, mandiamo la nostra solidarietà a tutti i compagni e le compagne in carcere, o raggiunti/e da misure cautelari, obbligo di firma o di dimora, divieti di dimora e fogli di via.
Tenete duro!
Individualità anarchiche e femministe apuane.
… ALTRI 111 BUONI MOTIVI PER OCCUPARE!!!
Il 3 giugno si è consumato l’ennesimo attacco repressivo contro i movimenti di lotta per la casa, con più di 100 compagn* indagat* e 29 misure cautelari.
La sproporzione tra i fatti e le accuse mosse è tanto evidente quanto ormai è chiara la strategia che da tempo viene portata avanti nel vano tentativo di stroncare le lotte. Si ricorre infatti al lancio di accuse abnormi (come già
successo per esempio a seguito della manifestazione a Roma del 15 ottobre 2011 o dei/delle militanti No Tav accusat* di terrorismo…) per intimidire i movimenti, rinchiudere i/le compagn* o limitarne la libertà, cercando di delegittimare mediaticamente ed indebolire le lotte sociali.
Ecco come forme di opposizione radicale agli sfratti e di resistenza agli sgomberi di spazi liberati vengono deformate in accuse grottesche, imbastite per il solo scopo di conquistare qualche pagina sui giornali in un’operazione di totale asservimento ad una gestione padronale della crisi che necessita di feroci mezzi repressivi per continuare ad imporre misure di austerity ed impoverimento sociale.
Vogliamo ridurre la distanza geografica che rende difficile una solidarietà diretta, con una totale vicinanza e complicità negli intenti: perciò, come suggerito anche dai/dalle compagn* di Torino, la nostra risposta immediata sarà quella di continuare a batterci con sempre maggiore determinazione contro ogni politica di precarizzazione dell’esistente e perché il diritto alla casa sia riconosciuto a tutti/e.
“Ci arrestano a Torino, rispondiamo ovunque”
SEMPRE SOLIDALI E COMPLICI
Fabio, Paolo, Andrea, Fra, Michele, Toshi, Daniele, Nicco, Beppe, Chiara,
Nico, Claudio, Gabrio, Marco, Marianna, Maria, Simona, Moski, Rasta, Sofia,
Davide, Simone, Claudia, Graziano, Pier, Cam, Mattia, Fabi e Sabbo LIBERI E
LIBERE SUBITO!
Rete di lotta per la casa Emilia Romagna
Segue il testo di uno dei volantini distribuiti durante il corteo selvaggio svoltosi a Lecce il 4 giugno in solidarietà con gli arrestati ed inquisiti dalla procura di Torino il 03 giugno:
Non lasciamo solo chi lotta
Non potete fermare il vento, potete solo fargli perdere tempo
Ieri, 3 giugno, 111 compagni sono stati inquisiti, tra cui 29 anarchici che sono stati colpiti da misure restrittive: in carcere, ai domiciliari, con obblighi e divieti di dimora. Sono state effettuate varie perquisizioni in alcune città italiane, in particolare a Torino dove l’Asilo occupato ha subito la solita violenza poliziesca. Il motivo è la lotta contro gli sfratti, attraverso picchetti, blocchi ed altro, ma soprattutto le modalità con cui questa è stata portata avanti. Ogni volta che lo Stato deve far fronte alla ribellione di chi non è disposto a subire lo sfruttamento e la miseria della quotidianità con metodi radicali ed efficaci, si inasprisce la repressione. Tutto ciò avviene tramite castelli accusatori fantasiosi ed il tentativo di infliggere pene severe. Nonostante spesso queste accuse cadano nelle sedi processuali, lo scopo è quello di rallentare la lotta, privando i compagni della libertà di agire. Queste intimidazioni, piuttosto che fare da deterrente, saranno una spinta in più per chi riconosce in sbirri, magistratura e partiti, gli strumenti dell’oppressione da combattere quotidianamente.
anarchici
Fip via dei Padalino, Rinaudia 04/06/2014
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Prigionieri – Lettere di Nico e Francesco arrestati il 3 giugno a Torino
Lettera di Nico dalla sezione D del carcere delle Vallette
Domenica 15 Giugno 2014, carcere delle Vallette, Torino.
Mi chiamo Nicolò Angelino. Sono stato arrestato martedì 3 giugno a Torino durante un’operazione di polizia mirata a stroncare la più bella avventura della mia vita.
Vana illusione della procura.
Da quel giorno sono chiuso in una cella singola del blocco D. Pulita, ritinteggiata e profumata. Da voltastomaco. Il blindo è aperto ma il cancelletto è chiuso 23 ore al giorno. Si apre e si richiude solamente quando vado a fare la mia ora d’aria.
Parlare con gli altri detenuti attraverso le sbarre è avvincente e malgrado siano molto simpatici il disagio è visibile da entrambe le parti. Qui al piano non ho complici e non ho la speranza di trovarli. Alcuni sono in isolamento sotto terapia 24 ore su 24, gli altri, quelli che vedo, sono lavoranti. Hanno il massimo dei privilegi che una Amministrazione Penitenziaria puo’ offrire e non si metteranno in gioco per me.
I capi di imputazione per cui sono sottoposto a misure cautelari sono così lievi che parlano da soli: sono detenuto e sottoposto a un regime para-speciale per le mie idee, per isolarmi, rendermi inoffensivo e impedirmi di lottare.
Domani lunedì 16 giugno non rientrerò volontariamente dall’aria per pretendere che la mia cella sia aperta durante il giorno o che io sia trasferito in una sezione comune. Lo stesso succederà per i due giorni successivi. Se durante questa protesta sarò punito con l’isolamento o la privazione dell’aria oppure non otterò il risultato sperato mercoledì 18 inizierò lo sciopero della fame. Non perché le mie condizioni detentive siano disumane, contrarie a qualche convenzione di diritti umani o perché il mio trattamento è un abuso dell’amministrazione penitenziaria ma perché semplicemente a me non va.
Non ho più voglia di chiedere ad un secondino se posso avere della frutta. La voglio prendere da solo, quando mi va, come fanno gli altri. Voglio parlare con gli altri detenuti senza delle sbarre di mezzo.
So che lo strumento dello sciopero della fame non mi porta su un terreno di lotta esaltante. Però in questo isolamento, assenza di complici e strapotere delle guardie, è l’unico strumento che può ribaltare il rapporto di forza con i miei portachiavi.
Lotterò a testa alta e sicuro del vostro calore, con la stessa rabbia e la stessa serenità chi in altri tempi e in altri luoghi si è lanciato verso oceani in tempesta ben più grandi della tinozza in cui mi trovo.
Comunque vada questa poca acqua finirà nello stesso mare e poco importa se otterrò o meno quello che voglio.
Solo lottando voglio vivere.
Un caloroso abbraccio a tutti prigionieri
Tutti liberi
Fuoco alle galere
Nicolò Angelino
C.C.Via Maria Adelaide Aglietta, 35 – 10151, Torino
Lettera di Francesco dal carcere di Cuneo
10/6/2014,
Cuneo.
Sono 27 gli episodi incriminati, attraverso cui le autorità, il 3 giugno scorso, hanno spiccato 17 arresti, 12 in carcere e 5 ai domiciliari, 4 obblighi di dimora e 4 divieti di dimora da Torino e 4 obblighi di firma. Sotto inchiesta è finita la lotta contro gli sfratti, sviluppatasi nelle strade di Porta Palazzo, Aurora e Barriera di Milano a Torino.
Il racconto che emerge nelle pagine contenenti gli appunti degli imbrattacarte di Questura, Procura e tribunale non è certo molto avvincente e non riesce neanche lontanamente a descrivere i contorni di questa lotta. Sarebbe del resto stolto attendersi qualcosa di diverso da questi grigi scribacchini.
Spulciando però tra le 200 e rotte pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, si scopre che anche un uomo di tribunale può scrivere qualcosa degno di nota.
Scrive infatti il GIP: «L’effetto di tale plurime, concertate azioni oppositive è stato, sostanzialmente, quello di privare di autorità e di forza esecutiva le decisioni giudiziarie […], vanificando le condizioni essenziali al mantenimento dello stato di diritto e costituzionale».
Parole che, tradotte in una lingua umana, sottolineano come questa lotta abbia impedito a ufficiali giudiziari e forze dell’ordine di buttare in mezzo a una strada decine e decine di uomini, donne e intere famiglie. Come stabilito da qualche giudice torinese. E così facendo, nel suo piccolo, ha messo in discussione alcuni dei valori fondanti di questa società come la proprietà privata e il monopolio della forza da parte dello Stato. Nelle strade di questo pezzo di Torino si è respirata insomma un’aria un po’ diversa dalla solita asfissiante normalità. Una normalità scandita da centinaia e centinaia di sfratti l’anno che assegnano a Torino il vergognoso titolo di “capitale italiana degli sfratti”. Una normalità caratterizzata dall’arroganza degli ufficiali giudiziari che, forti del sostegno di Carabinieri e Polizia, svolgono senza esitazione il loro infame e servile lavoro. Una normalità in cui chi non può o non vuole più pagare un affitto dovrebbe accettare a testa bassa la propria sorte, affidarsi agli assistenti sociali e poi aspettare, pazientemente, la lotteria in cui si assegnano le case popolari, sperando che venga pescato il proprio bussolotto. E nel frattempo arrangiarsi come possibile, dormendo in macchina o sul divano di qualche conoscente, accettando magari di dividersi, nel caso delle famiglie, in attesa di tempi migliori.
Questa lotta ha invece un po’ sconvolto questi ruoli e, picchetto dopo picchetto, assemblea dopo assemblea, sempre più uomini e donne hanno scoperto che non c’è nulla da vergognarsi nel far presente pubblicamente la propria situazione, che facendolo non si è più soli, e che resistere è possibile.
Nel corso della lotta cresce così la determinazione, il coraggio, la sensazione che si può osare. L’asticella di ciò che si può pretendere si sposta allora sempre più in alto, e per diversi mesi durante i picchetti non ci si preoccupa più del rischio che lo sfratto venga eseguito, ma di quanto tempo si riuscirà a strappare all’ufficiale giudiziario. Proroghe di qualche settimana, che fino a poco tempo prima sarebbero state accolte con entusiasmo ora non bastano più. Si pretende di poter restare a casa propria per due, tre, quattro mesi, così da poter organizzare con più serenità la propria vita.
E la forza accumulata nel corso di questa lotta consente di prendersi questa serenità. Ma consente anche di far fronte alla prima contromossa delle autorità cittadine: concentrare nello stesso giorno – il terzo martedì del mese – diversi sfratti, per dividere chi resistere e aver così facilmente la meglio su di loro. Chi lotta riesce invece ad organizzarsi e difendersi ogni terzo martedì, barricandosi con cassonetti davanti ai portoni e chiudendo intere strade per tenere lontane le forze dell’ordine. E queste barricate non sono un efficace strumento di resistenza, ma diventano un po’ il simbolo di questa lotta e spiegano cosa accade molto più chiaramente di mille volantini. E se, come sottolinea il GIP, gli ufficiali giudiziari hanno iniziato a non girare più volentieri per le strade di Barriera di Milano per sfrattare una parte dei suoi abitanti, beh questo non può che rallegrare il cuore di molti. Una volta tanto la paura ha cambiato di campo.
Quest’inchiesta è solo l’ultima iniziativa intrapresa a livello giudiziario contro questa lotta. La primavera scorsa, dagli uomini di tribunale fu estratto dal cilindro un articolo che, dopo esser stato testato qui, verrà utilizzato sempre più sistematicamente anche altrove, il 610, l’incidente di esecuzione. Con il 610, gli ufficiali giudiziari, di fronte a un picchetto, rimettono la procedura di sfratto nelle mani di un giudice che fissa un’altra data che non deve essere però comunicata allo sfrattando. Così lo sfratto diventa uno sgombero, le forze dell’ordine possono agire praticamente indisturbate, e chi ha uno sfratto vive nell’angoscia quotidiana di non sapere neanche fino a quando potrà avere un tetto sopra la testa.
Inutile sottolineare che questo cambiamento ha creato non pochi problemi alla lotta. La resistenza agli sfratti è comunque continuata cercando di escogitare nelle assemblee nuove strategie per mettere i bastoni tra le ruote ai signori della città. E continuerà di certo dopo questi arresti, come mostra la contestazione alla sede degli ufficiali giudiziari del 4 giugno, l’occupazione del 12 e la manifestazione del 14. Perché le lotte non si arrestano.
Un ultimo pensiero non può poi non andare ai dirigenti del PD, che si sono subito felicitati di quest’operazione giudiziaria. Anche in questo caso la loro ostilità non può che rallegrarci, e del resto crediamo di essere in buona compagnia. Perché il Partito Democratico, come mostrano le tante iniziative, di giorno e di notte, nelle piazze e davanti alle loro sedi, non fa certo schifo solo a chi lotta contro gli sfratti.
Francesco
Per scrivergli:
Francesco Di Berardo C.C. via Roncata, 75 – 12100, Cuneo.
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Cattedrali nel deserto – Riflessioni intorno alla mobilitazione dell’11 luglio 2014 a Torino
da anarchici pistoiesi e diffondiamo:“Ribelle, perchè oggi la società m’opprime e vuole impedire la libera espansione del mio essere, io adopero tutte le armi per combattere.
Ribelle contro la massa che anch’essa mi è nemica con le superstizioni, morale, degradazione, ecc. Pure contro la massa combatto. Solo in lotta per la MIA redenzione, per la MIA libertà, per il MIO presente.
Di tutto il resto me ne infischio”.
Bruno Filippi
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L’11 Luglio si terrà a Torino il G7 ed immancabilmente la città sarà teatro -mai termine calzò più a pennello- di una mobilitazione organizzata da varie realtà nazionali.
Anche alcuni anarchici e anarchiche hanno deciso di rilanciare la giornata e questo mi lascia decisamente perplesso. L’11 Luglio sarà l’ennesima messa in scena della rabbia sociale che si inserisce in un contesto quotidiano di conflitto quasi assente (tranne alcune realtà), che spesso si muove su basi rivendicative o a bassissima intensità; l’11 Luglio sarà l’ennesima giornata che servirà politicamente ad alcuni per guadagnare spazio sui media di regime, meglio se ci sarà qualche scontro e qualche arresto, poi passata l’onda dell’”indignazione” la sostanziale pace sociale tornerà a regnare nel belpaese, fino almeno alla prossima messa di piazza.
Queste sceneggiate autonomo/disobbedienti non dovrebbero essere pane per i denti dei rivoltosi/rivoluzionari. Come tacere poi, le parole d’ordine piccoloborghesi sulle quali è lanciata la mobilitazione e che sono del tutto irricevibili? Le partite IVA, i precari sono sfruttati? Ma noi che siamo per la distruzione del lavoro, per l’abolizione del salario, cosa abbiamo a che spartire con questi temi se non la critica a chi invece di lottare contro la distruzione del sistema vigente di sfruttamento a lui si rivolge chiedendo sostanzialmente una sorta di “riforma” di sé stesso? Ovvio che chi ha come prospettiva la presa del potere e non la sua distruzione non possa che denunciare la mala gestione dell’istituzione politica, lasciandone intatti senso e struttura, senza mettere realmente in conto una sua dissoluzione, ma gli anarchici cosa hanno da chiedere a stato ed istituzioni? O qualcuno si è piegato alla logica (pericolosissima) delle “lotte intermedie”? Siamo dunque diventati sindacalisti della rivolta? Cosa abbiamo noi a che spartire con la lamentazio del taglio dei servizi, visto che questi ultimi sono elargiti dallo stato? Siamo dunque arrivati alla logica dell’elemosina ops, del welfare, anche in ambito Anarchico? Non credo.
Qualcuno obbietterà che sarà necessario partecipare per non lasciare campo libero a “quelli”, ma non ci accorgiamo di giocare la partita con delle carte truccate? La giornata viene preparata da mesi dalla galassia dell’autonomia che con i suoi slogans (il fastidiosissimo “ci vediamo l’11” attaccato a qualsiasi cosa…) sta creando un immaginario da lotta sindacale a tutto campo, quindi non mettendo realmente in discussione il corpus di simboli che va sotto il nome di stato, autorità, ecc…, ma sostanzialmente rivendicandone una sua riforma in senso “popolare”, senza toccarne le strutture base. Non mi sembra che ci sia stato da parte degli anarchici e delle anarchiche il tentativo di rilanciare contenutisticamente quella giornata, quindi si tratterebbe di partecipare turandosi il naso, forse solo per il timore di venire tagliati fuori dalle “lotte sociali”, come se la folla instupidita e reazionaria non aspettasse altro che le parole liberatrici dei senza bandiera.
Ancora, la manifestazione dell’11 si rivolge a chi accetta di buon grado le proprie catene, che le difende -il lavoro è un diritto!- e che chiede a mezza voce solo che vengano allentate un minimo, magari verniciate di rosso. Si rivolge a quella società civile che plaude l’operato dei giudici “buoni” e si indigna per le nefandezze di quelli “cattivi”; che dice “se ne vadano tutti” -slogan che a ben vedere reazionario, che non critica la struttura ma chi la gestisce- rivendicando funzionari “onesti”; che vuole riformare le carceri e non distruggerle; che ripudia la violenza ma è disposto a subirla. Cosa abbiamo noi a che spartire con il gregge stupido? Abbiamo forse velleità religiose di redenzione delle masse attraverso il verbo? E se si, non sarebbe preferibile -per voi!- organizzare una messa sotto il simbolo della A cerchiata (speriamo decisamente di no!) piuttosto che partecipare alle liturgie in bandiera rossa sperando di ritagliarsi il proprio spazietto? Certe volte mi sembra che da parte di chi predica un anarchismo sociale inserito nelle lotte quotidiane delle masse ci sia un comportamento da sindacalista che spinge per le lotte intermedie non come strategia di medio termine, che comunque non condividerei, ma come se avesse paura che l’interlocutore non potesse capire ciò di cui gli stanno parlando…e su questo siamo d’accordo, non possono capire il senso di una liberazione totale, e questo perché ne hanno una gran paura, forse non la vogliono, e non saranno certo 1000 parole o 1000 cortei a fargli cambiare idea. Chi non si libera da sé non potrà essere liberato/a da nessun altro/a e rompere le catene che lo/la costringono dall’interno è processo puramente individuale che passa attraverso vie oscure, come pensare di poterle interpretare? Ripeto, Le grandi liturgie di piazza come questa non ci dovrebbero riguardare, nemmeno come “partecipazione critica” perché per l’ennesima volta ci troveremmo a fare da comparse nel gioco dei vari autoritari.
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“Gli altri sono veramente orribili, l’unica società possibile è in noi stessi”. Oscar Wilde
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Ritenete veramente che le più o meno grandi mobilitazioni di piazza abbiano un senso? Organizzatele. Di par mio penso che l’attacco diretto e non mediato all’autorità in tutte le sue forme sia la strada che mi alligna maggiormente. L’utilità? La voluttà dell’azione che è urlo fragoroso contro la tempesta della reazione, ritto a prua non mi piego ma contrattacco. L’utilità…ma siete poi ben certi che la piazza sia “utile”? Che serva a qualcuno per “aprire gli occhi”? O le dinamiche che portano al passaggio dal lamento alla rabbia ci sono sconosciute, come a tutti del resto? Se quest’ultima affermazione è vera, non è più saggio agire come si ritiene più affine alle proprie sensibilità e non più utile alla bugia della pedagogia sociale? E poi, non sono anche le piazze prettamente autoreferenziali a pro di un’ ”individualità collettiva” che è -oltretutto- ossimoro risibile?
Se tutto ciò non bastasse trovo anche fastidioso che ci si debba muovere su scadenze dettate dal nemico, in una logica resistenziale interiorizzata che però dovrebbe lasciar spazio a quella dell’attacco costante allo sfruttamento e l’autorità. Muoversi “in risposta a…”, soprattutto con certe premesse, significa in una certa misura legittimare e riconoscere l’autorità dell’avversario, però gli avversari sono tali in una partita della quale si condividono le regole, ad esempio nella così detta dialettica democratica, ma a noi rivoltosi/rivoluzionari che delle loro norme, della loro democrazia siamo oppositori e per ciò attaccati che ce ne facciamo di avversari? Noi abbiamo nemici, con i quali non si tratta.
Non sono pregiudizialmente contro le mobilitazioni, ma queste si dovrebbero inserire in un contesto di attacco reale e quotidiano all’autorità che ad oggi è decisamente limitato, e questo attacco dovrebbe avere basi realmente rivoluzionarie in senso anarchico. Ora e subito perché qui ed ora viviamo. Non mi sto quindi condannando all’inazione, solo vedo la lotta da una prospettiva diversa. Non si tratta di stare fermi, si tratta di colpire sistematicamente con azioni di ogni tenore e dimensione l’autorità seguendo la logica dei piccoli gruppi e delle affinità.
L’11 Luglio sarà la rappresentazione di un dissenso riformatore, borghese, conservatore. Ognuno si comporti verso quella giornata come meglio crede, ma dopo per favore, non cominciamo con le solite lamentele di chi ci è cascato…
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“Al di là delle conclusioni politiche che ognuno può avere, l’unica certezza è che quei compagni che desiderano partecipare attivamente alla lotta anarchica, dovrebbero studiare gli errori ed essere un passo avanti del nemico, studiando le proprie mosse con molta attenzione e pazienza. Per evitare mosse avventate, senza che questo porti all’inattività”. Nikos Romanos
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“La stupidità del movimento quando non considera l’urgenza dell’attacco e che la prigionia sarà sempre la conseguenza logica per chi ha il desiderio di distruggere il sistema. Lo stato e il capitalismo hanno grandi armi e soldati armati, antisommossa, ma se si compara come un migliaio di persone che protestano per chiedere stipendi più alti non è pericoloso per il potere, rispetto a quelle individualità che “bruciano” solamente alcune delle loro piccole proprietà, dichiarando che non saranno più sottomesse, e mostrano al potere che non rispondiamo più al suo solito linghuaggio di controllo”. Eat
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M.
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