[Grecia] Libertà per Evi Statiri

da Radiocane

Arrestata nel marzo scorso per il semplice fatto di essere la compagna di un membro della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, Evi Statiri ha cominciato il 14 settembre 2015 uno sciopero della fame per ottenere la propria liberazione. In condizioni di salute estremamente preoccupanti, è stata infine scarcerata il 2 ottobre 2015, benché ancora sottoposta a forti restrizione.
Ci siamo fatti illustrare i contorni di questa vicenda da una compagna che vive ad Atene.

Ascolta il contributo

[AGGIORNAMENTI]

Atene: Comunicato dell’assemblea di Solidarietà a Evi Statiri

Dopo la decisione del consiglio giudiziario competente che ha approvato la scarcerazione di Evi Statiri, abbiamo deciso di annullare la manifestazione prevista martedì 6 ottobre, e chiamiamo a un’assemblea per quello stesso giorno alle 19 al Politecnico (palazzo Gini) per organizzare una mobilizzazione domenica 11 ottobre sulle forti misure cautelari imposte a Evi.

Le misure cautelari che accompagnano la decisione di scarcerazione di Evi Statiri, dopo 19 giorni di sciopero della fame, consistono in un regime di cattività speciale cui ci opponiamo. Malgrado la prospettiva della scarcerazione, non abbassiamo la guardia e non lasciamo nessuno solo davanti a questa condizione, ma ci confrontiamo a essa in maniera collettiva. Non dimentichiamo che le persecuzioni dei familiari e di chi è vicino ai/lle prigionier* continuano, e continuiamo a lottare perché finiscano.

CONTRO L’IMPOSIZIONE DI MISURE CAUTELARI

FINE IMMEDIATA DELLE PERSECUZIONI CONTRO I FAMILIARI E GLI/LE AMIC* DEI/LLE PRIGIONIER*

CHE NESSUN* SIA SOL* NELLE MANI DELLO STATO

Assemblea di Solidarietà con Evi Statiri

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[Roma] Presidio al CIE di Ponte Galeria

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[Roma] Al Bilancione per l’Idea

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BILANCIONE OCCUPATO Vecchio Faro Fiumicino
 Domenica 11 ottobre 2015
IL CAPITALE E’ IN PERICOLO!
 Giornata a sostegno delle attività della Biblioteca L’idea
Ore 13 pranzo vegan
Dalle 15 PEPP’ER MOSHO Sbiashicamenti trasecoli trasteverini
Poi  FABIO MUCCINI bass player
E… DEADS  ALL FOLKS! Aniene Hell Billy
 merende – digestivi – aperitivi – distro anarchica
“Dovremmo perdonare i nostri nemici, non prima che siano impiccati” Henrich Heine
 La biblioteca è aperta  martedì  e venerdì dalle 17 in Via Braccio da Montone 71° al Pigneto-Roma

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Liberazione Animale – Sulle richieste del pm nel processo Green Hill

Riceviamo e diffondiamo:

RICHIESTE DI PENA DEL PM NEL PROCESSO GREEN HILL

Il 21 settembre si è svolta l’udienza che vede 13 persone imputate di vari reati per la liberazione dei cani del 28 aprile 2012 a Green Hill. In tale occasione il PM ha fatto le richieste di pena.Per riassumere la situazione il gruppo dei 13 imputati lo si può suddividere approssimativamente in 2 categorie.

La prima: riguarda le persone che sono fisicamente entrate scavalcando la rete e si sono introdotte nei capannoni portando fuori alcuni cani e consegnandoli a chi era fuori. Queste persone sono accusate di furto aggravato.
Questa categoria è quella per cui il PM ha avanzato richieste di pena più lievi che si aggirano dagli 8 mesi all’anno con l’applicazione dei benefici di legge.

La seconda: riguarda le persone che non sono entrate ma che hanno ricevuto i cani e hanno lasciato quel luogo per portarli via al sicuro. Queste persone sono state fermate a km di distanza dell’allevamento. I reati che vengono loro contestati sono rapina impropria, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. La resistenza sembra legata al fatto che hanno resistito alla richiesta di consegnare il cane o verbalmente o tentando vie di fuga. Le lesioni assomigliano più a una costruzione ad hoc fatta dalle forze dell’ordine con verbalizzazioni copia e incolla e con referti dell’ospedale. Le pene richieste dal PM in questo caso variano da 1 anno e alcuni mesi fino a 2 anni e 3 mesi a seconda che sia confermata o meno la resistenza e le lesioni. A tutti sembra poi imputato un danneggiamento che la parte civile quantifica in 200 mila euro. Danneggiamento di cui non hanno comunque alcun elemento di prova.

Io mi posiziono nel primo gruppo, quello delle richieste di pena più lievi. Il PM richiede per me una pena massima rispetto al reato di furto che quantifica in 4 anni. Le motivazioni che porta sono legate alla dichiarazione che ho fatto in aula nell’udienza precedente. Ravvisa in particolare 2 punti che ne giustificherebbero la massima pena.
Primo punto: il fatto che io dichiaro che non riconosco il tribunale e le leggi. Il secondo punto: si evince dalla dichiarazione che lo rifarei. Quindi lo stesso reato quantificato per gli altri con una richiesta di 8 mesi – 1 anno diventa nel mio caso di 4 anni per l’espressione del mio pensiero in aula. Ravvisando come tale manovra anche se non esplicitata sembri configurarsi come un reato di opinione il mio legale ne sottolinea la scorrettezza chiedendo che se il tribunale ravvisi nella mia dichiarazione elementi di ulteriore reato dovrebbe aprire un nuovo processo a questi legato e non utilizzare i fatti del 28 aprile per punire il mio pensiero. A breve pubblicherò un approfondimento e ulteriori analisi della situazione. Il processo è aggiornato al 9 novembre presso il tribunale di Brescia alle ore 13.
In questa data sarà emessa la sentenza.

Luana Martucci

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[Roma] Intermezzo: tramezzino vegan party2 alla Biblioteca L’Idea

Tramezzino vegan party 2015-web_800x566

SABATO 26 SETTEMBRE 2015

INTERMEZZO

ER TRAMEZZINO VEGAN PARTY 2

Aripijate ‘na pausa ma ‘nvece de nun  ce pensà, aripansace mejo

Dalle 17

CINQUANTASESSANTESEMI

Selezioni musicali anni ’50 /’60

libbri,tisane,vino, bbira, intruji e, gnentemeno, tramezzini vegan

Allo Spigolo sul crocicchio tra Via Braccio da Montone  e Via Fanfulla da Lodi al Pigneto

LAUTOFINANZIAMENTO per le attività della BIBLIOTECA L’IDEA

La bruttezza nelle persone, nelle azioni,nella vita, nella natura circostante, ecco il nemico per eccellenza.

Diventiamo belli noi stessi e che sia bella la nostra vita! (Elisée Reclus)

La biblioteca è aperta ogni martedì e venerdì dalle 17 in Via Braccio da Montone 71a

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[Firenze] 7° VETRINA DELL’EDITORIA ANARCHICA E LIBERTARIA

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QUI il programma.

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[Grugliasco – Torino] Campeggio e corteo contro la minaccia di sgombero del Barocchio

Da mercoledì 23 settembre 2015 campeggio antisgombero al Barocchio Squat. Per contrastare la costruzione di un ennesimo carcere, questa volta psichiatrico, che si chiamerà REMS (ex OPG). Vorrebbero costruirlo a fianco e probabilmente al posto del Barocchio Squat, casa occupata da 23 anni, realtà di matrice anarchica e libertaria, da sempre in opposizione a qualsiasi luogo e mezzo repressivo. Uno spazio dove la sperimentazione dell’autogestione ha creato nuovi paradigmi di vita che superano i rapporti dettati dal denaro e dall’autoritarismo. In costante critica con l’esistente.

Sabato 26 settembre 2015 corteo per le vie del centro di Torino CONTRO SGOMBERI E MANICOMI. Concentramento h 15 in piazza XVIII Dicembre davanti all’ex stazione Porta Susa.

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Milano – Sgomberata Casa Brancaleone

da radio onda d’urto

Sgomberata questa mattina all’alba Casa Brancaleone, una villetta abbandonata da lungo tempo ed occupata da appartenenti all’ area anarchica poco più di un anno fa in via Casella, a Milano, nel quartiere Quarto Oggiaro, per “…organizzarci per affrontare collettivamente quei problemi legati alla sopravvivenza quotidiana nella giungla urbana, e per cercare in tutti i modi di soddisfare i nostri bisogni primari e i nostri desideri individuali” come scrivevano nel loro primo comunicato. Al momento dell’intervento contro gli occupanti, circa una decina di persone, la polizia ha sparato lacrimogeni dentro la villetta. Tre di loro sono riusciti a salire sul tetto, mentre gli altri si trovano in stato di fermo e rischiano di essere portati in questura. La polizia ha blindato l’area, con i solidali tenuti a notevole distanza, e sta procedendo anche al sequestro di tutti i materiali presenti all’interno.

Ascolta il contributo

AGGIORNAMENTO:
I tre compagni saliti sul tetto sono scesi nel pomeriggio; la polizia, negando nelle sue veline per i pennivendoli l’uso di lacrimogeni, ha denunciato i fermati all’interno dello spazio per occupazione e resistenza a pubblico ufficiale.

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Dichiarazione di Massimo Passamani all’udienza per la sorveglianza speciale

Dichiarazione all’udienza per la sorveglianza speciale

I governi passano, ma gli articoli del codice penale restano.
Leggendo alcuni libri di storia sulle lotte rivoluzionarie in questo Paese mi sono imbattuto nell’applicazione dell'”ammonizione” – che coincideva di fatto con l’attuale sorveglianza speciale e che si accompagnava spesso con l’imposizione del domicilio coatto – fin dal 1877. A farne le spese nella primavera di quell’anno furono i membri delle sezioni italiane dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori di cui il governo aveva decretato lo scioglimento. A differenza di altri Paesi, l’Internazionale era nata in Italia su posizioni socialiste antiautoritarie e federaliste, in una parola anarchiche. La propaganda di Bakunin e, soprattutto, l’eco gigantesca che aveva avuto la Comune di Parigi, massacrata nel sangue dalla Repubblica di Thiers, avevano portato al pieno sviluppo le idee più radicali presenti nel Risorgimento italiano, quelle di Carlo Pisacane. E per ironia della sorte, ad applicare l’ammonizione contro gli anarchici nella primavera del 1877 era stato il ministro degli Interni Giovanni Nicotera, tra i pochi sopravvissuti alla spedizione pisacaniana di Sapri. Il 25 giugno del 1857 erano partiti in trenta da Genova e, liberati trecento prigionieri dalle carceri di Ponza, erano sbarcati nel Cilento il 28 giugno allo scopo di far insorgere le plebi del Mezzogiorno contro il governo borbonico e contro i proprietari terrieri. Quell'”accozzaglia di inceppati e di galerati” (così li definiva la stampa locale borbonica) fu in buona parte uccisa e i corpi degli insorti, fra cui quello di Pisacane, arsi in un rogo il 1° luglio.
Vent’anni dopo, un insorto diventato ministro degli Interni arrestava, ammoniva, mandava al domicilio coatto decine di anarchici colpevoli di voler ancora insorgere, ma questa volta contro la monarchia sabauda e i proprietari terrieri.

Nel richiedere la misura della sorveglianza speciale contro di me, i Pubblici Ministeri Amato e Ognibene, per conto della Questura, sostengono che il mio comportamento “offende e mette in pericolo la tranquillità pubblica”. Anche questa formula è tutt’altro che recente. Si trova anticipata quasi alla lettera dall’art. 426 di un vecchio codice penale, articolo votato nel 1879 sempre contro l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, definita “associazione di malfattori”. Si può dire tuttavia che il codice Zanardelli e poi il codice Rocco erano decisamente più “onesti” nel colpire anarchici, socialisti e comunisti, non nascondendo la natura politica della repressione.
Il comma usato dalla democrazia, nell’anno 2015, dichiara invece di colpire con la sorveglianza speciale “coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica”. Il legislatore monarchico e fascista tirava in ballo l’incitamento all’odio fra le classi sociali o il proponimento di sovvertire l’ordine costituito, e non affastellava nello stesso elenco i minori, la sanità e la tranquillità pubblica. Visto che, bontà loro, i PM non mi accusano di molestare minorenni, con l’uso tipicamente questurino della congiunzione “o” (che permette di inserire in un elenco tutto e il contrario di tutto) mi si vorrebbe sottoporre per due anni alla sorveglianza speciale e all’obbligo di soggiorno per aver messo in pericolo una alquanto generica “tranquillità pubblica”. Si potrebbe facilmente dimostrare che la cosiddetta tranquillità pubblica – a meno che non si voglia restringere la “sfera pubblica” al dominio esclusivo di ricchi, industriali, politici, dirigenti e questori – è messa in pericolo più dalla paura di non riuscire a pagare l’affitto e dalle condizioni di lavoro ogni giorno più precarie che non dall’azione degli anarchici. Ma non si tratta certo di una svista del legislatore. Essendo volutamente fumoso il fine di queste misure, i criteri per la loro applicazione sono a dir poco discrezionali. Nella stessa richiesta di sorveglianza, infatti, si può leggere: “ai fini della legittima applicazione di una misura di prevenzione non sono richieste le prove necessarie per la condanna e neppure gli indizi “gravi” richiesti in materia … , mentre sono sufficienti semplici indizi (…) in ordine al coinvolgimento del proposto nelle attività illecite che legittimano l’adozione dei provvedimenti di interesse”. E infine una perla che avrebbe fatto inorgoglire i dottori dell’Inquisizione: “Anche dalla sentenza di assoluzione possono essere ricavati elementi indiziari certi utilizzabili ai fini della prevenzione”. Alla Procura di Trento piace vincere facile. Prima mi fa arrestare all’interno di un’operazione definita “Zecche” (ah! che grottesco usare il latino “Ixodidae” per nascondere un linguaggio così smaccatamente mussoliniano…), poi, utilizzando quel castello di carte già crollato in tribunale, prova a mettermi in freezer per due anni senza bisogno di prove né di “indizi gravi”. E infatti nei verbali della Digos usati nel fascicolo per la richiesta della sorveglianza speciale ritorna come se niente fosse il “GAIT (Gruppo Anarchico Insurrezionalista Trentino)”, nome inventato dalla polizia politica per sostenere l’accusa di “associazione sovversiva con finalità di terrorismo” caduta nel corso del processo.
La Procura sarebbe stata più coerente se avesse fatto un passo ulteriore: chiedere la sorveglianza speciale come risarcimento per l’impiego di mezzi e uomini dispiegato nella fallita operazione “Zecche”. Non è forse riuscita a scrivere, nella richiesta di sorveglianza speciale, che “l’occupazione insistita di immobili è condotta che attenta la sicurezza e la tranquillità pubblica, ove si consideri, a tacer d’altro, dell’impegno (uomini e mezzi) impiegato per lo sgombero”? Convengo che bloccare un intero isolato con più di cento agenti, distruggere il tetto di un immobile e caricare occupanti e solidali abbiano scosso, a tacer d’altro, la tranquillità pubblica molto più dell’occupazione di un edificio vuoto da quindici anni. Ma far pagare – penalmente e, come vorrebbe il questore, anche economicamente – agli sgomberati le operazioni di sgombero è logica squisitamente torquemadesca.

Giunto a conclusioni anarchiche verso i sedici anni, ho deciso di dedicare la mia vita a cambiare radicalmente questa società ingiusta e insensata. Ho tracciato la mia esistenza in tal senso e le numerose condanne elencate dalla Procura testimoniano che non ho mai cambiato idea. Che sono rimasto, proprio come diceva la polizia politica durante il fascismo per legittimare la misura dell’ammonizione o del confino, “insuscettibile di ravvedimento”. E mi inorgoglisce il fatto di meritare, agli occhi di Questura e Procura, lo stesso provvedimento riservato dalla polizia sabauda e dall’Ovra a compagni ben più coraggiosi e combattivi di me.
Se cercare di mettere in pratica i princìpi dell’etica più alta che per me l’umanità abbia finora concepito – il sogno di un mondo senza servi né padroni, la fine di ogni privilegio economico e di ogni dominio politico attraverso la rivoluzione sociale – significa essere un “delinquente abituale” (in altra epoca si sarebbe detto “malfattore”), allora, sì, sono un delinquente abituale. I cosiddetti onesti cittadini che mai infrangono le leggi sono gli stessi che stavano a guardare quando in questo Paese si deportavano gli ebrei e si fucilavano i partigiani. Perché anche allora a resistere, a disertare, a insorgere fu una minoranza, per lunghi anni guardata con sospetto, denunciata, confinata in una dolorosa quanto fiera solitudine morale.
D’altronde che l’ammonizione fascista coincidesse in tutto e per tutto con la democratica sorveglianza speciale non l’ho imparato dai libri, ma ascoltando il mio amico e compagno Lionello Buffatto, comunista indomito, partigiano, antifascista della prima ora. Quando mi spiegava in cosa consistesse l’ammonizione che lo aveva colpito nel 1938, ho potuto notare che le restrizioni cui era stato sottoposto erano le stesse che il codice prevede anche oggi, con la sola eccezione che lui e gli altri ammoniti non potevano nemmeno, in quanto “cittadini indegni”, camminare sul marciapiede. Lionello, morto a novantasei anni in una stanza della casa di riposo in cui al posto della televisione c’era una kefiah palestinese attorcigliata, era stato raggiunto dalla misura dell’ammonizione per aver partecipato alla famosa riunione cospirativa svoltasi al bosco della città di Rovereto. Temendo che l’ammonizione si trasformasse in confino o in carcere prese la via dell’esilio con la moglie Gina e il piccolo Uliano. Dopo essersi unito al maquis francese, rientrò nella città della Quercia nel maggio del 1945.
E poiché la Procura, nella richiesta di sorveglianza speciale nei miei confronti, insiste, oltre che sulla mia partecipazione alla lotta contro il TAV in Valsusa, anche sulle recenti occupazioni di case e stabili abbandonati a Trento, vorrei raccontare qualcos’altro di Lionello. Tornato a Rovereto, egli fu nominato “commissario politico agli alloggi”. In quanto tale, decise di requisire una casa vuota in via Setaioli di proprietà dei Costa (arricchitisi ben bene durante il Ventennio) per alloggiarvi una famiglia di povera gente. L’allora comandante in capo delle truppe alleate a Rovereto, un certo colonnello Somer, convocò Lionello in commissariato per dirgli che quella casa doveva essere restituita ai legittimi proprietari, nel frattempo alleatisi con la nuova classe dirigente. Alla risposta di Lionello che non era tornato in Italia per accettare ordini fascisti, il colonnello Somer lo fece arrestare. Poiché le carceri di via Prati erano state bombardate nel gennaio del 1945, Buffatto fu rinchiuso in una segreta del palazzo di Piazza Podestà dove oggi c’è la caserma della Finanza. (Tra l’altro in quei luoghi aveva operato la famigerata “banda Carità”, detta anche dei toscanini, feroci seviziatori e torturatori al soldo dei nazisti, assolti tutti negli anni Cinquanta per aver agito “in stato di costrizione”…). Lionello fu liberato qualche giorno dopo grazie allo sciopero scoppiato in solidarietà con lui alla Manifattura Tabacchi.

Vedete, signori giudici, la vita è una questione di occasioni e di prospettiva. Essendo nato e cresciuto in un’epoca piuttosto grama di slanci generosi e di coerenza, ho cercato i miei maestri fra i tanti morti e i pochi vivi che non hanno mai piegato la testa.
Quello che sono riuscito a fare in tutti questi anni non è stato gran che, ma ho imparato una cosa importante. Ho imparato che ogni volta che mi sono battuto per ciò che consideravo giusto ho assaporato la gioia di essere a fianco degli onesti “malfattori” del passato e del presente; mentre ogni volta che ho ceduto mi sono sentito infelice e solo.
Per questo vorrei dirvi, con meno retorica possibile, che non ho alcuna intenzione di cambiare condotta e che non esiste misura che possa tenermi lontano dai miei compagni e dalle lotte.

Trento, 10 settembre 2015
Massimo Passamani

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[Roma] La speranza è morta, la pazienza è finita, la lotta continua!

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Biblioteca  L’Idea

Venerdì 11 settembre 2015

LA SPERANZA E’ MORTA

LA PAZIENZA E’ FINITA

LA LOTTA CONTINUA!

Ore 18

Incontro –chiacchiera  con un  compagno anarchico greco, aggiornamenti sulla devastazione del nord-est della Calcidica attuata dalla multinazionale Eldorado Gold, complici le promesse elettorali e le bugie dei politicanti.

CONSAPEVOLI CHE L’UNICA DIFESA DELLA TERRA E’ L’AZIONE DIRETTA!

Distro anarchica, documentazione, cena vegan

Allo Spigolo  sul crocicchio tra Via Braccio da Montone e Via Fanfulla da Lodi al Pigneto

La Biblioteca è aperta martedì e venerdì dalle 17 in Via Braccio da Montone 71

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