riceviamo e pubblichiamo:
Abbiamo pubblicato una raccolta di scritti riguardo alla trasformazione delle piazze, delle città, e di Napoli in particolare. E’ possibile richiedere copie all’indirizzo louisemichel1977@gmail.com il prezzo è 2 euro a copia, 1.50 se le copie sono almeno 5.
Riportiamo di seguito l’introduzione:
Il materiale che vi apprestate a leggere è frutto di alcune discussioni nate dall’esigenza di riflettere e fare chiarezza sulle trasformazioni in atto nella città in cui viviamo.
Napoli è una città particolare che, a differenza della maggior parte delle città europee, non ha subito ancora quella sterzata definitiva verso una risistemazione urbanistica e sociale. La città infatti mantiene ancora, in alcuni quartieri e in particolare nel centro storico, una sovrapposizione di fasce sociali e culturali che condividono lo stesso territorio, non ancora completamente assorbito dai progetti di ristrutturazione messi in atto in altre città.
Ma l’intento di trasformare Napoli in nome del progresso e della ristrutturazione delle politiche di sfruttamento era già in atto dalla metà degli anni 80, quando fu finalmente approvato il progetto di costruzione del centro direzionale che avrebbe dovuto ospitare la “city”, cioè il centro nevralgico delle attività amministrative e non solo. Il progetto fu ultimato nel 95, quasi in contemporanea con l’apertura del primo tratto della linea 1 della metropolitana che sembrava dovesse più unire che dividere, come di fatto è avvenuto, le distanze a volte incommensurabili che esistono all’interno del territorio napoletano.
Altri progetti volti al cambiamento di faccia della città si sono succeduti nel tempo, determinando in alcune zone, grazie all’apertura delle stazioni della metropolitana e ai concomitanti lavori di ristrutturazione dell’arredo urbano circostante (così come è avvenuto a Montesanto con il rifacimento della stazione della Cumana), un aumento dei prezzi degli affitti che hanno provocato un primo allontanamento di alcune fasce della popolazione storicamente residente. Un allontanamento lento però, poiché la città, per tutta una serie di fattori coincidenti, ha opposto resistenza al processo di gentrificazione che le varie componenti politiche tentano da sempre di spingere. Tuttavia negli ultimi anni questo processo ha subito un’accelerazione notevole che è diventata più che tangibile in particolare nel centro storico.
Sono anni che nelle menti dei napoletani è stata innestata la convinzione, grazie a martellanti scambi di opinione mediatici in tutte le salse e in tutte le forme, che per risolvere gli annosi problemi della criminalità e della disoccupazione basterebbe una rivalutazione delle risorse culturali e l’incentivazione di politiche volte a incoraggiare il turismo. Perché se arriva il turista a Napoli c’è più lavoro, meno criminalità, meno sporcizia, tutto sarebbe più bello. E così, tra un’agevolazione fiscale per l’apertura di ogni forma di bed and breakfast, una serie di lauree triennali in ‘turistologia’, un accordo con le navi Costa, ecco che orde di turisti affollano ogni angolo della città antica partenopea, in cerca di pulcinella, presepi, mandolini e pizza a volontà. Non più scatti fotografici ai famosi sacchetti dell’immondizia, perché quella ce l’hanno nascosta sotto al tappeto, e ogni sorta di divertimento si offre al santo turista che è appunto sacro …e quando il turista ha bisogno di qualcosa…
La consacrazione del turista richiede uno sforzo da parte del napoletano a diventare più civile, a lavarsi la faccia e farsi da parte di fronte a un tale business che si presenta come una manna purificatrice. Un business che va coltivato nell’interesse di tutti, celando in realtà un unico interesse, quello dei pochi che traggono vantaggi economici e politici dalla trasformazione di luoghi da rivalutare e ingioiellare e di luoghi da ghettizzare o riadattare per altri profitti.
La riqualificazione urbana, con un effetto domino dal centro storico alla periferia investe inevitabilmente tutto il territorio cittadino, apre la strada alla ristrutturazione dei profitti, passando attraverso il concetto di ‘smart city’ fino alla spersonalizzazione di intere aree finora caratterizzate e vissute fisicamente dalla gente.
Tutto ciò è molto triste, ma ancora più triste è constatare che il grosso del cambiamento in corso è avvalorato e accompagnato da ogni forma di associazionismo e che una gran parte di quel movimento che si definiva antagonista ne sta accelerando la trasformazione in termini culturali più che strutturali, muovendo verso una pacificazione sociale sempre più estesa. L’appropriazione di spazi, chiamati liberati e in breve tempo riconosciuti dal comune stesso che li concede in affidamento, non ha altro scopo che favorire il cambiamento di qualsiasi atteggiamento oppositivo. Ogni minima posizione conflittuale si perde nella contrattazione democratica, ogni voce fuori dal coro rimane intrappolata dentro la petizione per l’installazione di un semaforo o la denuncia in commissariato di una vile aggressione fascista.
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Gli articoli che troverete in questo opuscolo sono frutto sì di molte discussioni, ma non sono da intendere come una scrittura corale. Ciascun compagno ha provato a mettere nero su bianco ciò che nella discussione ha ritenuto interessante dal proprio punto di vista. Abbiamo analizzato la trasformazione sociale che ha portato la gente ad abbandonare le piazze, gli interessi del capitale che si nascondono dietro ogni politica di ristrutturazione urbana e sociale, la stretta interdipendenza tra città e territori limitrofi legati a filo doppio da bisogni energetici e ci siamo chiesti se ancora crediamo che valga la pena difendere questo tipo di città in metamorfosi costante. Con ciò non vogliamo fare un’operazione nostalgica su com’era bella Napoli prima e adesso invece… no, non è affatto nelle nostre intenzioni. Abbiamo conosciuto fin da bambini una città difficile da vivere, impastata da mani luride, succhiata e spremuta da ogni sciacallo si sia trovato a passare da queste parti. Questa che avete tra le mani è soltanto una riflessione su cosa ci ha portato a questo punto e cosa ci aspetta se non decidiamo una volta per tutte di prendere in mano le fila dei nostri destini, novelle Moire autopoietiche…